Reinventare materiali con soluzioni bio-based

Massimo Perucca

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Nell’ambito del progetto ReInvent è stato possibile sviluppare diverse matrici di biopoliuretano (bio PU) nanocomposite con morfologia a cellule aperte e chiuse per applicazioni industriali.

Seconda parte

Nel precedente articolo riguardante il progetto industriale ReInvent abbiamo evidenziato l’importanza di sviluppare soluzioni sostenibili attraverso la sintesi di nuovi materiali poliuretanici nano compositi di origine naturale.

I dati di mercato relativi alle schiume poliuretaniche convenzionali di origine fossile indicano l’importanza economica di questo settore in continua crescita e la sua diffusa applicazione in altri ambiti tecnologici con una prevalenza nel comparto dei prodotti di massa, nel settore delle costruzioni e nel settore automobilistico.

Complementare o sostituire le attuali quote di mercato offrendo prodotti bio-based, potrebbe fornire una risposta concreta alla necessità di ridurre il carico ambientale connesso al ciclo di vita delle schiume poliuretaniche e soprattutto all’impiego di risorse fossili (non rinnovabili) quale materia prima per la realizzazione di prodotti e componenti per i settori identificati.

La crescita esponenziale del numero di brevetti registrati a livello mondiale negli ultimi dieci anni conferma l’interesse scientifico e industriale di questa opzione.

Un’ulteriore sfida all’incremento della sostenibilità è posta dalla possibilità non solo di impiegare materia prima derivata da fonti rinnovabili, ma anche di implementare un modello di circolarità che preveda il recupero e il riciclo dei poliuretani bio-based in secondo un approccio cradle-to-cradle.

Bio è sempre sostenibile?

L’industria chimica è fortemente impegnata nel tentativo di sostituire i precursori convenzionali di origine fossile per la produzione di poliuretano, che è prodotto a partire da polioli e isocianati.

In particolare, la ricerca industriale è focalizzata sull’ottenimento di polioli a partire da fonti naturali e rinnovabili quali oli vegetali o scarti da biomassa.

Tuttavia, le proprietà chimico-fisiche meccaniche e termiche dei poliuretani ottenuti da fonti naturali non eguagliano quelle delle schiume convenzionali.

Per questa ragione un filone di ricerca si è concentrato sulla produzione di schiume nano-composite utilizzando dei fillers con dimensioni medie su scala nano-metrica, che permettono migliorare i livelli prestazionali delle schiume poliuretaniche bio-based.

Per i nano-fillers sono state proposte diverse fonti naturali quali i gusci di nocciole, scarti contenenti fibre ligneo-cellulosiche.

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Fig. 1 – Confronto degli impatti relativi ai processi di estrazione e frazionamento a partire dalle tre fonti bio considerate: semi di lino, di rapa e di girasole.

Scarti organici contenenti carboidrati, proteine, acidi grassi sono buoni candidati per la produzione di fillers reattivi nella sintesi del poliuretano, diatomite e scarti inorganici nano-porosi sono stati valutati per migliorare le proprietà meccaniche e di isolamento termico del poliuretano.

Sulla base di quanto già riscontrato in altre attività di ricerca industriale, nell’ambito del progetto ReInvent ci siamo posti due quesiti fondamentali rispetto alla sostenibilità delle soluzioni proposte:

• la fonte di materia prima bio-based risulta essere effettivamente quella più sostenibile?

• la necessità di impiegare nei nano-fillers per la produzione di nanocompositi polimerici quali impatti può avere sull’ambiente?

Una scelta a priori per perseguire soluzioni bio-based si basa su considerazioni sistemiche.

Infatti, per questioni etiche la linea di pensiero comune indica che non è consigliato dedicare coltivazioni agricole esclusivamente per la produzione di materia prima finalizzata a sintetizzare polimeri o a produrre biocarburante.

Infatti, questo avrebbe impatti negativi sia sull’ambiente in relazione all’utilizzo del territorio (land use) e di acque irrigue, sia sul fabbisogno alimentare dell’uomo dovuto alla riduzione della disponibilità di terreno fertile diversamente impegnato per la produzione di prodotti non-edibili.

