Il processo di elettroerosione

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In questo articolo verranno analizzate la natura fisica e le peculiarità tecnologiche del processo di elettroerosione, con un focus particolare sulle più importanti relazioni empiriche che caratterizzano la lavorazione.

Il processo di elettroerosione (EDM) si basa sull’erosione dei metalli mediante scariche elettriche. Quando due conduttori vengono posti in contatto, infatti, si produce un arco elettrico. Osservando con attenzione il punto di contatto tra i due conduttori, si può notare che una piccola porzione di metallo è stata erosa, lasciando un piccolo cratere. Uno schema del processo viene riportato in Figura 1.

Nonostante questo fenomeno sia conosciuto fin dalla scoperta dell’elettricità, il suo utilizzo nella lavorazione per asportazione dei materiali è iniziato solamente negli anni ’40. Oggi l’elettroerosione rappresenta una delle tecnologie di lavorazione più importanti e diffuse nelle realtà manifatturiere.

L’elettroerosione consta di un utensile sagomato (elettrodo) e del pezzo, collegati a una alimentazione in corrente continua e immersi in un fluido dielettrico. Applicando una tensione, si genera un campo magnetico che tende a concentrare le particelle in sospensione tra l’elettrodo ed il pezzo, formando progressivamente un canale, che consente alla corrente di fluire verso il pezzo. Si genera quindi un arco elettrico molto intenso, che riscalda fino a fondere una porzione del pezzo e, generalmente, anche dell’elettrodo. Il fluido dielettrico, inoltre, si riscalda rapidamente causandone l’evaporazione in corrispondenza dell’arco. Tale evaporazione, a sua volta, fa aumentare la resistenza dell’interfaccia fino a quando l’arco elettrico si esaurisce. Una volta che l’arco si interrompe, il calore viene asportato dalla bolla di vapore mediante scambio termico con il fluido dielettrico circostante, fino a farla collassare. Questo provoca un’onda di pressione ed un flusso di fluido dielettrico che allontana i residui di lavorazione dalla superficie del pezzo, trascinando nel dielettrico anche il materiale fuso. Il fenomeno si ripete a frequenze comprese tra 50 e 500 kHz, con tensioni solitamente comprese tra 50 e 380 V e correnti da 0.1 e 500 A.

Il fluido dielettrico

Il fluido dielettrico ha le seguenti funzioni: (a) agisce da isolante finché il potenziale non è sufficientemente alto, (b) è un mezzo di lavaggio per l’allontanamento dei residui della lavorazione dallo spazio compreso tra pezzo ed elettrodo (gap), e (c) è anche mezzo di raffreddamento.

La distanza tra pezzo ed elettrodo è molto importante. L’avanzamento dell’elettrodo, infatti, viene controllato da un servomeccanismo, che mantiene costante tale distanza. I fluidi dielettrici più comuni sono gli oli minerali, anche se il cherosene e l’acqua distillata e deionizzata possono essere utilizzati in alcune applicazioni specifiche. Il pezzo viene fissato all’interno della vasca, che contiene il fluido dielettrico e movimentato con sistemi a controllo numerico. L’apparecchiatura è, inoltre, dotata di una pompa di circolazione e di sistemi di filtraggio del dielettrico.

 

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