Trattamento di affinazione nelle leghe Al-Si da fonderia

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L’affinazione a fatica è una pratica comune all’interno delle fonderie di alluminio. Sebbene questo trattamento sia largamente impiegato a livello industriale e sia stato oggetto di numerose ricerche scientifiche, i meccanismi di nucleazione che intervengono durante questo processo sono tutt’ora oggetto di studio.

Le leghe ipoeutettiche Al-Si sono largamente applicate in numerosi settori (aerospace, automotive, difesa, marino…) in virtù dell’eccellente combinazione tra proprietà meccaniche, caratteristiche di colabilità, resistenza a corrosione, saldabilità e lavorabilità che le contraddistinguono. Come noto, le proprietà meccaniche di queste leghe sono fortemente dipendenti da dimensione, forma e distribuzione delle particelle di Si eutettico e delle dendritidi α-Al. Attraverso i trattamenti di modifica del Si eutettico e di affinazione della grana cristallina è possibile promuovere un miglioramento della qualità della lega e quindi delle proprietà del getto.

In presenza di velocità di raffreddamento non particolarmente spinte, le dendriti di α-Al cristallizzano assumendo una forma grossolana che va ad inficiare le caratteristiche di resistenza meccanica e di qualità del getto, ad esempio per la presenza di difetti di solidificazione. Il trattamento di affinazione è finalizzato alla riduzione della dimensione dei grani di α-Al durante il processo di solidificazione: ottenere l’affinazione della struttura cristallina migliora il riempimento dello stampo, riduce la formazione di porosità, promuove una migliore distribuzione delle seconde fasi, migliora la finitura superficiale e dunque le proprietà meccaniche in generale. Infatti, un grano cristallino fine determina l’aumento delle caratteristiche di resistenza a trazione e a fatica del getto. A questo riguardo, più nel dettaglio, possiamo considerare che nei materiali metallici ogni grano è caratterizzato al suo interno dalla stessa struttura cristallina regolare e omogenea, con gli atomi quindi disposti secondo un ordine regolare. Tuttavia, l’orientazione nello spazio di questa struttura varia da grano a grano, anche nel caso di grani tra loro adiacenti. Quindi, tra due grani tra loro a contatto, è possibile definire una zona detta bordo di grano dove avviene la transizione tra le due strutture cristalline, entrambe regolari, ma orientate in direzioni diverse. La superficie che separa i singoli grani è indicata pertanto come bordo di grano e qui gli atomi non sono disposti in modo ordinato come previsto dalla struttura regolare del reticolo cristallino. Questa irregolarità è importante visto che rappresenta un ostacolo al movimento delle dislocazioni, responsabili della deformazione del materiale. Ne consegue che una affinazione del grano (ossia la riduzione delle sue dimensioni) comporta un aumento del numero di grani per unità di volume e, quindi, un aumento della superficie dei bordi di grano, sempre per unità di volume. Questo vuol dire che in queste condizioni di grano fine, le dislocazioni si muovono solo per brevi distanze prima di incontrare un bordo di grano, che ne ostacola il movimento, producendo come conseguenza su una scala più grande un aumento di resistenza del materiale.

Alla luce di tali considerazioni sono chiari i motivi che hanno reso l’affinazione una pratica comune all’interno delle fonderie di alluminio.

Affinanti Al-Ti-B e meccanismo di affinazione

Gli agenti affinanti maggiormente impiegati sono leghe madri Al-Ti (Al-10Ti), Al-B (Al-4B) o Al-Ti-B (Al-5-Ti-1B, Al-3Ti-3B) che vengono aggiunti alla lega allo stato fuso. L’aggiunta di questi inoculanti nel metallo fuso permette di promuovere una nucleazione eterogenea all’interno del getto, solitamente senza comportare ulteriori significative alterazioni delle proprietà del materiale (Jones and Pearson, 1976).

Gli agenti affinanti possono essere aggiunti al bagno sotto forma di bacchette, di pastiglie o flusso granulare. Le caratteristiche delle diverse tipologie di affinate possono determinare variazioni nel comportamento meccanico del getto (Casari e Soffritti, 2013).