Per questa ragione le opzioni considerate si concentrano sull’impiego di scarti di produzione agricola e forestale valorizzando i cosiddetti side-streams o flussi secondari della materia organica che possono essere valorizzati come materia prima seconda per la sintesi di materiali nano-compositi a base polimerica.

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Tab. 1 – Approccio impiegato nel Life Cycle Assessment (LCA).

Per quanto riguarda la natura delle materie prime rinnovabili è importante osservare come la produzione di polioli derivanti da oli bio-based non esaurisce la richiesta di disporre di un bio-poliuretano (bio-PU) in senso stretto.

Infatti, nella sintesi del poliuretano (PU) sono due i componenti principali coinvolti nella reazione esotermica: i polioli e gli isocianati, a cui sono aggiunti in minor proporzione catalizzatori, agenti espandenti e agenti reticolanti.

Attualmente la possibilità di realizzare bio-PU si limita prevalentemente alla produzione di polioli bio-based, anche se è stato aperto un filone di ricerca per ottenere la componente degli isocianati da fonte naturale.

Un altro elemento di fondamentale importanza connesso alla sostenibilità delle soluzioni è il fattore prestazionale dei materiali considerati in tutte le fasi del ciclo di vita del materiale e del prodotto: (a) sintesi, (b) incorporazione, (c) fase d’uso e (d) fine vita dei materiali.

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Tab. 2 – Dati comparativi relativi alla soluzione convenzionale e ReInvent per la realizzazione dell’interstrato poliuretanico di un cruscotto auto tipo. I risultati si riferiscono a schiume poliuretaniche bio-based nano-composite ReInvent che prevedono la riduzione del 15,33% in peso, mantenendo inalterate le altre specifiche di prodotto.

L’approccio quantitativo alla sostenibilità: l’analisi del ciclo di vita (LCA)

Il ciclo di vita e il fattore prestazionale sono strettamente legati sia al concetto di sistema funzionale e ai suoi confini, sia al concetto di unità funzionale, così come definiti dagli standard ISO 14040 per il Life Cycle Assessment (LCA).

I confini del sistema funzionale determinano il grado di approfondimento dell’analisi.

Nel caso del bio-PU analizzato nel progetto ReInvent il sistema funzionale selezionato include gli impatti derivanti dalla coltivazione agricola e dall’attività forestale, includendo i processi estrattivi per l’ottenimento di oli e di fibre cellulosiche, i processi di raffinazione degli oli e sintesi dei polioli e quelli di ottenimento delle nanofasi, i processi di nano-composizione, sintesi e schiumatura o formatura delle schiume poliuretaniche per la produzione schiume e di pannelli isolanti per il settore edilizia-costruzioni, e interstrati porosi per componenti automotive.

L’analisi Life Cycle Assessment tiene conto della fase d’uso e del processo di riciclo dei materiali bio-based.

A titolo esemplificativo consideriamo quali prodotti riferiti alla filiera dei prodotti edili i pannelli e le schiume isolanti e per la filiera automotive la produzione di cruscotti.

Il concetto di unità funzionale è più generale rispetto a quello di unità tecnica (che potrebbe essere identificata con un prodotto materiale, ad es. un pannello o un cruscotto).

Il concetto di unità funzionale è strettamente collegato alla funzione che il materiale o il prodotto deve espletare e misurato quantitativamente rispetto al livello prestazionale, gli impatti calcolati a partire dall’analisi del sistema funzionale sono riferiti all’unità funzionale.

Nell’approccio sistemico che abbraccia tutto il ciclo di vita del materiale e del prodotto, permette di effettuare considerazioni più approfondite che supportano scelte globalmente più efficienti.

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Fig. 2 – Confronto degli impatti ambientali secondo le undici categorie di riferimento. Si evince che dall’insieme delle formulazioni ottimizzate il carico ambientale di un gruppo di polioli (RV7, RV9, RV15, RV17, RV33) risulta confrontabile con una lieve modulazione dei valori, riprodotta con diversi fattori di amplificazione nelle diverse categorie di impatto. Il campione RV31 risulta essere quello con maggiore impatto in quasi tutte le categorie, mentre RV020010 risulta essere quello a minore impatto ambientale relativo in tutte le categorie di impatto. I valori elevati della categoria TETP sono da attribuire alla natura dei campioni, tutti di origine bio.

