TCO: dai luoghi comuni ai costi

TOMMASI

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Il calcolo del costo di una lavorazione (TCO) è spesso legato a consuetudini aziendali che potrebbero disattendere la realtà.

Sono ben note le complessità legate alle lavorazioni per asportazione di truciolo e, altrettanto note, sono le varietà: dalla semplice trapanatura con trapano a colonna, per arrivare a linee fortemente automatizzate, con centri lavoro, eventualmente in grado di eseguire lavorazioni ibride, sottrattive ed additive.

La macchina utensile è il “cuore pulsante” della lavorazione meccanica e rappresenta forse l’investimento più importante di un’azienda manifatturiera, ma i risultati ottenuti sono il frutto di un lavoro sinergico fra la macchina stessa, l’utensile e tutti i device che concorrono alla riuscita finale: se anche solo un anello non è adeguato, possono esserci serie conseguenze.

Per esempio? Perdita di marginalità e di competitività.

Costi e marginalità

Quando la marginalità prevista è disattesa, fondamentalmente due possono essere le cause: si è presentato un imprevisto e/o c’è stato un errore nel calcolo dei costi di lavorazione/processo.

In ogni situazione reale, l’imprevisto è sempre in agguato, di conseguenza, va opportunamente gestito.

La ricaduta può essere sia sulla marginalità che sulla competitività: dover rifare un pezzo, o anche solo riprenderlo, ha indubbiamente dei costi che ricadono sui margini attesi.

Ma la ripresa di una lavorazione, parziale o in toto, ha ripercussioni anche di altra natura, per esempio sui tempi di consegna non rispettati: se la situazione si ripete, compromette l’affidabilità come fornitore.

Nell’era in cui si sta diffondendo l’importanza del TCO (Total Cost of Ownership) i ritardi nella fornitura, le forniture difettose, la consegna imperfetta, etc., vanno ad erodere la competitività, agendo non direttamente sul prezzo, ma sul “confronto fra fornitori”, che misura le prestazioni offerte: riguadagnare posizioni è possibile, ma significa ricostruire una immagine, il che è certamente impegnativo; comunque una ricaduta sulla marginalità è inevitabile.

Le inefficienze sono in genere in “pole position” come causa dell’erosione della marginalità e della perdita di competitività.

tcoL’utilizzo dei KPI (Key Performance Indicator) permette, come dice il termine stesso, di valutare la prestazione, cioè il grado di efficienza del processo, rendendo quindi consapevoli della situazione, ma non dà una indicazione su dove si debba intervenire.

Se l’inefficienza è la nemica numero 1 di marginalità e competitività e, grazie ai KPI, si può valutare il grado di efficienza, un vero alleato è il controllo di processo che, rilevando “step by step” lo status del processo, indica dove e come intervenire o, nelle situazioni integrate, interviene direttamente nel caso di scostamenti dalla condizione prevista, evitando scarti e rilavorazioni.

Il controllo è importante sia per evitare dannosi imprevisti che per ottimizzare processi consolidati.

Fra miti e luoghi comuni

Per salvaguardare marginalità e competitività, la corretta valutazione dei costi di lavorazione è fondamentale e, in tal senso, vale la pena sfatare alcuni miti, o luoghi comuni, che possono portare a conclusioni non necessariamente veritiere.

L’evoluzione delle macchine utensili, negli ultimi anni, è stata importante, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei processi produttivi, in termini di qualità, efficienza e profittabilità: macchine più performanti, più veloci, con capacità di asportazione più elevate.

Le potenzialità offerte dalla macchina utensile, tuttavia, si sviluppano solo facendo sistema con device ausiliari: oggi non è più opportuno parlare solo di macchina utensile, come se meriti e demeriti fossero imputabili solo a lei, ma è sempre più accettato il concetto di sistema macchina utensile.

Di conseguenza, il primo mito da sfatare riguarda proprio la macchina utensile: può essere il top di gamma, ma se i device non solo all’altezza, difficilmente si raggiungeranno risultati grandiosi.

I costruttori di utensili, per esempio, sottolineano come una macchina “high performance” richieda utensili adeguati e, di conseguenza, un risparmio sull’utensile, può generare criticità, con possibili costi aggiuntivi.

