Ingranaggi con sensoristica integrata: cosa succede al componente?

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Questo articolo mira a investigare l’effetto dell’integrazione dei sensori sulla capacità resistenziale di una ruota dentata e si propone di essere di ispirazione per il progettista.

Gli organi di macchina più classici ci circondano da secoli, se non millenni. Infatti, già il famoso meccanismo di Antikythera è uno dei primi sistemi a ingranaggi. Altro esempio è Eulero, che piò essere identificato come uno dei primi fondatori della teoria. Infatti, è lui che nel 1871 sviluppò la formulazione matematica dell’evolvente, ovvero la base degli ingranaggi moderni. Un altro caso simile sono i cuscinetti, che furono già studiati da Leonardo da Vinci durante i suoi studi sull’attrito. In ogni caso, nonostante gli organi di macchine siano dei componenti “abbastanza” noti e usati da secoli, la domanda industriale per un sistema meccanico che sia allo stesso affidabile e ad alta densità di potenza impone una constante e continua ricerca ai fini di migliorare tali componenti. In questo contesto,
ai fini di aumentare l’affidabilità del sistema (o almeno ridurre il verificarsi di cedimenti), le idee legate al monitoraggio strutturale – o Structural Health Monitoring (SHM) – svolgono un ruolo primario [1], soprattutto per quanto riguarda le macchine rotanti [2].

Focalizzandoci sulle trasmissioni a ingranaggi, lo stato dell’arte prevede il monitoraggio dell’intero sistema tramite sensori posizionati sulla cassa, piuttosto che sul singolo componente meccanico vista la difficoltà data dal dover posizionare e collegare dei sensori su un componente rotante. Ora, la ricerca in ambito SHM si sta spostando anche verso l’idea di un componente meccanico intelligente, che, oltre a svolgere il compito per cui è stato progettato, è capace di comunicare al mondo che lo circonda informazioni inerenti alle sue condizioni di lavoro, soprattutto la sua salute.

Al fine di studiare lo sviluppo di componenti meccanici intelligenti, è stato fondato il programma di priorità tedesco SPP2305, in cui sono presenti dieci progetti di ricerca focalizzati su differenti organi di macchine. Da un punto di vista meccanico, il requisito base per tutti questi progetti è che la elettronica deve essere posizionata all’interno del componente, senza requisiti di spazio addizione. Similmente, da un punto di vista elettronico, tutti i componenti devono comunicare con l’ambiente circostante senza l’uso di cavi, implicando quindi che il sistema elettronico debba auto-alimentarsi e comunicare wireless.

Esempi di componenti che verranno investigati all’interno del programma sono viti, chiavette, guarnizioni e, chiaramente, le ruote dentate. Questo articolo
vuole infatti presentare al pubblico di Organi di Trasmissione i primi risultati del progetto SIZA (Ruote dentate con sensori integrati, in tedesco: Sensorintegrierendes Zahnrad), in cui verrà sviluppato un prototipo di un ingranaggio intelligente.

In questo contesto, la letteratura ci fornisce di già esempi di componenti meccanici intelligenti: cuscinetti (es. [3-5]), chiavette [6], viti (es. [7,8]), viti a ricircolo di sfere (es. [9]). La fattibilità di una ruota dentata intelligente è già stata discussa in letteratura grazie ai lavori di Peters [10-12] e di Sridhar [13]. In ogni caso, questi pionieristici studi sono basati su ruote dentate a denti dritti, assemblati “all’interno” di una trasmissione aperta (dunque senza cassa) e i sensori sono stati semplicemente assemblati sul corpo ruota. Quindi, al fine di superare il problema dell’integrazione dei sensori e, giustamente, focalizzandosi solo su di essa, Binder [14] ha studiato e proposto l’uso delle tecnologie additive al fine di inserire i sensori all’interno del corpo ruota. Purtroppo, nonostante sia un processo molto vantaggioso dal punto di vista dell’integrazione della sensoristica, tale idea presenta numerose difficoltà di carattere tecnico.

Per prima cosa, in letteratura sono presenti pochi dati riguardo le capacità resistenziali di ruote dentate prodotte con tecnologie additive [15,16]. Inoltre, tale integrazione, se fatta durante le fasi di stampaggio, implica che la elettronica debba essere in grado di sopravvivere il trattamento termico, che, di fatto, è obbligatorio per gli ingranaggi ad alte prestazioni. Come alternativa, la ruota dentata potrebbe non essere trattata termicamente, con effetti peggiorativi sulle sue capacità resistenziali e, conseguentemente, sulle dimensioni della trasmissione. In questo frangente, l’implementazione di un sistema di monitoraggio all’interno di una ruota realizzata in un acciaio da cementazione risulta essere un’idea razionale. La sensoristica viene quindi assemblata solo dopo la realizzazione dell’ingranaggio, risolvendo così il problema dell’alta temperatura. Purtroppo, questa soluzione implica anche delle modifiche importanti al corpo ruota gli effetti non sono noti e devono essere investigati..