Infatti, come vedremo in uno dei due esempi, è possibile tollerare degli impatti leggermente superiori nella fase di sintesi dei materiali bio-based rispetto alle soluzioni convenzionali a fronte di incremento prestazionale che permette sostanziali riduzioni degli impatti ambientali nella fase d’uso lungo la vita utile del prodotto.

Nel caso specifico dei bio-poliuretani nano-compositi analizzati nel progetto ReInvent, il criterio degli impatti riferiti all’unità funzionale si declina diversamente per le applicazioni relative al settore edilizia-costruzioni rispetto a quelle per il settore automobilistico.

Per le schiume poliuretaniche soft e rigide con funzione non strutturale, la principale funzionalità richiesta è la bassa conducibilità termica, fatte salve le specifiche tecniche relative ai parametri di sicurezza (ad es. ritardo alla fiamma).

Il valore di conducibilità termica è il parametro strettamente collegato alle prestazioni energetiche degli elementi edili con proprietà isolanti, che ha un impatto diretto sui carichi ambientali del prodotto durante la fase d’uso.

Per le schiume impiegate nel settore automotive considereremo il caso studio della produzione di cruscotti.

Dando per scontato la rispondenza alle norme di sicurezza, per questa applicazione sono richieste prestazioni connesse alla estetica e alla user experience, in particolare la percezione tattile, l’elasticità, la resistenza alla compressione e la memoria di forma dello strato poliuretanico sottoposto a digitazione e compressione manuale.

La minima densità della schiuma poliuretanica costituisce un elemento chiave sia per quanto riguarda le prestazioni energetiche dell’autoveicolo sia rispetto agli impatti ambientali dovuti alle emissioni, in linea con il programma di alleggerimento dei materiali con cui sono realizzati i mezzi.

In entrambi i casi considerati per le due filiere industriali, osserviamo come le richieste prestazionali ambientali siano strettamente connesse alle prestazioni energetiche, nel primo caso, dell’involucro edile isolato con PU caratterizzato da minima conducibilità termica e, nel secondo caso da PU con minima densità inglobato nel cruscotto auto.

Fig. 3 – Bio-poliuretani per l’edilizia: il raffronto fra le componenti di impatto relativo tra la miscela di polioli impiegata (Componente-A) e quella degli isocianati (componente-B) evidenzia come i polioli determinino impatti dominanti per le categorie della riduzione di ozono stratosferico (ODP) e per il potenziale di tossicità terrestre (TETP), in tutte le altre categorie di impatto sono le componenti derivanti da fonte fossile a determinare i maggiori impatti in una percentuale del 80% circa in media.

È interessante notare che il caso studio del sistema funzionale del progetto ReInvent vede allineati i trend di miglioramento delle prestazioni ambientali a quelle economiche.

Infatti, la riduzione delle emissioni di CO2 degli involucri edili per effetto di un migliorato isolamento termico corrisponde a ridotte richieste energetiche sia per il riscaldamento che per il raffrescamento degli interni nei cicli stagionali, con un conseguente risparmio economico riferito al minor consumo di gas e di energia elettrica.

Analogamente la riduzione delle emissioni di un autoveicolo dovuto all’alleggerimento di tutti i componenti strutturali ed estetici deriva da un minor consumo di carburante che determina un proporzionale risparmio economico sulla distanza media percorsa nel ciclo di vita del mezzo.

In questo senso le attività del progetto ReInvent costituiscono un esempio paradigmatico di eco-design, per cui gli sforzi ingegneristici volti all’incremento della sostenibilità ambientale determinano implicitamente miglioramenti prestazionali dei prodotti anche sul piano economico.

Tuttavia, le restrizioni delle specifiche relative ai componenti di origine bio non si limitano solo a quelle finali del materiale, ma anche alle processabilità degli stessi nelle fasi di formatura, nel caso dei pannelli, oppure di incorporazione, nel caso di strutture edili o tubature per il teleriscaldamento così come per componenti automotive.

