Ogni tipo di lavorazione meccanica ad asportazione possiede particolarità che rendono la formazione del truciolo diversa da un caso all’altro. Tuttavia, i concetti generali sono abbastanza simili e vengono qui riepilogati per comprendere questo complesso argomento.

Le modalità con cui il truciolo si forma e si stacca dal pezzo si avvolge e defluisce sono state oggetto di studi approfonditi già a partire dai primordi dell’era industriale. Si sono cimentati in questi studi numerosi sperimentatori e innumerevoli università sparse in tutto il mondo. Il materiale disponibile è enorme e in questo articolo non è possibile darne conto in modo esaustivo. Si esporranno quindi dei dati basilari senza entrare in dati e concetti troppo approfonditi.

La ricerca sul processo della formazione del truciolo si è avvalsa di tutta una serie di mezzi via via più complessi, come per esempio l’adozione di speciali sistemi per la misurazione della temperatura nella zona di contatto tra truciolo e pezzo, oppure di riprese cinematografiche ad altissima velocità che permettono di vedere in dettaglio le varie sequenze della formazione del truciolo.

Con il passare degli anni le lavorazioni ad asportazione di truciolo si sono evolute in particolare con l’adozione di nuovi materiali dell’utensile, di nuove tipologie di utensili, come per esempio la diffusione generalizzata degli inserti staffati meccanicamente, dei ricoprimenti con layers che hanno particolari caratteristiche superficiali che facilitano lo scorrimento dei trucioli e rallentano la formazione delle usure. Senza contare della estensione delle lavorazioni a secco che hanno generato alcuni gravi problemi nel trattamento dei trucioli. Questi nuovi materiali taglienti e questi moderni ricoprimenti permettono di lavorare con velocità di taglio molto elevate che influiscono grandemente nelle modalità della formazione dei trucioli.

Il problema della gestione dei trucioli ha assunto un’importanza sempre maggiore con l’evolversi delle macchine operatrici e delle linee di produzione.

I trucioli lunghi come un nastro continuo costituiscono un grave problema sia per il funzionamento dei caricatori automatici sia per la loro evacuazione dalla zona di lavoro e per il loro trasporto. Costituiscono anche un pericolo di infortunio per gli operatori e in molti casi danneggiano l’utensile. Questo vale per ogni tipo di utensile. Nella Figura 1 si mostra cosa accade a un maschio filettatore non progettato correttamente.

Figura 1 – Maschio filettatore privo di rompitrucioli.

È perciò evidente che il truciolo deve assolutamente essere ridotto in frammenti; questo tema verrà affrontato in seguito.

La tipologia del truciolo dipende da alcuni elementi fondamentali, primo fra tutti il tipo di lavorazione e, in sottordine, il tipo di materiale lavorato, la velocità di taglio, la velocità di avanzamento e la profondità di taglio e, naturalmente, il tipo di utensile impiegato.

In alcune lavorazioni il truciolo è naturalmente spezzato in piccoli frammenti, basta pensare alla dentatura con creatore, a quasi tutti i tipi di fresatura, alla rasatura…

I problemi principali si hanno nel taglio continuo, cioè quando il tagliente resta in contatto per lungo tempo con il pezzo, come per esempio nella tornitura, nella foratura o nella maschiatura.

Vari tipi di truciolo

La suddivisione classica dei tipi di truciolo è la seguente:
• discontinuo;
• segmentato;
• fluente.

Il truciolo discontinuo è un piccolo truciolo elementare il cui distacco dal pezzo avviene prima che si sia iniziata la formazione del truciolo seguente (Figura 2-1). Questo tipo di truciolo si ottiene con grandi avanzamenti per giro (circa 4 mm/giro) con velocità di taglio molto basse (qualche metro al minuto) e con materiali non troppo duttili. Con simili avanzamenti e con velocità di taglio così basse, non c’è la possibilità di uno scorrimento plastico tra il materiale fermato dalla faccia di taglio dell’utensile e il materiale appartenente al pezzo che può continuare la sua corsa genera così una spaccatura che parte dall’utensile e si allarga innalzandosi fino a raggiungere la periferia della forma dove determina il distacco del truciolo. Tale distacco avviene prima che l’utensile abbia iniziato a produrre un nuovo truciolo. Si noti che se l’angolo di spoglia superiore fosse maggiore, il tagliente principale avrebbe modo di iniziare la sua azione su un altro truciolo prima che la spaccatura divenga tanto grande da staccare completamente il primo truciolo. Ciò accadrebbe anche se si diminuisse l’avanzamento per giro.