Dal punto di vista pratico vale la pena ricordate che gli affinanti in pastiglia presentano una maggiore stabilità nel tempo, minore effetto di decadimento. Solitamente vengono immerse nel metallo mediante campana forata, sebbene alcune pastiglie siano anche autoaffondanti, non necessitano dunque di campanatura. In alcune soluzioni commerciali, le pastiglie affinanti combinano i trattamenti di affinazione e di degasaggio. Rispetto agli affinanti sotto forma di flusso granulare, le pastiglie richiedono solitamente aggiunte più contenute a parità di efficacia. Il dosaggio di questi agenti affinanti è una pratica di fonderia molto diffusa e consuetamente realizzata sulla base di procedure che vengono ottimizzate all’interno della singola fonderia in modo da definire una combinazione tra quantità di affinante e tempo di contatto che garantisca i risultati migliori per la lega specifica utilizzata. Pertanto, è difficile fornire dei parametri che possano essere considerati validi in generale. Può essere però utile capire meglio quali sono i principi alla base del trattamento di affinazione per fornire strumenti utili a ottimizzarne l’utilizzo.

In effetti, le interazioni e i fenomeni fisico-chimici che avvengono durante la solidificazione sono piuttosto complessi e negli ultimi 60-70 anni sono state proposte diverse teorie al riguardo (Jones and Pearson, 1976; Sigworth, 1984; Schumacher, 1998; Fan, 2015).

Negli ultimi dieci anni, una teoria in particolare si è affermata come la più attendibile e dimostrabile sperimentalmente (Fan, 2015; Samuel, 2019). Questa teoria considera che i due seguenti composti siano gli attori principali del processo di affinazione (facendo riferimento all’utilizzo di leghe madri Al-Ti-B, che sono le più diffuse nella realtà industriale (Quested, 2004)):
• Il boruro TiB2
• il composto Al3Ti

Il primo è insolubile nell’alluminio fuso e agisce come agente nucleante vero e proprio. Tuttavia, la sua struttura cristallina è molto diversa da quella dell’alluminio e questo può essere un ostacolo alla nucleazione dei grani di alluminio sulla superficie di queste particelle. Il discorso cambia se è presen- te anche il secondo composto. Infatti, se il dosaggio di Ti è corretto, questo permette la formazione di uno strato molto sottile di Al3Ti sulla superficie delle particelle di TiB2. Questo strato esterno, che è a contatto con il metallo fuso, ha invece una struttura cristallina molto simile a quella dell’alluminio e quindi favorisce la nucleazione e crescita di grani cristallini. Più sono simili le strutture e le dimensioni del reticolo cristallino tra il substrato e l’alluminio, minore è il sottoraffreddamento necessario per la nucleazione e più efficace è l’affinazione del grano stesso. Questo meccanismo è schematizzato in Figura 1.

Un aspetto chiave è la concentrazione di Ti che deve essere non solo sufficiente per la formazione di TiB2, ma leggermente in eccesso, in modo che si formi anche il sottile strato di Al3Ti. Se questo non avviene, lo strato di Al3Ti non è stabile e tende a dissolversi prima che la nucleazione di grani di alluminio sia stata innescata, come avviene anche se non è presente TiB2 come substrato-inoculante. Questo potrebbe giustificare l’efficacia delle leghe madri più diffuse, ossia AlTi5B (in Europa) o AlTi3B (in USA), che sono caratterizzate da un eccesso di Ti rispetto alla quantità necessaria per la formazione di solo composto TiB2 (in peso, Ti:B > 2.2). Generalmente, è consigliato un tenore di Ti nella lega non superiore allo 0,15% in peso.

La teoria qui illustrata relativamente al meccanismo di affinazione tramite leghe madri Al-Ti-B, per quanto sia la più accreditata, non esclude però che anche altri meccanismi avvengano contemporaneamente, a seconda della composizione chimica della specifica lega utilizzata, del processo di fonderia considerato e dell’affinante utilizzato, data la complessità dei fenomeni in gioco.

 

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