Fig. 3 – Bio-poliuretani per l’edilizia: il raffronto fra le componenti di impatto relativo tra la miscela di polioli impiegata (Componente-A) e quella degli isocianati (componente-B) evidenzia come i polioli determinino impatti dominanti per le categorie della riduzione di ozono stratosferico (ODP) e per il potenziale di tossicità terrestre (TETP), in tutte le altre categorie di impatto sono le componenti derivanti da fonte fossile a determinare i maggiori impatti in una percentuale del 80% circa in media.

I parametri di reazione chimico-fisici richiesti nel settore edilizia-costruzioni-energia riguardano i tempi di espansione (in particolare cream e rise time), la viscosità delle creme poliuretaniche nel processo di sintesi e schiumatura, che possono essere adattati alle esigenze specifiche e finalizzati alla realizzazione di strutture porose con cella chiusa.

Per il settore automotive si considerano analoghi parametri di processo per l’ottenimento di strutture porose a cella chiusa, ma con vincoli molto più restrittivi in quanto le specifiche e i protocolli di processo non devono subire modifiche rispetto alla variazione dei componenti (A e B) utilizzati.

Per cui i polioli di derivazione bio nella fase di processing devono fornire un comportamento analogo a quelli di origine fossile per garantire la ripetibilità e stabilità dei processi industriali di schiumatura e iniezione.

L’analisi degli impatti ambientali delle soluzioni sviluppate nell’ambito del progetto ReInvent ha costituito una sfida analitica e computazionale non banale sia per il livello di complessità del sistema funzionale considerato, sia per le richieste prestazionali dei materiali bio-based relativi ai prodotti e ai processi produttivi.

Infatti, le specifiche richieste non sono semplicemente funzionali ma multifunzionali.

A tale proposito le unità (multi-)funzionali sono state definite a partire dalla costruzione di fattori prestazionali integrali che tenessero conto della multifunzionalità delle diverse tipologie di bio-PU nanocompositi sviluppati, in particolare per il settore edilizia e costruzioni il fattore prestazionale ambientale comparativo incorpora le caratteristiche specifiche del materiale quali la densità e la conducibilità termica.

Per le schiume poliuretaniche applicate nel settore automotive, il fattore prestazionale incorpora la densità e il modulo di elasticità.

Questa impostazione ha un approccio comparativo degli impatti ambientali equiparando la multifunzionalità dei materiali derivati da fonte fossile con i bio-materiali nanocompositi innovativi, rendendo così possibile un confronto diretto lungo l’intero ciclo di vita a partire dai processi estrattivi sino alla fase d’uso, analizzando scenari possibili e definendo obiettivi di miglioramento che permettono di guidare lo sviluppo delle nuove soluzioni.

L’analisi LCA, di cui presentiamo i risultati nei paragrafi seguenti, è stata condotta con un approccio di tipo modulare, permettendo di studiare singolarmente tutti i processi di trasformazione e assemblando in un quadro organico i contributi dei vari moduli contabilizzando i carichi ambientali lungo le filiere e i processi connessi ai prodotti nelle applicazioni di riferimento.

La  tabella 1 fornisce i dettagli metodologici dell’analisi. Le categorie di impatto impiegate nell’analisi sono riportate nella tabella 2.

La ricerca delle fonti naturali più sostenibili

L’analisi LCA ha permesso di valutare diverse fonti e i processi più efficienti per l’estrazione degli oli di origine naturale per la sintesi dei polioli.

Sono state messe a confronto diverse fonti naturali da cui estrarre e frazionare gli oli per la successiva sintesi dei polioli.

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Fig. 4 – Immagini ottenute con il microscopio a scansione elettronica della morfologia e struttura delle schiume poliuretaniche bio-based a cella chiusa ottenute per applicazioni di isolamento termico.

I processi estrattivi sono realizzati con cicli dedicati i cui parametri sono adattati alla lavorazione delle diverse fonti primarie considerate.

L’analisi di impatto ambientale ha considerato il processo di estrazione e frazionamento associato alle diverse fonti primarie selezionate: semi di lino, di girasole, di rapa, di soia e di canapa.

