Il trattamento criogenico

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Il trattamento termico a bassissime temperature è diventato sempre più attuale come strumento per migliorare le caratteristiche strutturali degli acciai utilizzati per la costruzione di utensili da taglio e per altre parti che richiedono un’alta stabilità dimensionale.

Le tensioni interne sono uno dei principali nemici dell’acciaio, perché ai confini delle aree interessate si possono generare, sotto sforzo, delle micro-fessurazioni che ne compromettono la resistenza. Inoltre, il rilascio di queste tensioni interne, con il passare del tempo, possono modificare le dimensioni del pezzo e quindi generare degli inconvenienti nel suo utilizzo.

I benefici effetti di una lunga permanenza in un ambiente molto freddo sull’acciaio e sulla ghisa sono noti da molti decenni.

È risaputo che i migliori basamenti in ghisa ed in acciaio per le macchine utensili sono quelli che hanno subito una “stagionatura” di molti mesi o di anni all’aperto, sotto la neve e il ghiaccio. Anche se oggi questa pratica non più attuale perché si utilizzano aggregati con alta stabilità è pur sempre vero che questo metodo non ha perso la sua validità.

Perfino i componenti degli orologi svizzeri acquistano una maggiore resistenza all’usura ed una minore deformabilità se lasciati in ambienti freddi per lungo tempo.

Ma già da molti anni è pratica comune eseguire il cosiddetto “trattamento criogenico” su utensili e su altri componenti meccanici.

Ma in che cosa consiste il trattamento criogenico? Alla lettera esso è un trattamento termico eseguito a basse temperature: molti gradi sotto lo zero. In pratica esistono differenze sostanziali tra i trattamenti eseguiti con differenti temperature e con cicli differenti, e tanto per dare un esempio, i trattamenti eseguiti a -90°C danno un miglioramento della resistenza all’usura molto inferiore del trattamento eseguito a -196°C. In ogni caso lo scopo di questi trattamenti è quello di aumentare la durezza superficiale, la resistenza all’usura e la tenacità dell’acciaio.

Il trattamento criogeno è stato introdotto originariamente dalla NASA, e da allora è stato continuamente oggetto di perfezionamenti.

Oggi viene eseguito con l’ausilio di sistemi computerizzati che stabiliscono temperature, tempi di raffreddamento e durata di permanenza alla temperatura stabilita, in base al tipo di materiale ed alla dimensione del pezzo. Questo particolare trattamento termico ha essenzialmente lo scopo di trasformare completamente l’austenite residua in martensite.
L’austenite è una soluzione solida di carbonio e di ferro che si forma in una fase della tempra. Essa ha una bassa durezza ed inoltre costituisce un impedimento ad uno stretto legame tra le molecole del metallo. Quando si esegue il trattamento criogenico l’austenite si trasforma lentamente in martensite che ha una migliore organizzazione strutturale, una maggiore durezza ed una dimensione del grano minore. La Figura 1 illustra la più complessa organizzazione del reticolo atomico della martensite rispetto a quello dell’austenite. Tutto ciò conferisce all’acciaio una maggiore resistenza.

Un corretto trattamento criogenico, oltre alla trasformazione della austenite residua in martensite, provoca una precipitazione di carburi di dimensione sub-microscopica generati dalle bassissime temperature. Questi micro-carburi riducono le tensioni interne eliminando la tendenza alle micro-fessurazioni e accrescono la stabilità dimensionale del pezzo trattato.

I cicli relativi al trattamento criogenico prevedono un raffreddamento fino alla temperatura di -90 a -196 °C durante il quale si ha la trasformazione dell’austenite residua in martensite e poi un riscaldamento fino a 200 – 250 °C per un rinvenimento che contribuisce alla precipitazione dei carburi di dimensione sub-microscopica. I tempi e le temperature dipendono dal materiale, dalla massa del pezzo trattato e naturalmente si basano su software studiati da ogni singola ditta specializzata in questo settore.

Nelle Figure 2 e 3 sono riportati due esempi di trattamento criogenico, effettuati da Air Liquide, casa tra i leader nella produzione di gas liquefatti e dei relativi utilizzi.

Nella Figura 2 si può notare che il raffreddamento a fino a circa -80°C avviene molto lentamente, cioè circa 1,5°C al minuto e una permanenza alla temperatura finale per circa 60 minuti. Segue poi una fase di riscaldo per il rinvenimento finale.

Nella Figura 3 sono indicate le rampe di raffreddamento; in questo caso con un decremento della temperatura di 2,5 °C al minuto, seguito dal ciclo di rinvenimento. Per raggiungere temperature fino a -196 °C si utilizza l’azoto liquido che il liquido criogenico più economico e quello più usato.

Per fare un esempio di un’altro utilizzo dell’azoto, si può citare la nitrurazione degli acciai, largamente applicata agli ingranaggi. In questo caso l’azoto proviene dalla dissociazione dell’ammoniaca nei forni di nitrurazione. L’azoto liquido, come altri liquidi criogenici vengono conservati in speciali recipienti denominati dewar che sono dei contenitori con due pareti separate da alto vuoto. Il nome dewar deriva dal suo scopritore James Dewar che è anche la persona che ha liquefatto per la prima volta l’idrogeno.

Il trattamento criogenico sui coltelli rasatori

Se fissiamo per il momento la nostra attenzione sugli utensili in generale e in particolare su quelli destinati alla lavorazione degli ingranaggi si possono fare subito delle importanti considerazioni.

La prima è che creatori e coltelli stozzatori, nel recente passato, sono stati oggetto di un formidabile perfezionamento dovuto sia all’introduzione di nuovi e più sofisticati acciai, sia per i nuovi tipi di ricoprimento PVD.

Ciò ha accresciuto notevolmente il rendimento di questi utensili e quindi su essi non si è sentita la grande necessità di ricercare nuovi trattamenti che ne migliorassero ulteriormente le prestazioni.

Sul coltello rasatore, però, i vari ricoprimenti non hanno avuto un uguale successo. Questo tipo di utensile infatti non si può ricoprire in maniera efficace nei punti più importanti, cioè all’interno dei canalini, perché queste superfici sono finite d’utensile e non vengono più toccate dopo il trattamento termico.

Le prove eseguite sui coltelli rasatori su cui è stato eseguito il trattamento con azoto liquido hanno avuto un rendimento medio molto maggiore rispetto a quelli trattati solo con il metodo tradizionale e ciò è stato anche confermato dai rilievi statistici su lunghi periodi d’impiego in produzione.

Attualmente i produttori di coltelli rasatori eseguono normalmente il trattamento criogenico su praticamente il 100% della produzione.

 

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