La sicurezza negli ambienti di lavoro: facciamo il punto

Enrico Pasotto

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Gli infortuni sul lavoro connessi all’uso di macchine e attrezzature sono numerosi e spesso gravi. L’attenzione del legislatore verso le problematiche della sicurezza delle macchine è stata sempre elevata. In questo approfondimento vediamo i passi che sono stati fatti nel nostro paese dal punto di vista normativo.

Se si digita su Internet la parola chiave “Safety Press Brake”, si trova un documento di un noto costruttore giapponese, molto attento alla sicurezza delle macchine che costruisce.

Nelle prime righe di questo testo si legge:
«The Industrial Safety and Health Act states that employers must take machine safeguarding measures».
Che tradotto in italiano significa: «La legge sulla sicurezza e sulla salute industriale afferma che i datori di lavoro devono adottare misure di sicurezza per i loro macchinari».
Questa dichiarazione è il fulcro delle norme che si sono poi susseguite nel tempo e che hanno individuato nel datore di lavoro la responsabilità di adeguare le macchine presenti nella sua azienda allo stato dell’arte con lo scopo di evitare infortuni sul lavoro.

Un inquadramento storico

La prima produzione normativa in tema di sicurezza sul lavoro risale alla fine del secolo XIX, scaturita dall’esigenza di tentare di arginare il fenomeno infortunistico derivato dalla crescita senza regole del lavoro all’interno delle fabbriche e dall’uso sempre più diffuso e spregiudicato di macchinari ed attrezzature privi delle più elementari misure di sicurezza.

Il problema della sicurezza sul lavoro è nato, infatti, con l’esplodere della rivoluzione industriale del secolo XIX che ha comportato il fenomeno dell’esodo e del trasferimento dalle campagne alle città di un gran numero di persone alla ricerca di un impiego nelle nuove fabbriche, fornendo la mano d’opera che serviva per la produzione di beni e di servizi su larga scala. Ben presto però i lavoratori, sia per l’insalubrità dei luoghi di lavoro, sia a causa della drammaticità delle condizioni di lavoro in cui si imbatterono, cominciarono a organizzarsi, anche a livello sindacale, e ad avanzare pretese di miglioramento delle loro condizioni lavorative sia in tema di sfruttamento che di sicurezza e di salubrità dei luoghi di lavoro.

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Risultava pertanto essenziale definire una regolamentazione nel campo della sicurezza e di infortuni sul lavoro: a fine Ottocento sono state emanate le prime disposizioni di legge che, con il passare del tempo, sono state sostituite da nuove e sempre più complete norme, dovendo la legislazione necessariamente adattarsi all’evoluzione del progresso tecnologico e all’instaurarsi di nuove modalità produttive che comportavano l’introduzione di nuovi rischi per la salute dei lavoratori.

Tre tappe fondamentali

Il quadro normativo in materia di sicurezza e di salute sui luoghi di lavoro può essere scisso in tre momenti storici.

Il primo è rappresentato dal codice civile del 1865, in vigore alla legislazione degli anni Cinquanta. In origine, vale a dire con il codice civile del 1865, si parlava di responsabilità basata sulla colpa; poi con la L. 80/1898, che introdusse l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, si è fatto strada il concetto della responsabilità oggettiva del datore di lavoro limitata alla “riparazione del danno”, la quale comportava il “ristoro economico” per il lavoratore che subiva l’infortunio.

Il secondo è costituito dalle norme emanate dagli anni Cinquanta fino agli anni Ottanta del Novecento, nate allo scopo di conciliare le esigenze di cambiamento delle realtà politiche sociali e industriali a seguito del periodo “dopo guerra” con il bisogno sempre più esigente di una tutela di sicurezza nel mondo del lavoro in questo periodo.

La genericità dell’obbligo di sicurezza disposto dall’art. 2087 c.c. ha evidenziato che il quadro normativo italiano, in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, dovesse essere arricchito da nuove disposizioni più specifiche e tecniche. Infatti, la L. 12 febbraio 1955 n. 51, delegando il Governo ad emanare norme in materia di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, ha dato vita ad una serie di provvedimenti: alcuni di carattere generale e altri di carattere speciale.

Questo corpus normativo ha il merito di aver, da un lato, esteso il campo di applicazione delle norme antinfortunistiche a tutte le attività alle quali siano addetti lavoratori subordinati e, dall’altro, individuato specifici obblighi in capo al datore di lavoro, dirigente, preposto, costruttori e lavoratori.

