La ghisa sferoidale austemperata. Caratteristiche e impieghi

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In questo articolo vengono descritte le caratteristiche di una ghisa sferoidale austemperata, in termini di proprietà sia metallurgiche sia meccaniche, per mettere in luce come in generale si tratti di un materiale alternativo all’acciaio per molteplici applicazioni ingegneristiche.

Assai di frequente in ambito ingegneristico la ghisa viene considerata un materiale frutto di un processo produttivo sporco ed economico, non in grado di garantire affidabilità e performance al prodotto, e pertanto si ritiene che non possa assicurare requisiti tali da poter essere utilizzata per scopi progettuali spinti. Le ghise sferoidali austemperate, note anche come ghise ADI, costituiscono una particolare famiglia di ghise sferoidali che, grazie al trattamento termico di austempering, riescono a garantire proprietà meccaniche paragonabili a quelle tipiche degli acciai legati mantenendo costo e colabilità tipici della ghisa grigia.

Nonostante sia stata sviluppata per la prima volta negli anni ’50, la ghisa ADI rimase una curiosità di laboratorio fino al 1984, quando fu allestita una linea di produzione in Michigan [1]. Oggi le applicazioni commerciali e le ricerche scientifiche che la riguardano sono sempre più numerose ma, nonostante ciò, per molte realtà industriali non è ancora chiaro cosa sia e che vantaggi offra. Ma com’è possibile che un materiale scoperto 70 anni fa sia tutt’oggi considerato innovativo? Probabilmente il motivo è che ancora oggi le sue proprietà sono sconosciute ai più o forse la si sottovaluta perché quando si vuole un materiale innovativo raramente ci si aspetta di trovarlo in un’umile ghisa. È quindi importante capire in quali condizioni questo materiale possa rimpiazzare i nobili cugini acciai e come questo vada ad incidere radicalmente su tutto il processo produttivo.

Trattamento di austempering

Definiamo innanzitutto come nascono le proprietà che rendono le ghise ADI un materiale ad elevate prestazioni meccaniche, paragonabili o superiori ad alcune tipologie di acciai. Tutto (o quasi) si genera nel trattamento termico di austempering, che consiste in un riscaldamento in campo austenitico del getto in ghisa sferoidale a cui segue un raffreddamento sufficientemente brusco in un bagno a temperatura controllata (temperatura di austempering), tale da evitare la formazione di perlite (Figura 1).

Figura 1 – Curve CCT raffiguranti il trattamento termico di austempering.

La temperatura di austempering deve essere superiore a Ms (Martensite start) in modo che non si formi martensite. Si mantiene il manufatto a tale temperatura per il tempo sufficiente (al massimo poche ore) a generare una struttura bifasica, composta da ferrite aciculare ed austenite residua. È proprio la struttura bifasica che garantisce le proprietà meccaniche della lega [2].

L’elevata resistenza meccanica può essere giustificata, in linea di massima, dal fatto che i meccanismi di deformazione avvengono grazie allo scorrimento di dislocazioni, che si muovono sui piani a maggior densità atomica, detti piani di scorrimento. Tuttavia, nel passare da un costituente microstrutturale all’altro i piani di scorrimento cambiano la loro orientazione, ostacolando il moto delle dislocazioni stesse e richiedendo dunque un progressivo incremento della sollecitazione applicata per poter proseguire nella deformazione. Facendo un paragone calcistico si potrebbe dire che ogni cambio di piano di scorrimento si comporta da difensore mentre le dislocazioni assumono il ruolo degli attaccanti. È evidente che aumentando il numero di difensori, gli attaccanti non avranno vita facile per arrivare a rete. Probabilmente l’analogia non è delle più scientifiche ma spiega in maniera efficace l’idea alla base della ghisa ADI.

 

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