Meccanica dell’impatto e contatto hertziano: shot peening

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Illustriamo quali sono i meccanismi che costituiscono la base dello shot peening, cercando di capire come e perchè gli incrementi prestazionali offerti da questo processo siano così significativi.

Riducendo il processo dello shot peening ai suoi minimi termini, possiamo dire che questo consiste nel “bombardare” la superficie di un componente metallico con un getto di microsfere proiettate ad alta velocità, un flusso assolutamente controllato sia in termini di caratteristiche dimensionali e meccaniche delle sfere sia in termini di velocità, direzione, distanza della proiezione. Tutti questi parametri sono accuratamente ottimizzati per arrivare a indurre una predeterminata deformazione plastica delle zone corticali e subcortcali, deformazione plastica che a sua volta è in grado di produrre in tali zone in uno stato tensionale residuo di elevata compressione, assolutamente benefico per le caratteristiche di resistenza del materiale rispetto a diverse forme di danneggiamento, dalla fatica alla corrosione passando per l’usura. Per comprendere come ciò sia possibile, è necessario approfondire i due fenomeni che sono alla base degli effetti da shot peening, ossia la meccanica dell’impatto e del contatto hertziano.

La meccanica dell’impatto

Come abbiamo detto, nello shot peening un flusso omogeneo di microsfere (comunemente indicate come “midia”) viene proiettato sulla superficie da trattare a una velocità predeterminata. Affinchè il trattamento di shot peening possa avere gli effetti voluti, è fondamentale che questa velocità sia sufficientemente elevata. In questo caso si potrà ricadere nel campo della cosiddetta meccanica dell’impatto, una condizione che supera i classici concetti di sollecitazione statica e dinamica.

Sempre procedendo per semplificazioni, parliamo di sollecitazioni statiche quando l’applicazione della forza e la risposta della struttura a cui viene sottoposta si considerano costanti per un tempo indefinito, a generare uno stato di equilibrio anch’esso costante nel tempo. È chiaro che in queste condizioni l’energia che la sollecitazione trasferisce alla struttura sollecitata finisce sempre per ridistribuirsi su tutto il complesso della struttura.

Si parla invece di sollecitazione dinamica quando la sollecitazione applicata e/o la risposta della struttura cambiano nel corso del tempo, realizzando un sistema in evoluzione temporale ma comunque sempre descrivibile come una successione di stati di equilibrio statico. Anche in questo caso si ha quindi che tutta la struttura nel suo complesso collabora ad assorbire l’energia trasmessa dalla sollecitazione.

Naturalmente, per rendere possibile questa compartecipazione di tutta la struttura ad assorbire una sollecitazione applicata a livello locale è necessario che la velocità con cui la sollecitazione cede la sua energia alla struttura rimanga inferiore alla velocità con cui la struttura riesce a trasferire internamente tale energia: ma cosa succede quando questa condizione viene meno e viene meno la capacità della struttura di distribuire una sollecitazione localizzata? In questo caso si supera anche la condizione della sollecitazione dinamica e si parla di sollecitazione impulsiva, al concetto di “contatto” si sostituisce quello di “impatto” o “urto”, e si lascia il campo della meccanica classica per entrare nel campo della meccanica dell’impatto.

Per quanto riguarda gli effetti di nostro interesse, l’impossibilità di redistribuire su tutta la struttura l’energia proveniente dalla sollecitazione impulsiva porta ad una concentrazione degli effetti della sollecitazione esclusivamente nella zona dell’impatto, una condizione in cui le caratteristiche del materiale risultano preponderanti rispetto alla geometria della struttura. Matematicamente tale condizione si ha quando il tempo impiegato dalla sollecitazione per passare dal valore nullo al suo valore massimo (tempo definito come rise time Figura 1) è inferiore alla metà del massimo tempo naturale della struttura colpita.

Ricapitolando una sollecitazione può ritenersi impulsiva quando la velocità con cui l’energia trasmessa dalla sollecitazione si scarica nel punto di contatto è superiore alla velocità con cui il materiale riesce a trasmettere tale energia alle porzioni di materiale adiacenti: in queste condizioni tutta l’energia della sollecitazione finisce per concentrarsi su un volume di materiale molto ristretto, amplificando a dismisura i suoi effetti. Pertanto, nel caso dell’impatto la grandezza significativa non è tanto la “quantità di energia”, quanto una sorta di “densità di energia”, intesa come il rapporto tra l’energia dell’impatto e il volume di materiale che assorbe tale energia.

 

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