Applicazioni pneumatiche in odontoiatria

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L’uso dell’aria compressa in queste apparecchiature offre all’odontoiatra e al dentista un ambiente di lavoro pulito, sicuro e non invasivo per il paziente.

L’aria compressa trova impiego in svariate applicazioni che non sempre fanno riferimento alle competenze tradizionali dell’automazione industriale, ma a specifici ambiti come l’azionamento di particolari dispositivi medicali ad uso dentistico: turbine ad alta velocità, aria medica per l’aspirazione e soffiaggio, autoclavi per la sterilizzazione, trattamento e generazione dell’aria compressa. Infatti la pneumatica non è solo automazione nel significato più ampio, ma riguarda diversi settori come quelli connessi alla sanità, sia in uno studio dentistico sia in ambito ospedaliero.

Storicamente nel 1868, George F. Green inventa uno dei primi prototipi di trapano dentale, che aveva come principio di funzionamento proprio la pneumatica, dove l’aria generata attraverso un pedale a soffietto veniva utilizzata per far girare la turbina. Bisognerà attendere quasi 80 anni quando, nel 1949, John Patrick Walsch brevettò il primo manipolo a turbina ad aria, che fu poi ingegnerizzato e successivamente perfezionato sino ai giorni nostri.

Attualmente ci sono due tipi di manipoli che sono fra quelli ordinariamente usati: ad aria ed elettrici. Ciascuno dei tipi di manipoli può soddisfare un differente tipo di necessità all’interno di uno studio odontoiatrico, e dato che ambedue i tipi di manipoli offrono diversi vantaggi, è consigliabile usare entrambe le varianti per le procedure verso le quali sono più adatte.

Turbine odontoiatriche

La turbina (Figura 1) viene definita come uno strumento rotativo odontoiatrico, realizzata in lega metallica d’acciaio o alluminio, impiegato in odontoiatria per eseguire diversi trattamenti, utilizzando aria compressa per azionare un pezzo più piccolo, generalmente frese dentali, che hanno un contatto diretto con il dente. I manipoli sono costituiti da un corpo e una testa. Il corpo in metallo contiene canali per la direzione dell’aria e dell’acqua, mentre la testa contiene un rotore e il sistema di fissaggio della fresa, che può essere a pulsante per la turbina o il contrangolo o con sistemi di fissaggio specifici (manipolo diritto).

L’aria compressa è fornita dal compressore medicale che comprime l’aria fino ad arrivare alla pressione di 8 bar all’interno del proprio serbatoio; a mano a mano che l’aria nel serbatoio è utilizzata dalla turbina odontoiatrica o dalla siringa, la pressione scende a circa 5 bar, livello a cui si riattiva il compressore per aumentare nuovamente la pressione, mentre per la regolazione della pressione erogata allo strumento vi è una valvola proporzionale. Questa modera il passaggio dell’aria in funzione dell’azionamento progressivo del comando a piede. Nel caso della turbina odontoiatrica, la pressione d’esercizio si attesta fra 2 e 3 bar.

La tecnologia delle turbine è in continua evoluzione, protetta da brevetti da parte di ogni azienda produttrice; una turbina odontoiatrica raggiunge una elevata velocità, fino a 500.000 giri al minuto, rispetto ai micromotori elettrici dove la velocità non supera i 40.000÷50.000 giri al minuto, con rapporti di trasmissione 1:1. La turbina odontoiatrica (Figure 2-3) è costituita sostanzialmente da un rotore o girante che ruota attraverso l’energia cinetica trasmessa dall’aria compressa e che indirettamente fa ruotare la fresa montata sull’estremità dello strumento.

I modelli si distinguono a seconda della coppia generata e in generale, grazie alla loro grande velocità attualmente non raggiunta dai micromotori elettrici, consentono di ottenere l’azionamento di microutensili con una grande capacità di taglio. Normalmente il trapano odontoiatrico ha una testina con tre o più fori: il primo corrisponde al mandrino che serra la fresa, il secondo getta acqua, il terzo libera aria. La combinazione di aria e acqua forma lo spray che serve principalmente a raffreddare la fresa, il dente e la zona da trattare che, altrimenti, potrebbe subire danni alla polpa causati del calore nel caso sia vivo; inoltre, in questo modo, si mantiene detersa la parte su cui si sta operando. La velocità di rotazione di una turbina utilizzata, presso uno studio odontoiatrico, in genere è al massimo tra i 350.000÷400.000 giri al minuto, essa scende, durante le fasi di lavorazione, di taglio o fresatura, intorno ai 250.000 giri al minuto. La velocità del rotore è ottenuta tramite una microregolazione dell’aria interna al condotto; la stabilità del rotore è garantita dall’uso di cuscinetti a sfere in ceramica a basso attrito volvente e minimo effetto inerziale, oltre che da un’accurata selezione dei materiali, da uno studio geometrico ed ergonomico del supporto, tale da posizionare il baricentro in punti che limitino al massimo sollecitazioni e vibrazioni al paziente sottoposto all’intervento; per tal motivo la forma dei rotori e il numero di palette disposte su una o più file, può cambiare.

Esistono in commercio varie tipologie di turbine odontoiatriche, con cuscinetti a sfera, in acciaio o ceramici, che si differenziano per costi, velocità e coppia, dotati di attacchi: c’è il Midwest, che è lo standard ISO, poi ci sono una serie di “attacchi rapidi” proprietari, prodotti dalle diverse case produttrici, tra cui il Multiflex (Kavo) e il Ceramic Freedom (Cefla).

I cuscinetti a sfera in ceramica sono dotati di anelli in acciaio temprato e sfere in nitruro di silicio (ceramica). I cuscinetti a sfera in acciaio sono invece dotati di anelli e sfere in acciaio. Una turbina odontoiatrica mediamente pesa 50÷70 grammi; l’aria interna circola ad una pressione di 2,5÷2,8 bar, ha una portata massima di acqua di 60 ml al minuto a 1,2 bar, rumore ridotto rispetto ai micromotori elettrici e pa- ri a 55÷60 db; infine, la potenza varia dai 17 ai 22 W.

Per quanto riguarda la pulizia e la sterilizzazione della turbina, la procedura standard prevede la detersione, disinfezione, asciugatura, lubrificazione, imbustamento e sterilizzazione in autoclave (Figura 4). Prima che gli strumenti vengano inseriti dentro le buste e, successivamente, nell’autoclave, bisogna preliminarmente effettuare la rimozione meccanica dei detriti presenti sugli strumenti. Il metodo più utilizzato per la sterilizzazione è quello dell’uso di un’autoclave a vapore. Il calore del vapore ottiene il risultato di deattivare e determinare la riduzione logaritmica della carica batterica. In Figura 5 è mostrato l’interno di un’autoclave di ultima generazione, mentre in Figura 6 è raffigurato uno schema di uno dei diversi programmi di sterilizzazione, che prevedono parti del ciclo in sovrapressione e parti in depressione.

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