Il bando MIMIT per i contratti di sviluppo

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Sono 392 i milioni di euro stanziati per incentivare i progetti di investimento produttivo attraverso il ricorso ai contratti di sviluppo, prezioso strumento per la crescita del Sistema Paese.

Per rafforzare le filiere produttive strategiche, da anni vengono stanziate risorse destinate ai contratti di sviluppo. Si tratta di strumenti poco pubblicizzati, e anche poco conosciuti, soprattutto per ciò che riguarda gli incentivi, perché risultano particolarmente impegnativi, da un punto di vista economico. Afferiscono, infatti, a un ambito di business oggettivamente grande che, tuttavia, potrebbe coinvolgere anche le Pmi, soprattutto nell’ambito della filiera di appartenenza. Attraverso il PNRR sono state incrementate le risorse e, nel mese di luglio 2023, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha aperto un nuovo bando, in continuità con lo sportello avviato nel 2022, denominato “Competitività e resilienza delle filiere produttive”. Per questa nuova agevolazione, sono stati stanziati 391.8 milioni di euro, a sostegno dei programmi industriali delle aree centro settentrionali. Dunque, grazie allo strumento dei contratti di sviluppo verranno incentivati importanti progetti in specifici settori (aerospazio e aeronautica, design, moda e arredo, metallo ed elettromeccanica, chimica e farmaceutica, gomma e plastica, alimentare, ad eccezione di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli).

Cosa sono i contratti di sviluppo?

Lo strumento dei contratti di sviluppo esiste da anni, e viene costantemente rifinanziato in base all’ambito operativo. Non cambia l’oggetto, ma variano gli obiettivi strategici che il governo intende perseguire. Nel 2022, ad esempio, sono stati aperti diversi sportelli, destinati all’automotive, alle batterie, ai bus elettrici e così via. Con l’ultimo decreto MIMIT è stato invece stabilito di focalizzare l’attenzione sulle “filiere produttive” afferenti a diversi settori, tra cui il comparto aerospaziale, aeronautico, elettromeccanico, del metallo, chimico e della gomma-plastica. In questi ambiti, quindi, le imprese avranno ampia libertà per “realizzare lo sviluppo”, grazie alla presentazione dei propri programmi strategici e innovativi, di rilevante dimensione. Questi potranno anche attrarre investimenti esteri, allo scopo di rafforzare la struttura produttiva del paese. Non ci sono barriere, in tal senso. E possono essere realizzate diverse tipologie di investimento: è infatti possibile avviare una nuova unità produttiva, ampliare la capacità di una già esistente, riconvertire un sito diversificandone le attività o modificando fortemente il suo processo, mediante un aumento del livello di efficienza o di flessibilità. È altresì pre-
vista la possibilità di acquisire un’unità produttiva, ma a prezzo di mercato e a condizione che non vi sia relazione tra acquirente e venditore – ma questa opzione ha dei limiti territoriali, con l’ubicazione in aree di crisi. Insomma, ampia libertà alle idee. Certo, si tratta di idee importanti, ed economicamente impegnative, considerando che l’investimento complessivo minimo dovrà essere pari a 20 milioni di euro, con riferimento al totale delle spese e dei costi ammissibili. Il progetto può tuttavia comprendere uno o più disegni imprenditoriali: può infatti essere affiancato da eventuali programmi di ricerca, sviluppo e innovazione, connessi e funzionali tra loro. Si tratta quindi di un unicum che sottende un numero variabile di progetti.

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