L’Istat “tasta il polso” al Paese

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Presentato il “Rapporto annuale Istat 2023” sullo stato di salute del Sistema Italia. Si tratta di un’istantanea (comprensibilmente) fra luci e ombre. Ma sono diversi i segnali positivi.

Lo scorso 7 luglio, a Palazzo Montecitorio (Roma), il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, ha presentato il “Rapporto annuale 2023. La situazione del Paese“. Ecco, in sintesi, ciò che è emerso.

Dopo il Covid, nuove criticità

Terminato nel primo trimestre 2022 lo stato di emergenza sanitaria nazionale, nel corso dell’anno sono emersi nuovi elementi di criticità. Il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, accentuato dal conflitto in Ucraina, ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con rilevanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie. Nonostante l’attenuarsi della fase più critica della crisi energetica, nel primo trimestre 2023, l’andamento dell’inflazione condizionerà l’evoluzione dei consumi e dei salari reali nel prossimo futuro.

Buoni segni…

Non mancano, tuttavia, segnali favorevoli. Nel 2022 è proseguita la fase di recupero dell’attività produttiva iniziata nel primo trimestre 2021. A fine anno il saldo commerciale è tornato in attivo. Dati incoraggianti arrivano dal mercato del lavoro, in cui all’aumento degli occupati si è associata la diminuzione dei disoccupati e degli inattivi. Nel primo trimestre 2023 si registra una dinamica congiunturale positiva per il Pil, superiore a quella delle altre economie dell’Unione europea, trainata soprattutto dal settore dei servizi.

… ma occhio al manifatturiero

La manifattura mostra invece segnali di rallentamento. Sul fronte demografico, gli effetti dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più evidenti: il consistente calo delle nascite registrato nel 2022 rispetto al 2019, circa 27 mila nascite in meno, è dovuto per l’80% alla diminuzione delle donne tra 15 e 49 anni di età e per il restante 20% al calo della fecondità. L’invecchiamento è destinato ad accentuarsi nei prossimi anni, con effetti negativi sul tasso di crescita del Pil pro capite.

Investire sulle nuove generazioni

Investendo sul benessere delle nuove generazioni, si può fare in modo che l’insufficiente ricambio generazionale sia in parte compensato dalla loro maggiore valorizzazione. Gli indicatori che riguardano il benessere dei giovani in Italia sono però ai livelli più bassi in Europa. Le notevoli risorse finanziarie messe in campo per uscire dalla crisi dovrebbero supportare investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere dei giovani nelle diverse fasi dei percorsi di vita, intervenendo fin dai primi anni di vita.

Simone Finotti

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