Applicazione semplificata del metodo ring core

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Attraverso il metodo conosciuto come ring core l’asportazione del materiale avviene mediante l’esecuzione di una cava anulare e la misurazione della deformazione rilasciata si effettua sull’“isola” che si forma al centro della cava.

Nell’ambito delle modalità di misurazione degli stati tensionali residui in un materiale, si definiscono metodi estensimetrici quei metodi che si basano sulla ricostruzione di tali stati tensionali a partire dalla misurazione mediante estensimetri della deformazione indotta dal rilassamento conseguente ad una asportazione controllata di materiale. Caratterizzati da una (relativa) semplicità esecutiva, questi metodi sono indubbiamente quelli più diffusi in campo industriale, dove non sempre si richiedono precisioni del 5% ma si apprezza molto riuscire a fare 4 o 5 misurazioni in una giornata, magari in qualche cantiere lontano da tutto.

Uno dei primi metodi estensimetrici a trovare pratico utilizzo è stato il processo conosciuto come ring core, tecnica in cui l’asportazione del materiale avviene mediante l’esecuzione di una cava anulare e la misurazione della deformazione rilasciata si prende sull’“isola” che si forma al centro della cava. Al giorno d’oggi tuttavia tale metodo risulta di scarsissima applicazione, soppiantato dall’hole drill, quando viene una bassa distruttività del componente testato, e dal “sectioning”, nei casi in cui al contrario ci si possa permettere la completa distruzione del componente.

Uno degli elementi che ha sicuramente contribuito a frenare la diffusione del ring core è la necessità di arrivare a notevoli profondità di penetrazione della cava (per arrivare al completo rilassamento) e/o di procedere a una più impegnativa calibrazione sperimentale dei diversi coefficienti da utilizzare nelle equazioni di ricostruzione qualora si voglia risalire alla tensione pre-esistente a partire da un rilascio solo parziale della tensione residua presente.

In questo articolo, dopo aver chiarito da dove derivi la necessità di una calibrazione cosi “personalizzata”, si riporta una soluzione semplificata che, a fronte di un’incertezza sul risultato dell’ordine del 10%, permette di minimizzare la profondità di asportazione della cava e, contemporaneamente, di evitare una calibrazione di dettaglio.

Misurare le tensioni residue per via estensimetrica

Prima di parlare di come misurarle, non fa male un breve richiamo a cosa sono le tensioni residue …

Sotto il termine di “tensioni residue”, o equivalentemente di “tensioni interne”, si raccolgono tutte quelle tensioni (stress) presenti all’interno di un corpo quando questo è in condizioni di equilibrio dinamico , meccanico e termico con l’ambiente circostante: si tratta quindi di stati di sollecitazione che non hanno evidenza macroscopica esterna.

Trattamenti termici e termochimici, lavorazioni per deformazione plastica, processi di finitura sono solo alcune delle lavorazioni in grado di lasciare all’interno di un materiale tensioni residue, sollecitazioni “nascoste” all’interno di un corpo e in grado di combinarsi linearmente con quelle applicate in esercizio, aumentando o diminuendo in proporzione la resistenza del componente. Stante la loro “invisibilità” e imprevedibilità, la misurazione è l’unico strumento a disposizione per tenere sotto controllo le tensioni residue, e tra le varie metodologie di misurazione disponibili quelle maggiormente diffuse sono quelle raccolte nella famiglia dei “metodi estensimetrici”.

Si definiscono “estensimetrici” quelle tecniche che ricostruiscono lo stato tensionale interno di un materiale a partire dalla misurazione, appunto mediante estensimetri, della deformazione rilasciata in superficie da una rimozione controllata di materiale, secondo un meccanismo intuitivamente rappresentato dalla Figura 1.

Si parla di “metodi” estensimetrici al plurale in quanto diverse possono essere le modalità di asportazione del materiale, cosi come diversi possono essere i posizionamenti degli estensimetri rispetto al materiale asportato: le combinazioni maggiormente utilizzate sono quelle che andiamo ora a descrivere:

• tecnica hole drill: in questo caso la rimozione del materiale avviene mediante un piccolo foro (diametro da 0,8 a 3,2mm, profondità da 0,5 a 4 mm), mentre gli estensimetri sono posizionati radialmente rispetto al foro (Figura 2)
• tecnica sectioning: in questo caso la rimozione del materiale avviene mediante la realizzazione di due o più “slot” (tagli) distanziati, con gli estensimetri che sono posizionati nel tratto compreso tra i due tagli suddetti (Figura 3)
• tecnica ring core: in questo caso la rimozione del materiale avviene attraverso la realizzazione di una cava anulare, con gli estensimetri che vengono posizionati all’interno di questa (Figura 4).

Come si vede tre tecniche significativamente diverse nella esecuzione ma anche nei risultati, che sono in grado di offrire: ricordando come la profondità fino a cui si possono investigare le tensioni residue non può superare quella di asportazione del materiale, si ha che l’hole drill risulta minimamente invasiva ma adatta solo a misurazioni superficiali, il sectioning può arrivare a qualsiasi profondità, ma è in grado di fornire informazioni solo di tipo generale e risulta anche assolutamente distruttiva, mentre il ring core sembrerebbe essere “il giusto mezzo”, visto che, pur prevedendo una maggiore asportazione rispetto al hole drill, permette di quantificare non solo l’effetto delle tensioni nelle zone più superficiali, ma estende il campo di rilevamento fino ai 20–25 mm, senza però distruggere completamente il componente e agevolando anche di ricostruire la distribuzione delle tensioni nella profondità del profilo.

Un tipico caso in cui il ring core offre le prestazioni ottimali è nella verifica di alberi forgiati destinati a rilavorazione, alberi nei quali la determinazione degli stati tensionali derivanti da tensioni residue nello spessore di 1–2 mm sarebbe di scarso interesse, considerando lo spessore di materiale destinato ad essere poi rimosso.

Tuttavia, nonostante queste peculiarità, il metodo ring core risulta tutt’oggi molto poco utilizzato, e a mio parere i due principali motivi di questo scarso utilizzo sono la necessità di dover procedere ad asportazioni di materiale molto impegnative per arrivare ad un completo rilassamento (pensiamo a dover asportare di fresa 25 mm di un acciaio alto-resistenziale…) e il tempo per ricavare sperimentalmente ogni volta i coefficienti da introdurre nelle diverse equazioni di correzione quando si voglia ricorrere ad un rilassamento solo parziale, coefficienti variabili a seconda dell’estensimetro utilizzato, del diametro della cava e della profondità di asportazione della cava stessa.

Nel prosieguo dell’articolo andremo a vedere il perché di questa necessità, e verrà anche presentato un procedimento semplificato che consente di operare con asportazioni di materiale limitate al 25–30% del raggio della cava, e quindi 4–5 mm.

 

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