I processi estrattivi hanno una valenza multipla in quanto permettono di ottenere olio grezzo e sansa.

L’olio grezzo viene successivamente filtrato e la componente trattenuta è utilizzata con la sansa primaria per la produzione di alimenti per animali. La sansa primaria viene torchiata e frazionata per ottenere polveri proteine e fibre.

Le percentuali in massa dei prodotti ottenuti, inclusi gli oli per le applicazioni di interesse ha permesso di effettuare una allocazione degli impatti di processo coerente con la molteplicità di prodotti utili ottenuti dal processo multifunzionale di estrazione.

Nella figura 1 riportiamo i risultati di maggiore interesse fra i processi con minore impatto: il sottoinsieme di oli selezionati sono quelli derivanti da semi di lino, rapa e girasole messi a confronto.

I risultati sono sviluppati secondo una analisi from cradle-to-gate per unità di prodotto ottenuto, tenendo conto degli impatti associati alla coltivazione delle fonti primarie e delle allocazioni in massa rispetto ai diversi prodotti derivanti dal processo estrattivo e di frazionamento.

Dalla figura 1 si evince che non è possibile effettuare una scelta in cui una delle tre fonti fornisca una prestazione ambientale migliore in tutte le categorie di impatto.

L’impronta di carbonio risulta minore per il processo estrattivo di olio a partire dai semi di rapa.

Questo processo e questa fonte naturale primaria risulta avere la prestazione ambientale migliore in quasi tutte le categorie di impatto ad eccezione del potenziale di acidificazione (AP) e della riduzione di risorse non rinnovabili (ADP), leggermente superiore al valore di impatto derivante dai semi di lino.

Analisi comparativa della sintesi dei polioli

La formulazione e il processo di sintesi di diversi campioni di polioli, prima su scala di laboratorio e poi in quantità utili alla produzione dei lotti di materiali richiesti per realizzare i campioni, ha permesso di effettuare un’analisi comparativa degli impatti per fornire indicazioni sulle scelte più opportune e sull’equivalenza degli impatti fra alcune delle soluzioni ottenute.

In base alle caratteristiche, i polioli selezionati sono stati assegnati alla produzione delle diverse tipologie di schiume poliuretaniche associate alle specifiche applicazioni.

La figura 2 rappresenta i risultati del confronto delle categorie di polioli con formulazione ottimizzata, di cui per motivi di riservatezza non è possibile fornire indicazioni sulla formulazione.

Le principali fonti di impatto nella produzione delle schiume bio-PU

A partire dai bio-polioli identificati e utilizzati nelle diverse applicazioni, è stato possibile analizzare il processo di sintesi e schiumatura delle schiume poliuretaniche sia per le applicazioni di isolamento degli edifici che per le applicazioni del settore automotive.

Fig. 5 – Schiume poliuretaniche bio-based per la produzione di cruscotti per il settore automobilistico. L’analisi delle principali fonti di impatto evidenzia come la miscela di polioli (componente-A) e di isocianati determinino le quote maggiori di impatto, con una componente importante dominante dei polioli sugli isocianati (componente-B).

L’analisi ha considerato il concatenamento di tutti i moduli analizzati secondo un approccio from cradle-to-gate tenendo conto di tutti gli impatti, includendo le fonti primarie di materia ed energia a partire dall’estrazione e dal frazionamento per ottenere gli oli di origine naturale, includendo la sintesi dei polioli sino al processo di schiumatura del bio-PU per le applicazioni considerate.

Strutture a cella chiusa per l’isolamento termico degli edifici

Nel settore edilizia-costruzioni-energia le schiume bio-PU sono impiegate sia per processi a spruzzo che per processi di formatura di pannelli isolanti.

Per il settore edilizia la componente dominante della miscela di polioli selezionati è rappresentata dalla formulazione con la migliore prestazione di sostenibilità ambientale (fig. 3).

I risultati ottenuti hanno permesso una comparazione diretta del contributo agli impatti prevalenti derivanti dalla componente-A (miscela di bio-polioli) e da quella del componente-B (isocianati), evidenziando come l’impatto dominante in tutte le categorie di impatto (ad eccezione per il potenziale di riduzione di ozono stratosferico e del potenziale di tossicità terrestre) sia determinato dagli isocianati (di origine fossile).

