In questo momento i microchip non sono l’unica carenza che affligge l’industria automobilistica, che è altresì interessata da una scarsità di lavoratori distribuita su tutta la supply chain: dal più piccolo fornitore all’officina dei più grandi impianti di assemblaggio, agli showroom delle concessionarie a livello nazionale. La pressione a cui oggi è sottoposto questo comparto, per essere sempre più competitivo, si appesantisce di questa ulteriore mancanza per la quale le aziende si trovano a contendersi le già limitate risorse umane. Per ovviare all’inconveniente, nell’opera di reclutamento, i datori di lavoro dell’automotive dovranno essere più creativi e di mentalità più aperta.
Grandi dimissioni
Nonostante l’aumento del numero di dipendenti registrato dal Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti durante l’estate, le quote sono ancora molto al di sotto rispetto alla situazione pre pandemia, con 73.400 lavoratori in meno rispetto a marzo 2020.
Mentre l’America deve affrontare una “Great Resignation” di lavoratori insoddisfatti, il comparto dell’auto deve riconsiderare una serie di aspettative, al fine di ampliare il raggio d’azione nella ricerca e selezione delle proprie persone.
I rivenditori, in particolare, che si vantano di annoverare i propri dipendenti tra le risorse
più preziose, sono spesso di mentalità ristretta quando si tratta di trovare e coltivare tali risorse in modo più consistente.
Molte imprese hanno sfruttato la pandemia per ripensare e rivedere una serie di best practice interne a vantaggio dei dipendenti: flessibilità degli orari e nella scelta delle modalità lavorative più congeniali, così come riconsiderazione dei pacchetti retributivi, soprattutto a fronte di un numero crescente di baby boomer in prossimità della pensione.
Fornitori, case automobilistiche e concessionarie dovranno fare lo stesso per trovare e trattenere i propri talenti di cui questa industria ha disperatamente bisogno.
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