Negli anni 1955-56 sono state promulgate una serie di norme di riferimento che permettono l’applicazione sistematica dei principi stabiliti dagli articoli della Costituzione e del Codice Civile prima citati; in particolare si ricorda il D.P.R. n. 547 del 1955 che stabilisce le «regole per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle attività produttive in generale».

Il terzo è costituito dalle norme emanate dagli anni Novanta fino a oggi, come conseguenza del recepimento delle direttive Comunitarie e della consapevolezza del coinvolgimento dinamico dei lavoratori nella gestione della sicurezza aziendale.

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Avvenne quindi un fondamentale passo in avanti per una regolazione più articolata e complessiva della sicurezza sul lavoro, coerentemente con quanto previsto dalle Direttive europee, con l’emanazione del D. Lgs. 626/94, poi successivamente modificato da altri Decreti Legislativi (tra i quali, il n. 242/1996, il n. 25/2002, il n. 195/2003).

Il Nuovo Testo Unico in materia di sicurezza e salute sul lavoro

Il 1° aprile 2008 il Consiglio dei Ministri ha approvato il “Nuovo Testo Unico in materia di sicurezza e di salute sul lavoro”; si tratta di un Decreto Legislativo (D.Lgs.n. 81/808) che riordina in un corpo organico tutta la materia della salute e della sicurezza sul lavoro, abrogando tutte le precedenti normative, ivi compresi il D. Lgs 626/94 e il D. Lgs 494/1996. I punti salienti del D.Lgs. 81/2008 risultano quindi essere:

  • l’obbligo per il datore di lavoro di ogni tipologia di azienda, nel settore pubblico e privato, di valutare tutti i rischi relativi alla specifica attività lavorativa dei suoi dipendenti con la conseguente stesura di un documento (Documento di Valutazione dei Rischi o DVR) contenente la suddetta valutazione e il programma delle misure ritenute opportune per garantire la sicurezza dei lavoratori;
  • l’obbligo per il datore di lavoro di ogni tipologia di azienda, nel settore pubblico e privato, di istituzione del Servizio di Prevenzione e Protezione con la designazione del suo Responsabile (RSPP) e degli Addetti (ASPP), figure in possesso dei requisiti professionali e delle capacità previsti dall’art. 8 bis adeguati per ottemperare ai compiti indicati nell’art. 9, consistenti nell’individuazione dei fattori di rischio, nella loro valutazione, nell’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nonché nel proporre programmi d’informazione e di formazione per i lavoratori;
  • l’obbligo di nominare il Medico Competente (MC) per l’attuazione della sorveglianza sanitaria nei casi in cui la valutazione dei rischi abbia evidenziato pericoli per la salute dei lavoratori, tramite accertamenti preventivi e periodici, per tenere sotto controllo la loro salute;
  • l’obbligo per il datore di lavoro di ogni tipologia di azienda, nel settore pubblico e privato, della designazione dei lavoratori incaricati delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio, evacuazione dei lavoratori, primo soccorso, e, più in generale, gestione dell’emergenza;
  • l’individuazione da parte dei lavoratori del/i Rappresentante/i dei lavoratori per la Sicurezza (RLS);
  • l’obbligo per il datore di lavoro di ogni tipologia di azienda, nel settore pubblico e privato, di informazione e formazione dei lavoratori in materia di igiene e di sicurezza sul lavoro, tenuto conto di quanto emerso dalla valutazione dei rischi;
  • l’individuazione di precise sanzioni per i vari soggetti responsabili in azienda (datore di lavoro, dirigenti, preposti) in caso di inosservanza degli adempimenti posti a loro carico dal decreto medesimo.

Il datore di lavoro deve adottare un vero e proprio processo di “risk assessment”, che prevede una fase di identificazione e valutazione dei rischi e del loro impatto, nonché delle raccomandazioni per la loro riduzione.

In particolare, con l’adozione del risk assessment, si comincia a delineare una bozza di “risk management”, processo attualmente indispensabile per gestire il rischio.

Una disposizione, per così dire, “rivoluzionaria” del Decreto 626 è l’obbligo di sicurezza da parte del lavoratore previsto dall’art. 5; quindi non più solo obblighi per il datore di lavoro, in quanto tale articolo prevede che ciascun lavoratore debba prendersi cura della salute e della sicurezza propria e di tutte le altre persone che sono presenti sul luogo di lavoro (colleghi o altri), e sui quali possono ricadere gli effetti nocivi delle sue azioni od omissioni. Se il lavoratore non adempie a questa obbligazione di sicurezza, causando a se stesso o ad altri un danno o infortunio, è soggetto al potere disciplinare del datore di lavoro e quindi è punibile con una sanzione disciplinare nella stessa maniera come se svolgesse una prestazione lavorativa in modo poco diligente o tale da creare un disservizio.