Questo fornisce un dato confortante sulla scelta delle fonti bio per la componente-A e indica come ulteriori sforzi di ricerca debbano essere concentrati sulla realizzazione da componenti-B di origine naturale per armonizzare il contributo degli impatti in un’ottica di riduzione uniforme dei carichi ambientali (fig. 4).

Strutture a cella aperta per componenti automotive

Per il settore automotive è stata condotta l’analisi che ha permesso di evidenziare le fonti di impatto dominanti considerando nel dettaglio gli elementi caratterizzanti le formulazioni ottimizzate per la produzione di schiume poliuretaniche composite con l’impiego di grafene utili alla produzione di cruscotti automobilistici.

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Fig. 6 – Analisi effettuata al microscopio a scansione elettronica di una delle schiume poliuretaniche bio-based ottenute per l’applicazione nel settore automotive. Le immagini mostrano una struttura a cella aperta con un elevato livello di interconnessione.

I risultati hanno evidenziato in questo caso una componente rilevante degli impatti derivante dall’impiego dei bio-polioli nell’intervallo del 40%-60% rispetto al totale degli impatti delle altre componenti nella formulazione.

Questo risultato indica come ulteriori miglioramenti della prestazione ambientale debbano includere un incremento dell’efficienza nella produzione dei polioli e nella scelta delle miscele più sostenibili.

È comunque importante notare come i dati ottenuti per la sintesi dei polioli a partire da oli naturali si riferiscano a processi pilota.

Infatti con lo sviluppo dei processi su scala industriale sono attesi sostanziali miglioramenti nelle efficienze sia per quanto riguarda il bilancio di massa che per il fabbisogno energetico specifico per unità di prodotto.

La figura 5 fornisce anche una risposta alla seconda domanda che ci siamo posti, relativamente agli impatti derivanti all’impiego di nano-fillers, evidenziando come il contributo dovuto all’aggiunta di grafene sia assolutamente trascurabile.

Questo risultato non deriva dal fatto che i processi per la produzione di nano-fillers siano necessariamente a basso impatto ambientale, ma che la quantità specifica (percentuale in peso per unità di prodotto) necessaria per ottenere le funzionalità richieste è minima.

Questa è una caratteristica dei materiali nano-compositi, infatti il livello di funzionalità delle nanoparticelle deriva dalla loro elevata superficie esposta rispetto alla quantità di materiale utilizzato (fig. 6).

Materiali nano-compositi bio-based: verso un futuro sostenibile

Sulla base dei risultati ottenuti e in vista di ulteriori ottimizzazioni dei materiali nano-compositi bio-based, sono stati considerati alcuni scenari possibili che determinano un sostanziale miglioramento delle prestazioni ambientali delle soluzioni lungo il ciclo di vita.

Incremento dell’efficienza energetica degli edifici

Il progetto ReInvent comprende dei test e un processo di validazione dei materiali attraverso prove sul campo. Per il settore edilizia sono stati realizzati dei prototipi di involucri edili con superficie di 4×2,5 m2 e altezza 2,5 m coibentati con pannelli e schiume realizzate secondo i processi e le formulazioni ottenute nella fase di ricerca e sviluppo del progetto.

Sulla base degli obiettivi tecnici di progetto è stato possibile effettuare valutazioni a priori sui risparmi energetici e le relative riduzioni degli impatti ambientali, includendo tutto il processo produttivo dei materiali compresa la fase d’uso, in cui viene valutata solo la componente energetica per il riscaldamento degli spazi indoor (trascurando gli apporti energetici per il raffrescamento nella stagione estiva). La collocazione geografica considerata è in prossimità della città di Madrid, dove è presente il test site dedicato al progetto ReInvent.

Considerando un tempo di vita utile del coibente di 50 anni per entrambe le soluzioni convenzionali e i dati tecnici di densità e conducibilità termica dei materiali convenzionali rispetto ai valori target di progetto, per i materiali bio-based è possibile effettuare una stima della riduzione degli impatti relativi alle emissioni equivalenti di CO2 in atmosfera.

