Produrre una commessa difettosa non significa soltanto avere a che fare con un cliente insoddisfatto. Implica anche un danno all’immagine dell’azienda, spesso irrimediabile. Ecco perché effettuare il controllo qualità della materia prima diventa un’attività strategica, che deve necessariamente entrare a far parte della cultura aziendale.
In molti settori industriali è noto il detto che se un problema è rilevato e risolto prima della produzione costa dieci, se identificato in produzione costerà cento e dal cliente mille. Questa è la ragione per cui i requisiti richiesti all’industria dello stampaggio sono così stringenti da risultare quasi inconcepibili per i non addetti ai lavori. Tutti gli operatori del settore automotive sanno bene cosa significa per un produttore il rifiuto di un intero lotto di produzione per la presenza di un solo pezzo difettoso. Lo sanno anche quei centri servizi che si sono visti respingere intere forniture di coils per difetti superficiali sulle sole spire esterne.
L’aumento del numero di componenti di ogni veicolo, il contenimento dei pesi dei veicoli e delle loro parti per ridurre i consumi, la sempre maggiore responsabilizzazione delle case automobilistiche sulla affidabilità dei componenti ai fini della sicurezza e gli alti costi delle campagne di richiamo, fanno sì che il controllo di qualità non possa trascurare alcun aspetto.
Perciò non basta che le aziende di stampaggio siano al loro interno organizzate e ottimizzate al meglio, dotate di attrezzature sicure, efficienti e interconnesse. Non basta neanche un controllo di qualità a fine produzione. Tutto è vanificato in partenza se il materiale trattato non è adeguato. La letteratura tecnica sul controllo di qualità è molto ampia e vecchia di secoli, piuttosto che di anni.
Cenni di storia dei controlli di qualità
Se ci limitiamo alla sola produzione di massa a seguito della rivoluzione industriale, possiamo fare risalire le origini dei controlli di qualità alla fine del XIX secolo e a F. W. Taylor.
Ma per gli italiani, che hanno una storia un po’ più lunga alle spalle, non si possono dimenticare i regolamenti delle corporazioni medievali che stabilivano regole per la produzione tessile di massa destinata alle popolazioni sopravvissute alla peste del 1348 che, complice la ripresa che segue a ogni catastrofe, non si accontentavano più di abiti autoprodotti.
Nel corso del XX secolo, l’importanza del controllo di qualità è andata via via aumentando. La qualità diventa uno degli aspetti critici dei sistemi MRP, material requirement planning.
Questi sistemi gestionali sono in uso ancora oggi e incorporano al loro interno le procedure di qualità andate diffondendosi a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso.
Da allora la qualità non è più solo un aspetto contingente ma diventa una politica aziendale basata sulle norme internazionali.
Le norme ISO 9001 e IATF 16949 includono indicazioni specifiche per il monitoraggio dei fornitori.
Ad esempio, la IATF 16949:2016, al paragrafo 8.4.2.4, cita, tra gli indicatori di prestazione da monitorare, proprio la conformità ai requisiti del prodotto consegnato e il complesso di azioni per mantenere la difettosità sotto controllo con particolare attenzione a quelle preventive. L’evoluzione della gestione della qualità che ha fatto la fortuna dell’industria automobilistica giapponese alla fine del secolo scorso ha spinto ancor di più le organizzazioni a far emergere e risolvere i problemi il prima possibile. Le norme sviluppate sulla base di questa filosofia richiedono, tra le altre, anche la produzione e manutenzione di dettagliati piani di emergenza per ogni prevedibile problema di approvvigionamento.
L’impatto della pandemia
Tutti i piani di emergenza richiesti dalle norme sono stati messi duramente alla prova dalla crisi dei materiali avvenuta durante la recente epidemia. Ciò è stato ancor più vero per la siderurgia e i suoi derivati, che rappresentano il classico settore di produzione in continuo che mal sopporta pesanti volatilità della domanda e dipende pesantemente dall’efficienza delle catene di trasporto.
Le aziende hanno dovuto affrontare una penuria di materie prime di proporzioni mai neanche lontanamente immaginata.
I risultati sono stati diversi a seconda dei contesti e delle strategie possibili.
In alcuni casi si è potuto adattare senza eccessiva difficoltà il processo produttivo alle materie prime disponibili, soprattutto dove le catene di approvvigionamento erano abbastanza corte e quindi più controllabili. In altri, è trascorso molto tempo prima di ripristinare una certa normalità. Frequentemente i costi sono stati elevati e sovente non riconosciuti dai clienti.
Il controllo di qualità della materia prima non è, di per sé, una soluzione definitiva alle incertezze delle forniture.
Qualsiasi controllo è essenzialmente un campanello di allarme, il segnale più tempestivo per chi deve attivare le procedure correttive adeguate. Se queste ultime mancano, ogni controllo rimane solo un costo. La tendenza a coinvolgere il più a monte possibile la catena dei fornitori nella politica di qualità pone un dilemma paradossale: è possibile fare a meno del controllo di qualità interno?
La risposta più breve è “no”: esso rimane un passaggio fondamentale. Roger W. Schmenner scrive, a proposito del controllo di qualità, che i suoi criteri devono esser considerati già al momento della stipula dei contratti. Per Schmenner, quasi tutte le aziende collaudano le forniture presso il destinatario ma, «nel caso di commesse importanti, può accadere che il cliente proceda a collaudi periodici presso il fornitore anche quando il lavoro non è ancora concluso».
