Piegare: prima di tutto… questione di logica!

Emiliano Corrieri

Condividi

In un mondo sempre più “tecnologizzato” si fa sempre più fatica a utilizzare capacità tipiche umane, come quella dell’astrazione, per approcciarsi a problematiche potenzialmente non banali. Insomma, smettiamo di essere tecnici per spiegare cose tecniche!

La piegatura della lamiera è una lavorazione che si sta sempre di più evolvendo non tanto nei concetti di fondo, quanto nella gestione e nella “accessibilità”.

La tecnologia fa passi costanti verso un futuro composto da macchine che possano essere usate da operatori con poca o nessuna esperienza perché la competenza, quella vera, può essere diffusa grazie a software CAM, attrezzaggi automatici e un sacco di altri ritrovati che rendono la vita più semplice a tutti: aziende e operatori.

Nonostante ciò, la realtà del mercato è ancora dominata dalla lavorazione manuale, quella fatta “come una volta”, paradossalmente anche quando i sistemi ci sono in azienda per compiere quel passo tecnologico per cui sono stati pensati.

Personalmente trovo necessario, indipendentemente dall’automazione, che un operatore che si affaccia al mondo della piegatura debba conoscere le logiche di base che portano dalla messa in tavola, allo sviluppo, al linguaggio macchina indipendentemente dall’interfaccia.

Anche se non sarà lui la persona proposta a calcolare gli sviluppi, o a gestire direttamente la programmazione, è bene che un fondo di consapevolezza ci sia per non incappare presto o tardi in errori dolorosi per l’azienda che potrebbe, umanamente, scaricare le colpe sull’operatore non sufficientemente formato.

Un esempio banale: quote esterne o interne?

Se c’è una cosa che ho imparato in questi intensi anni di formazione, anche con persone senza nessuna esperienza tecnica pregressa, è non dare assolutamente nulla per scontato.

Ciò che per un operatore che conosca il disegno tecnico di base è perfettamente ovvio, può rivelarsi un ostacolo mentale apparentemente insormontabile per un altro.

Prendiamo atto che non tutti abbiamo giocato con il Meccano da bambini o, banalmente, abbiamo usato un metro, un righello o una squadra in vita nostra.

Oggigiorno, poi, è più facile che la bidella conosca come si calcola la circonferenza del cerchio che gli studenti della scuola in cui lavora.

Detto questo, un trucco per aiutare le nuove risorse che possono sì farci arrabbiare ma che dobbiamo rispettare e tenerci strette vista la loro scarsità (accontentiamoci della serietà delle persone, competenza che nessuna formazione può instillare), è cercare di calare con degli esempi la materia trattata nella vita di tutti i giorni.

Non è semplice: ma con un po’ di fantasia si ottengono risultati straordinari.

In poche parole… dobbiamo smettere di essere tecnici per spiegare cose tecniche!

Ed ecco un esempio pratico.

Tutti noi sappiamo che il disegno tecnico è un linguaggio universale con una grammatica e una sintassi e che può essere proposto in tanti modi ma che… può essere letto in uno solo!

Il progettista può non essere a conoscenza di quale sia la via più facile per il piegatore, sempre ammesso che abbia l’interesse a semplificare la lettura dei disegni specificatamente per lui.

Ed ecco che, come nella figura 1, una “Z” di lamiera piegata può essere descritta in quattro modi differenti senza che materialmente sia cambiata di una virgola!

Il piegatore dovrebbe trovarsi a dover “tradurre” in scioltezza una quota “esterna” in una “esterna-interna” in una “interna-interna” in una “interna-esterna”: quanti neo-operatori sono in grado di farlo senza troppo starci a pensare?

Meno di quanto pensiamo.

Il problema risiede nell’incapacità di astrazione che non permette a molte persone di capire la funzione corretta delle linee di riferimento, condizione che porta a non pochi problemi!

Per esperienza mi sono accorto che ci si concentra subito sulle quote, i numeri, senza accorgersi cosa viene descritto realmente.

Un aiuto valido è quello di spiegare il concetto usando le mani e indicando uno o più oggetti qualsiasi: a quel punto il ragionamento è acquisito dalla quasi totalità delle persone: sarà solo questione di abitudine nel guardare nel modo giusto i disegni!

Con i palmi delle mani indichiamo le misure esterne (chiamiamole “fuori”) e con i dorsi le misure interne (chiamiamole “dentro”).

Data prima la dimensione degli oggetti dell’esempio (ogni mela ha un diametro di 70mm), risulterà banale vedere che:

  • nella figura 2a la quota esterna-esterna sarà di 300 mm;
  • nella figura 2b la quota esterna-interna sarà di 230 mm;
  • nella figura 2c la quota interna-interna sarà di 160 mm.

Va da sé che le nostre braccia rappresentano le importantissime linee di riferimento, le spalle sono le frecce e la nostra testa… la quota!

Ora, a seconda di quale sia l’abitudine in produzione, è necessario uniformare le informazioni per il controllo numerico.

Se lavoriamo con le misure esterne, condizione preferibile in prima battuta per un neo-piegatore, la quota della X da inserire sarà sempre e comunque 300 per l’esempio delle mele e 30 per la Z della figura A.

quote
Figura 3 – Lo sviluppo del particolare riportato in figura 1

Un passo oltre… dove si “piazza” realmente l’asse X per consentirci di ottenere la piega richiesta?

Ecco… qui un concetto da trasmettere in seguito per non creare confusione.

Per essere sincero, ho trovato moltissimi piegatori con esperienza che non l’avevano fatto proprio a causa di un’abitudine acquisita passivamente nel tempo e tramandata di generazione in generazione.

Immaginiamo che lo sviluppo del particolare in figura 1 abbia lo sviluppo di figura 3.

La reale X della prima piega da 30 mm sarà pari a 27,3 mm (figura 4).

La seconda piega che viene ottenuta appoggiandosi su quella appena fatta avrà ancora ovviamente una X reale di 27,3 mm, non 27,6!

quote
Figura 4 – La reale X della prima piega da 30 mm sarà pari a 27,3 mm

L’errore frequente sta nel fatto che sì, adesso c’è uno spessore da considerare, ma la deduzione di piega non vale 2 x S come da vecchio metodo, bensì 5,4 mm che vanno suddivisi a metà e sottratti dal valore della quota esterna richiesta.

In conclusione: la piegatura è esperienza prima di tutto, ma non solo!

Una formazione fatta in maniera pratica e certosina aiuta a evitare gli errori e le cattive abitudini e convinzioni tipiche dell’autodidatta.

Sì, perché la formazione fornisce quei “puntini” che l’esperienza permetterà di unire, proprio come alcuni giochi di un noto giornale di enigmistica.

P.S.: grazie a mio figlio Edoardo di 8 anni per il contributo nel gruppo delle figure 2a-2b e 2c!

Articoli correlati