Dagli abissi allo spazio profondo

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Dagli abissi allo spazio profondo, le soluzioni Unimec dominano le terre di confine

È facile vivere nelle zone temperate, dove le stagioni sono miti, il clima è clemente, la terra fertile e generosa. Tuttavia, ai confini di queste regioni, ben lontani da quella che accademicamente si definisce “confort zone”, le condizioni peggiorano e le terre di confine sono dominate dagli estremi, da affrontare solo con l’attrezzatura adeguata.

Portando questa similitudine sul piano lavorativo si può affermare che tale attrezzatura sia costituita da diversi fattori, materiali e immateriali: know-how, esperienza, solidità aziendale, competenza, serietà professionale, capacità produttiva, fornitori affidabili, mezzi all’avanguardia. Tutto questo caratterizza e distingue Unimec, azienda manifatturiera brianzola capace di produrre trasmissioni di potenza, in particolare martinetti meccanici, rinvii angolari e riduttori speciali per ogni tipo di esigenza che richieda una movimentazione precisa e sicura di carichi importanti. Ecco perché ogni anno Unimec può mettere nel proprio portfolio decine di applicazioni fuori dall’ordinario che hanno l’estremo come fattore comune.

Nel Mare del Nord, gigantesche piattaforme mobili posano con delicatezza nuovi impianti sul fondale. Grandi martinetti Unimec garantiscono la giusta tensione a dispetto delle onde oceaniche, insensibili al freddo glaciale e al variare della pressione dell’acqua sullo stinger.

Negli abissi del mare

Gli abissi del mare vedono come unica luce quella artificiale proveniente dalle lampade di un piccolo robot in grado di recuperare vecchi tubi di gasdotti ed elettrodotti: la sega che li taglia è movimentata da martinetti speciali Unimec che non risentono delle ossidazioni e sono insensibili alle estreme pressioni in grado di far implodere oggetti più fragili.

3.000 metri più in alto, sulla superficie del Mare del Nord, gigantesche piattaforme mobili posano con delicatezza nuovi impianti sul fondale. Grandi martinetti Unimec garantiscono la giusta tensione a dispetto delle onde oceaniche, insensibili al freddo glaciale, al variare della pressione dell’acqua sullo stinger e con un’attenzione maniacale all’ambiente: in caso di perdita di lubrificante, l’utilizzo di grassi bio renderebbe l’incidente neutro per l’ecosistema marino.

Dalla terraferma allo spazio

Anche sulla terraferma esistono applicazioni estreme: movimentare saldatrici per connettere tra loro sezioni di un sommergibile richiede alta precisione per lunghezze superiori ai 10 metri, così come sopportare un hammering di 7.000 colpi al minuto per permettere ai composti medicali di diventare pastiglie sotto un carico di 10 tonnellate. Ovviamente i materiali ordinari non sono sufficienti a tale scopo: l’utilizzo di acciai speciali quali il 39NiCrMo3 e di trattamenti termici come la nitrocarburazione QPQ hanno alzato il livello della progettazione e della realizzazione di queste speciali trasmissioni di potenza.

Tutto questo però non è nulla rispetto all’ambiente estremo per definizione, il luogo dove la vita non può esistere a meno di piegare chimica e fisica ai voleri dell’uomo: l’ultima frontiera, lo spazio. Da anni Unimec lavora con aziende che hanno fatto del cosmo luogo di studi e sperimentazioni, ma due sono le applicazioni più significative in questo comparto.

La prima riguarda una movimentazione di emergenza installata sulla Stazione Spaziale Internazionale: in caso di guasto del sistema motorizzato i cosmonauti dovranno effettuare una EVA (Extra-Vehicular Activity) muovendo a mano un rinvio angolare completamente in acciaio inossidabile (inclusi ingranaggi e cuscinetti) e sottoposto a nitrurazione ionica.

L’ultima applicazione in ordine di tempo riporta Unimec con i piedi per terra, più precisamente in Cile, sul Cerro Armazones, a 3.065 di quota dove, nel 2024, l’ESO costruirà quello che sarà il più grande telescopio del mondo, chiamato ELT (Extra-Large Telescope). Unimec è stata chiamata a fornire trasmissioni con requisiti impressionanti: nessuna lubrificazione a vista (il particolato potrebbe macchiare le lenti), materiali resistenti alle radiazioni UV e agli sbalzi termici tra giorno e notte, limiti precisi alle temperature di esercizio e, soprattutto, una certificazione di vita di 50 anni. Ciò che sembrava impossibile è stato verificato mediante il nuovo banco prova per martinetti, dove sono stati simulati i cicli richiesti in fase preliminare di approvazione del prodotto. In seguito, il cliente ha effettuato le movimentazioni corrispondenti a 50 anni di lavoro, riscontrando usure così minimali da non prevedere parti di ricambio se non in casi fortuiti.

Non serve essere i più economici con prodotti di dubbia origine, non serve nemmeno credere di essere i più grandi costruttori del continente: il migliore lo trovi là dove gli altri hanno paura di andare, agli estremi di quello che si crede realizzabile a spostare il limite un passo più in là verso l’impossibile.

 

 

 

 

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