Quello che si può fare è quindi posizionare il controllo di qualità principale laddove è anche più efficace, ovvero dove si è in tempo per risolvere eventuali difformità al costo più basso e, soprattutto, dove è possibile realizzare delle azioni correttive sia produttive che organizzative atte a evitare che in futuro lo stesso problema si ripresenti.
Un aneddoto istruttivo
Per approfondire questo tema, consideriamo il seguente aneddoto, pare realmente accaduto.
Nel mezzo della pandemia un primario costruttore europeo di automobili ha chiamato un fornitore italiano di componenti del settore della lamiera e gli ha chiesto una fornitura urgente, così urgente da non emettere un formale ordine di acquisto, stante la mancanza di un capitolato che includesse alternative al materiale normalmente impiegato. Fu pertanto data libertà al fornitore di valutare una soluzione appropriata e addirittura anche il prezzo fu lasciato a discrezione. Il fornitore, sulla base del suo know-how, individuò materiali alternativi e disponibili e lavorò senza pausa, fine settimana inclusi, per preparare le centinaia di migliaia di pezzi richiesti che il cliente venne a ritirare a sue spese il giorno pattuito.
Il prodotto finale non subì conseguenze negative.
Si potrebbe dedurre che le certificazioni le procedure di controllo della qualità valgono fino a un certo punto se, in caso di emergenza, possono essere così facilmente ignorate.
In realtà il fornitore era un’azienda molto rinomata nel settore, sapeva come gestire i materiali a disposizione e come operare per garantire un prodotto di qualità che soddisfacesse le esigenze del cliente nonostante la situazione straordinaria.
Quello che è accaduto è stato che il fornitore ha quindi realizzato in tempi brevissimi una reingegnerizzazione del prodotto ad hoc. Una esperienza non isolata, come vedremo nel caso reale trattato di seguito.
Un caso reale
Questa storia ha portato ad approfondire il tema dell’effetto della pandemia sugli approvvigionamenti e come il controllo di qualità ha operato in una situazione così nuova. A tal fine, Lamiera ha intervistato il Sig. Roberto Vulpetti, responsabile del controllo qualità di Arturo Salice SpA, notissima azienda brianzola leader europeo nella fornitura di componenti in metallo per l’industria dell’arredamento. Il Sig. Vulpetti e Salice si sono gentilmente messi a disposizione per descrivere il proprio sistema di controllo qualità e per raccontare come hanno affrontato l’imprevedibile situazione creatasi negli ultimi anni.
Il controllo dei materiali è un componente strategico per la riuscita del prodotto sotto l’aspetto funzionale ed estetico ed è gestito con controlli a campione a frequenza variabile a seconda dell’indice di affidabilità del prodotto e del fornitore dedotto dall’analisi storica della difettosità registrata nei controlli precedenti. In altri termini, più un prodotto o un fornitore si dimostrano affidabili, meno frequenti sono le verifiche sulla conformità in ingresso.
I controlli si basano su capitolati che specificano i requisiti dei materiali (composizione, durezza) e geometrici (rettilineità, concavità ecc.) secondo le best-practice più aggiornate.
Gli scostamenti rilevati dalle analisi a campione rispetto al capitolato danno origine a non conformità gestite a seconda della gravità. Il tracciamento serve anche a risalire alle forniture collegate a difetti emersi solo in controllo post produzione.
In questo contesto di “normalità”, l’arrivo della pandemia ha avuto due effetti nell’industria dell’arredamento.
Il primo è stata la nota e generalizzata carenza di materie prime dovuta al blocco dei trasporti e al rallentamento della produzione di acciaio. Il secondo è stato il boom di domanda di nuovi mobili dovuta agli obblighi di forzata permanenza della popolazione nelle proprie abitazioni, che ha portato ampie parti della popolazione a ripensare ai propri spazi domestici in funzione di una maggiore permanenza e delle incrementate esigenze di lavoro da remoto. L’azienda Salice si è attrezzata fin da subito nel diversificare i propri fornitori per garantire l’afflusso di materiali. Inoltre, e soprattutto, ha attivato per tempo un’approfondita ricerca di materiali alternativi.
La tempestività di questa operazione si è rivelata cruciale.
I clienti di Salice, ovvero i grandi nomi dell’arredamento, non erano infatti disposti ad alcun compromesso nella qualità delle forniture e pertanto il controllo qualità ha avuto bisogno del tempo necessario a individuare e validare i nuovi materiali affinché il prodotto risultasse idoneo senza rallentare il flusso produttivo. Il risultato finale è stato considerato positivo sia nel breve termine che nel lungo periodo perché ora Salice ha un bagaglio di know-how superiore ed è meglio attrezzata per fronteggiare avversità improvvise.
Sintesi
In conclusione il controllo di qualità (e la qualità in generale) ha senso solo se diventa parte della cultura dell’azienda.
Le procedure sono ormai insostituibili e concorrono, insieme a infiniti altri fattori, a determinare il valore e quindi il buon nome dell’azienda, che poi è il vero marchio di qualità, conta più di qualsiasi certificato e, non ultimo, aiuta a contenere i costi a una frazione di quelli derivanti, a merce già consegnata, dai reclami dei clienti.
Luca Cimmino
Bibliografia
- Roger W. Schmenner, «Produzione, scelte strategiche e gestione operative», Il Sole 24 ore Libri, 1987, 1996
- D. Montgomery, «Controllo Statistico della Qualità», Wiley (titolo originale “Introduction to Statistical Quality Control”)
- Autori vari, «Manuale di lavorazione della lamiera», Tecniche Nuove