Manifattura additiva allo stato solido. Deformazione meccanica

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La seconda categoria di manifattura additiva allo stato solido è costituita dalle tecniche basate sulla deformazione meccanica in cui il legame tra gli strati e/o le particelle è ottenuta grazie a un’elevata deformazione plastica. Quindi, se nelle tecnologie descritte precedentemente l’energia primaria per l’attivazione del legame era energia termica, nelle tecnologie basate sulla deformazione plastica l’energia che abilità il processo è quella cinetica. Essa può essere indotta da ultrasuoni, attrito o impatto ad alta velocità di particelle di polvere su un substrato solido.

La produzione additiva ad ultrasuoni

La produzione additiva ad ultrasuoni è del tutto simile ad una saldatura ad ultrasuoni in cui lamine di metallo (lo stesso o diverso) sono “accatastate” una sopra l’altra e, grazie appunto a vibrazioni ultrasoniche (>20 kHz) e ad una forza applicata in direzione normale alla lamina da saldare, si realizza il legame tra le stesse. Il processo è periodicamente interrotto per conferire all’oggetto la forma finale tramite ulteriori lavorazioni. Differentemente dagli altri processi descritti, questo non è parte dei metodi di manifattura annoverati come freeform.

La tecnologia additive friction stir

La tecnologia additive friction stir è un processo termomeccanico in cui un materiale di alimentazione, in forma di bacchetta o polvere, viene erogato attraverso un cilindro cavo. Quest’ultimo, ruotando a velocità elevata, genera calore per attrito che “ammorbidisce” il materiale di riempimento e lo fa aderire alla superficie del substrato.

Questo è un processo abbastanza nuovo in cui la temperatura nella zona di lavorazione raggiunge picchi che arrivano al 90% della temperatura di fusione del materiale. Per questo motivo, il controllo dei parametri di processo è uno degli aspetti più critici di questa tecnologia. Nonostante le elevate temperature raggiunte non è richiesto al processo di avvenire in atmosfera controllata in quanto i picchi di temperatura sono solamente locali. Quest’ultimo aspetto lo rende particolarmente vantaggioso per l’implementazione di strategie di riparazione on-site.

Inoltre, dati i meccanismi di giunzione del materiale, è anche possibile produrre componenti massicci di materiale composito a matrice metallica, come ad esempio compositi a matrice di alluminio con particelle di carburo di silicio (Al-SiC). La tecnologia additive friction stir ha attirato, in particolare, l’attenzione dell’industria aerospaziale (Airbus, Boeing) proprio grazie alla sua scalabilità e capacità di costruire strutture leggere da questo tipo di materiale. Tuttavia, essendo una tecnologia molto complessa e difficile da controllare e implementare, nemmeno letteratura scientifica non riporta ancora numeri significativi come quelle di altre tecnologie additive.

La tecnologia Cold Spray

L’ultima tecnologia facente parte di questa categoria è il Cold Spray. Nonostante questa tecnologia sia stata concepita negli anni ’80 come tecnica per la finitura superficiale, oggi viene annoverata tra le tecnologie di manifattura additiva. La deformazione meccanica, e il conseguente legame che costituirà il componente finale, è ottenuta grazie a particelle di polvere metalliche “sparate” a velocità supersonica contro il substrato metallico.

La materia prima viene portata nella zona di lavorazione da un flusso di gas freddo e quindi accelerata a velocità supersoniche in un ugello da un altro flusso di gas (tipicamente aria, elio o azoto) caldo. L’energia cinetica di queste particelle viene quindi convertita (quasi) totalmente in deformazione plastica all’impatto. Le temperature del flusso caldo possono variare dai 25 ai 1000°C in funzione del tipo di materiale e dalla lavorazione che si vuole ottenere.

Per quanto riguarda le velocità in gioco, l’impatto deve avvenire al di sopra di una certa velocità critica per garantire un’adeguata adesione del materiale al substrato. Questa velocità critica dipende da molti fattori, tra i quali alcuni legati al materiale (densità, duttilità, resistenza, proprietà termiche, temperatura di preriscaldamento, granulometria della polvere) e alcuni legati all’impatto per-se (angolo di impatto e temperature iniziali del substrato e delle particelle). In generale, leghe con proprietà meccaniche elevate (ad esempio, leghe di titanio o nickel) richiedono velocità anche superiori a 700-1000 m/s mentre con leghe più tenere (ad esempio, quelle rame) si può scendere fino a 500 m/s.

Uno dei grandi vantaggi di questa tecnologia è sicuramente la grande varietà di materiali utilizzabili sia come substrato che come particelle: polimeri, materiali ceramici, metallici ma anche compositi a matrice metallica. Inoltre, data la natura stessa del processo, esso risulta essere (relativamente) più semplice da controllare, in termini di parametri di processo, rispetto alla tecnologia additive friction stir. In effetti, negli ultimi anni, l’utilizzo di questa tecnologia si è consolidato come metodo di rivestimento superficiale e sta sempre più prendendo piede nella manifattura di componenti e nella loro riparazione.

Conclusioni

Grazie alla grande varietà di materiali processabili unite alla capacità di abilitare una produzione multimateriale, le tecnologie additive metalliche allo stato solido si offrono oggi come valide alternative rispetto alle corrispettive basati sui fasci di energia.

Essendo relativamente nuove sul mercato, la loro diffusione commerciale non è ancora ai livelli delle tecnologie basati su fasci laser ma, stante il crescente numero di articoli scientifici sull’argomento, ci si può aspettare che nel prossimo futuro esse vadano a complementare il portafoglio di tecnologie additive oggi presenti.

I componenti strutturali in metallo svolgono un ruolo fondamentale in un’ampia gamma di settori, dall’aerospaziale e automobilistico alle infrastrutture e alla difesa. In servizio, questi componenti possono subire una notevole usura, affaticamento termico, erosione, corrosione o reazioni chimiche, con conseguenti significativi danni superficiali o addirittura volumetrici. La sostituzione di questi componenti è spesso dispendiosa dal punto di vista energetico ed economicamente impraticabile. La riparazione strutturale, che mira a ripristinare la geometria originale consentendo al contempo buone prestazioni meccaniche dopo la riparazione, può compensare notevolmente i costi. Sebbene gli approcci basati sulla fusione possano essere applicati a varie geometrie di riparazione con buona precisione ma, proprio a causa dei cicli termici durante la lavorazione, essi portano inevitabilmente a problemi cruciali che incidono sulle prestazioni meccaniche (porosità di solidificazione, elevate sollecitazioni residue, cricche a caldo). Per risolvere o minimizzare questi inconvenienti, si possono impiegare tecnologie allo stato solido che sfruttano la vibrazione ultrasonica, l’attrito o l’impatto delle particelle. Attualmente, due tecnologie allo stato solido soddisfano il requisito, il cold-spray e la deposizione additive friction stir.

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