Figura 2 – Classificazione tradizionale dei vari tipi di truciolo: 1) truciolo discontinuo; 2) truciolo segmentato; 3) truciolo fluente.

Il truciolo segmentato (Figura 2-2) si ottiene diminuendo l’avanzamento oppure aumentando l’angolo di spoglia superiore oppure ancora aumentando la velocità di taglio, perché in questo ultimo caso si ha una certa azione di scorrimento plastico tra il primo truciolo staccato e quello in formazione, tanto da non permettere alla spaccatura di arrivare fino alla periferia del pezzo. Per truciolo segmentato si intende pertanto un truciolo unito, ma che ha la parte che striscia contro la faccia di taglio dell’utensile solcata da spaccature più o meno profonde. Diminuendo ancora il valore dell’avanzamento per giro o aumentando ulteriormente la velocità di taglio oppure aumentando l’angolo di spoglia superiore, la profondità e la distanza delle spaccature diminuisce fino al loro annullamento, giungendo così al truciolo fluente.

Figura 3 – Distribuzione dei flussi di calore generati e dissipati durante la lavorazione per asportazione di truciolo.

Il truciolo fluente (Figura 2-3) può essere considerato un nastro continuo ed uniforme senza spaccature. Tale tipologia comunque è difficile da trovare con valori bassi di velocità di taglio a meno che non si diminuisca molto l’avanzamento e si esegua una gola curvilinea sul tagliente in modo da aumentare di molto l’angolo di spoglia superiore e facilitare l’avvolgimento del truciolo stesso. Questi trucioli sono invece molto comuni con le alte velocità di taglio tipiche delle macchine moderne e degli utensili in metallo duro, specie se ricoperti. In questi casi accade un fenomeno che permette di avere trucioli fluenti anche con angoli di spoglia superiore negativi; infatti, con angoli di questo genere il tagliente principale non si presenta più come un cuneo nel materiale, ma l’asportazione del truciolo avviene per compressione. In questo modo si ha uno slittamento plastico notevole tra ogni elemento di truciolo con una forte generazione di calore il quale tende a rendere più plastico il materiale in lavorazione. È per questo motivo che oltre una certa velocità di taglio la resistenza specifica opposta dal materiale tagliato diminuisce anche del 30-35 %. Il truciolo sarà continuo, ma sarà formato da elementi che sono slittati uno sull’altro e che, per effetto della loro aumentata plasticità, sono rimasti uniti. La parte che striscia contro la faccia di taglio appare lucida, mentre ciò non si può dire della parte opposta. Il calore è dissipato in gran parte attraverso il truciolo e, in quantità minore, attraverso il pezzo lavorato e l’utensile. La distribuzione dei flussi di calore dipende dalla conducibilità termica sia dell’utensile che del pezzo e naturalmente dall’entità del raffreddamento. In linea di massima si ha una distribuzione come in Figura 3. Il discorso della diffusione del calore nel corpo della placchetta o dell’inserto in metallo duro non è però così lineare, anche perché oggi, la totalità degli utensili in carburo sinterizzato è ricoperto con TiN o con altri composti. In più lo studio delle forme dei rompitrucioli ha permesso di minimizzare l’area di contatto tra truciolo e inserto obbligando la maggior parte del calore ad andarsene con il truciolo che, per effetto dell’alta velocità di taglio, striscia velocemente e non ha tempo a trasferire calore all’utensile.

Figura 4 – Azione benefica dei rompitrucioli con forma speciale per la riduzione del calore assorbito.

Lo schema di Figura 4 illustra come per il calore non ci sia possibilità di passare in grandi quantità sull’utensile, essendo l’area di contatto limitata a tre piccoli punti.

 

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