Confrontando le emissioni per la realizzazione di prodotti coibenti convenzionali rispetto ai prototipi ReInvent riferiti ai relativi fattori prestazionali funzionali si ottiene riduzione percentuale dell’impronta ambientale per la produzione degli isolanti del 70%. In riferimento al ciclo di vita si ottiene una riduzione del 25% delle emissioni di CO2, che per gli involucri edili prototipali considerati questo corrisponde a 18MWh termici di energia risparmiata nel periodo di riferimento, equivalente all’energia (elettrica) consumata da circa 1000 persone in Francia in un giorno. Scalando i volumi sulle dimensioni di un appartamento medio, i valori salgono di un ordine di grandezza.

Sostenibilità per il comparto Automotive

Le schiume di bio-PU applicate al settore automotive considerate si riferiscono allo strato interno del cruscotto dell’autoveicolo.

Considerando una vettura del segmento D della tipologia SUV è possibile valutare la riduzione di impatto ambientale totale comprendente, sia la fase di produzione del componente (comprensiva degli impatti di filiera a partire dalle materie prime) sia gli impatti connessi alla vita utile del componente equiparata alla vita utile dell’autoveicolo espresso in km di distanza percorsa, la soluzione considerata, che rispetta tutte le specifiche di prodotto, prevedere una riduzione in peso del componente di del 15,33% con una conseguente risparmio di emissioni totali del 10% rispetto alla soluzione convenzionale.

L’estensione sistematica dell’approccio di questa classe di materiali bio-based a tutti gli altri componenti poliuretanici dell’autoveicolo come gli altri elementi studiati nel progetto (coperture dei sedili tettuccio), permette di ottenere delle riduzioni di emissioni significative abilitando lo schema di circolarità.

Conclusioni

Il progetto ReInvent ha lo scopo di offrire soluzioni più efficienti e ambientalmente più sostenibili per la produzione e l’utilizzo delle schiume poliuretaniche per diverse applicazioni.

Il valore di mercato dei poliuretani è in continua crescita ed è associato a volumi di produzione mondiali estremamente importanti determinando carichi ambientali significativi dal momento che il PU commercializzato deriva quasi totalmente da fonte fossile.

Il progetto si propone di ReInventare un processo produttivo e dei materiali nano-compositi bio-based la cui materia prima derivi da fonti naturali e rinnovabili, offrendo così l’opportunità di ridurre significativamente gli impatti sull’ambiente durante tutte le fasi del ciclo di vita del materiale, preservandone le funzionalità richieste per le diverse applicazioni considerate.

In questo lavoro ci siamo limitati a considerare solo due delle applicazioni di riferimento sviluppate nell’ambito del progetto appartenenti alle filiere dell’edilizia e dell’automotive considerando il ciclo di vita delle schiume poliuretaniche sino al termine della fase d’uso.

Il progetto ReInvent prevede anche il riciclo dei materiali bio-based per presentare una soluzione coerente con il paradigma dell’economia circolare.

Le analisi e l’ottimizzazione dei processi di riciclo del PU sono ancora in corso.

I risultati attualmente ottenuti forniscono chiare indicazioni per come sviluppare soluzioni sostenibili diminuendo il carico ambientale dovuto alle principali fonti che contribuiscono agli impatti.

Dai risultati dei casi considerati e degli scenari di prospettiva emerge con chiarezza che la qualità e la funzionalità dei materiali prodotti costituiscono l’elemento discriminante per poter determinare sostanziali riduzioni delle emissioni di gas serra grazie a un risparmio di energia nella fase d’uso dei prodotti determinata, per le applicazioni edili, principalmente dal miglioramento dell’isolamento termico degli edifici e, per il settore auto, da una sostanziale riduzione della massa inerziale degli autoveicoli utilizzando materiali leggeri con elevate prestazioni funzionali.

Ringraziamenti

ReInvent è un progetto Horizon H2020, finanziato dalla Commission Europea nell’ambito Bio-based Industries Joint Undertaking (BB JU): H2020-BBI-JTI-2017 (BIO BASED INDUSTRIES PP)-REINVENT, Grant Agreement Number: 792049.

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