L’ampliamento normativo

Il D. Lgs. 81/2008, corretto e integrato dal successivo D. Lgs. 106/2009, emanato dall’Esecutivo su delega del Parlamento, ha armonizzato, razionalizzato e coordinato la massa di disposizioni legislative che, durante mezzo secolo, si erano affastellate rendendo incerta l’applicazione puntuale delle misure di sicurezza nei luoghi di lavoro.

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Suddetto decreto è composto da 306 articoli compresi in 13 titoli e 51 allegati: in esso è stato trasfuso, insieme ad altre norme, il D. Lgs. 626/94. e prevede l’ampliamento del campo di applicazione del quadro normativo in materia di salute e sicurezza anche nei confronti del settore del lavoro autonomo, delle imprese familiari e in tutte le tipologie contrattuali generalmente riconducibili alla definizione di “lavoro flessibile”. Con il D. Lgs. n. 81/08 si perfeziona quel processo evolutivo per cui:

  • la materia prevenzionale non è più statica, ma dinamica, legata all’evoluzione della tecnologia e dei modi di produzione dei beni e dei servizi e idonea a consentire un pronto aggiornamento delle misure di sicurezza;  
  • si passa da un modello di protezione oggettiva, finalizzato a garantire un ambiente di lavoro tecnologicamente sicuro, a un modello di sicurezza basato essenzialmente su “comportamenti operativi dei lavoratori soggettivamente sicuri”.

In conclusione

Vediamo quindi che l’evoluzione normativa che parte dal lontano codice civile del 1865 passando per il D.P.R. n. 547 del 1955, arriva ai giorni nostri con il D. Lgs. 626/94 e si conferma con il D. Lgs. n. 81/08 che afferma che la sicurezza nell’utilizzo delle macchine e delle attrezzature di lavoro è uno degli aspetti principali del sistema di prevenzione dei rischi di natura antinfortunistica nelle aziende produttive e in particolar modo quelle nel settore manifatturiero. È obbligo fondamentale del Datore di lavoro (art. 71 D. lgs 81/08), prima ancora di effettuare un’adeguata formazione, mettere a disposizione dei lavoratori macchine, apparecchiature e impianti intrinsecamente sicuri.

Per quanto detto, prima di far utilizzare a un lavoratore un’attrezzatura di lavoro qualsiasi, è necessario che quest’ultima sia dotata di tutti i requisiti di sicurezza previsti dalla normativa (marcatura CE o requisiti di cui all’Allegato V e VI del D. Lgs.81/08 Testo Unico Salute e Sicurezza sul Lavoro).

Gli infortuni sul lavoro connessi all’uso di macchine e attrezzature sono numerosi e spesso gravi. L’attenzione del legislatore verso le problematiche della sicurezza delle macchine è stata sempre elevata. Le norme, oggi vigenti, che regolamentano questo settore consentono di assicurare livelli di sicurezza più che soddisfacenti.

Non sempre, però, analoghi livelli di sicurezza sono assicurati nelle macchine di qualche anno fa; da qui nasce l’esigenza del loro adeguamento, per renderle più sicure e avvicinarle agli standard di sicurezza di quelle nuove in commercio.

La giurisprudenza conferma questo orientamento interpretativo delle norme in materia di sicurezza che prevedono l’obbligo di verificare costantemente, anche con il passare del tempo, la rispondenza delle attrezzature di lavoro, rispetto all’epoca della loro produzione, ai requisiti previsti dalla legge in tema di sicurezza per i lavoratori (anche in conseguenza a innovazioni normative e aggiornamenti tecnologici), fino al punto di non consentire l’utilizzo dell’attrezzo ove non sia possibile applicarvi apparati di protezione.

Non a caso, quando accade un grave infortunio in cui il macchinario è la causa dell’incidente, si deve dimostrare alle autorità che, oltre ad avere tutti i dispositivi di sicurezza in efficienza, l’attrezzatura non abbia modelli sul mercato con livelli tecnologici e di protezione maggiori. Nel prossimo numero proseguiremo il discorso approfondendo, in una nuova rubrica ad hoc, il processo di valutazione dei rischi e, più in generale, il percorso in 5 fasi che deve fare un’azienda per ripristinare l’adeguatezza delle proprie macchine/attrezzature.

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