Pertanto, con i dovuti limiti, può dimostrarsi veritiero il detto popolare “chi più spende, meno spende”.

Discorso analogo vale per le attrezzature come i mandrini: maggiore sarà la precisione, migliore sarà la qualità della lavorazione e, magari, sarà possibile aumentare i parametri di taglio (in sinergia con le caratteristiche dell’utensile), a favore della produttività.

Le macchine utensili di ultima generazione influenzano i costi di processo? Vale la pena ricordare che, alla capacità di asportazione sempre più elevate delle moderne macchine utensili, molto spesso non fa seguito una evoluta gestione del truciolo, che resta ancorata a schemi tradizionali, dimenticandosi l’influenza diretta del truciolo sull’efficienza della macchina utensile e l’incidenza sulle performance dell’intero processo produttivo.

Con le lavorazioni in alta pressione, sempre più diffuse, è fondamentale prendere coscienza (e risolvere) tutto ciò che riguarda la gestione del truciolo, tenendo presente che, inclusioni di truciolo frammentato, o comunque di sporcizia, nel fluido da taglio, lanciato ad alta pressione, possono avere conseguenze catastrofiche.

Chiaramente la gestione evoluta del truciolo ha un costo di impianto maggiore rispetto a uno tradizionale, ma porta un beneficio sia in termini di qualità ed efficienza del processo che di risparmio sui costi di gestione degli esausti.

È ora il turno dell’automazione. Riduce i costi di processo? La risposta, più o meno corale, è: sì. In realtà non è detto.

tcoSe per automazione si intende un sistema completamente automatizzato, che riduce o annulla l’intervento umano e la possibilità di introdurre errori, permettendo il lavoro anche in non presidiato, è un conto, ma se per automazione si intende l’introduzione di un robot su una linea, potrebbero esserci delle sgradite sorprese.

Infatti, in questo secondo caso, si potrebbe andare incontro a una ricaduta sui costi, ma non in senso migliorativo.

L’ultima questione è forse la più spinosa: risorsa o centro di costo? Sono gli addetti: l’uomo, con le sue capacità, dovrebbe essere sempre una risorsa ma, ahimè, spesso rientra solo nella voce “costi”, dimenticando che professionalità e competenza non hanno prezzo, ma sono il vero bene più prezioso di un’azienda.

In conclusione…

È importante parlare di commesse e di errori nel calcolo dei costi di lavorazione, ma questo presuppone una cultura di fondo in grado di ridurre al minimo l’affanno dovuto a preventivi mal gestiti, ritardi negli approvvigionamenti, pianificazioni errate, magari basate su sottovalutazioni pregresse.

Evitare ricadute sulla qualità e sull’immagine è oggi una priorità: se è importante puntare sull’innovazione e sulle nuove tecnologie, supporto inestimabile nella gestione dei costi di processo e sulla gestione di una commessa, non va mai dimenticato che tutto ruota attorno alla cultura e alla formazione, le vere leve per corrette valutazioni.

Perché si sta iniziando a considerare il TCO?

Dagli anni ‘50 inizia a svilupparsi una nuova concezione, che assegnava al costo del prodotto non solo il suo costo diretto, ma tutto ciò che era legato alla sua proprietà (from craddle to grave) come si dirà successivamente.

Un concetto innovativo, partendo dal quale, nel 1987 la società di consulenza Gartner Inc. sviluppò un nuovo tipo di approccio che tenesse conto di tutti i costi relativi al possesso della infrastruttura informatica.

Ciò voleva dire considerare tutto il ciclo di vita, con un risultato finale sconvolgente per l’azienda committente, sia per i manager finanziari che per i responsabili dell’IT: 10mila dollari/anno.

Nella valutazione erano stati considerati i costi per l’acquisto, l’installazione, la gestione, la manutenzione e, giunti a fine vita, lo smaltimento.

Quello della Gartner Inc. è stato il primo esempio di TCO strutturato, base della moderna concezione, ormai approvato e adottato in tutto il mondo, sebbene con metodologie e strumenti variabili, in funzione tanto dei contesti che delle specifiche applicazioni.

Questo significa che non esiste una formula o un metodo standard e univoco che permetta di valutare il TCO, ma ciò che è univoco è l’obiettivo: comprendere e valutare correttamente i veri costi.

di Daniela Tommasi

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