In questo articolo, al fine di discutere dell’implementazione di sensoristica in situ e di approfondirne l’effetto che questa ha su un ingranaggio, è stata scelta una trasmissione reale. Tale trasmissione, così come le sue ruote, sono già state oggetto di precedenti studi (es. [17–19]).

La Figura 1 mostra le modifiche che verranno realizzate nel corpo ruota per accomodare la sensoristica (e le sue schede) al di sotto dei denti. Come si nota, il corpo ruota verrà aggiornato con dei vani e saranno utilizzate macchine utensili classiche. In ogni caso, viste le importati modifiche, è ragionevole aspettarsi un aumento dello sforzo agente sul componente. Conseguentemente, la capacità resistenziale verrà influenzata anch’essa.

Purtroppo, la letteratura non presenta studi al riguardo. Questo articolo ha pertanto due differenti obiettivi. Da un lato, vuole capire l’effetto dell’integrazione dei sensori sulla capacità resistenziale di una ruota dentata. Dall’altro, grazie alla discussione critica delle scelte progettuali intraprese, vuole essere di ispirazione per il progettista che proverà a cimentarsi in questa sfida.

Definizione dei componenti

La trasmissione selezionata al fine dell’implementazione del sistema di SHM fa parte di un banco prova a ricircolo di potenza con interasse 112,5 mm. Le condizioni di esercizio massime tipicamente adottate su questo banco sono 1000 [Nm] di coppia a 3000 [rpm]. Il principio di funzionamento di questo banco prova è del tutto simile a quello del più noto banco prova con interasse 91.5 (Figura 2), il quale è parte dello standard ISO 14635 [25].

Il banco prova è composto da due trasmissioni con identico rapporto di trasmissione; una di queste risulta essere sovradimensionata (trasmissione di esercizio) al fine di localizzare in cedimento nell’altra (trasmissione di prova). Si rimanda il lettore interessato a questi banchi prova alla normativa ISO 14635 [25], dove è possibile trovare una loro descrizione dettagliata.

Il banco preso in considerazione adotta una coppia di ruote 22/24, calettata sull’albero tramite interferenza conica. I dettagli geometri di tale coppia di ruote sono riassunti nella Tabella 1.

Le ruote sono state realizzate in 18CrNiMo7-6 e sono state sottoposte a un trattamento di cementazione di livello industriale.

I fattori di sicurezza per la fatica flessionale a piede dente e per il pitting sono riportati anch’essi all’interno della Tabella 1.

Dato che tali ruote sono state utilizzate in progetti di ricerca precedenti riguardanti la fatica da contatto, la geometria della ruota è stata definita in maniera tale da avere un alto distacco tra i due cedimenti.

Spostandoci ora sull’aspetto elettronico e sensoristico, il sistema che verrà implementato all’interno della ruota è stato definito sulle base dello stato dell’arte così come sull’esperienza degli autori.

Per prima cosa, due accelerometri verranno usati al fine di misurare le vibrazioni torsionali, come già adottato in precedenti studi [26,27]. Una termocoppia, inserita il più vicino alla zona di contatto, servirà a misurare la temperatura del dente, la quale può essere associata a danneggiamenti tribologici [28,29].

Altra sensoristica che verrà implementata è rappresentata da un sensore capacitivo ai fini di ottenere informazioni riguardanti la velocità di rotazione e dei microfoni, usati come alternativa economica agli accelerometri.

I sensori verranno gestititi da un microcontrollore, che elaborerà i segnali e fornirà le informazioni riguardo lo stato di salute.

Durante il progetto, la connessione delle schede con il mondo esterno evolverà gradualmente da una connessione cablata (tramite collettore rotante) a una connessione wireless.

Similmente, anche l’alimentazione del sistema passerà da essere fornita da una
fonte esterna, per poi essere integrata (batterie, tecniche di energy harvesting).

I sensori e il microcontrollore sono stati scelti appositamente di livello medio. Tutti gli aspetti inerenti alle tecniche di misura e ai software sono attualmente soggetto di ricerca e future pubblicazioni.

 

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