Sistemi per la filtrazione e purificazione dell’olio

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Circa l’85% dei guasti individuati in un impianto idraulico sono il risultato diretto della contaminazione del fluido. Ma cosa si intende per contaminazione? Secondo Zarotti, il contaminante è una “sostanza estranea o indesiderata che può avere effetti dannosi sul funzionamento, la vita o l’affidabilità di un “sistema”. Quindi il primo passo per gestire i contaminanti è conoscerne la natura e capirne gli effetti sul nostro circuito. 

L’acqua è considerato un contaminante universale per il fluido idraulico impiegato nei circuiti oleodinamici e, al pari degli altri contaminanti, deve essere rimosso per evitare danni.

L’acqua può essere presente allo stato “libero” se risulta dissolta nel fluido che la ospita, oppure sotto forma di emulsione, se la percentuale presente nel fluido supera il punto di saturazione di quello specifico fluido.

Per la determinazione del contenuto di acqua in un fluido non acquoso è possibile utilizzare il metodo Karl-Fisher. La determinazione del contenuto di acqua si basa sulla reazione descritta da Bunsen nel 1853:

Karl Fischer scoprì che questa reazione poteva essere usata per determinare il contenuto di acqua in un sistema non acquoso in eccesso di biossido di zolfo. Fischer utilizzò il metanolo come solvente e, per neutralizzare gli acidi che si formavano durante il processo (HI e H2 SO4) usò la piridina. Senza entrare in ulteriori dettagli che esulano dal nostro intento, basta solo accennare che la metodologia individuata da Fischer fu poi oggetto di studi successivi che hanno portato alla realizzazione di strumenti appositi poi chiamati titolatori. Questi sono di due tipologie diverse, a seconda della metodologia impiegata: volumetrica (più indicata quando il contenuto di acqua è alto) o elettrochimica (più indicato per misure da laboratorio). Quest’ultimo metodo sfrutta le correnti di polarizzazione per determinare il contenuto di acqua nell’olio.

All’inizio della reazione, quando lo iodio (I ) viene aggiunto alla soluzione, questo reagisce rapidamente con l’acqua dissolta e quindi non c’è Iodio libero in soluzione. La conseguenza è che sarà necessario applicare una tensione elevata (≈600mV) per mantenere la corrente di polarizzazione agli elettrodi . Quando tutto lo iodio avrà reagito con l’acqua dispersa, lo Iodio in eccesso rimarrà in soluzione, aumentando la conduzione ionica e riducendo la tensione necessaria per mantenere la corrente di polarizzazione fino a valori inferiori a 100 mV. Quando la tensione scende sotto una determinata soglia, che dipende dal tipo di fluido testato, dal pH, dalla temperatura e altri parametri, il test sarà concluso e sarà quindi possibile conoscere il contenuto di acqua disciolta nell’olio. Solitamente questa viene quantificata in parti per milione (ppm). L’olio minerale può contenere da 30 a 300 ppm (a 30 °C) senza grosse conseguenze per il funzionamento del circuito. Il contenuto di acqua disciolta è chiaramente funzione della temperatura; nella Figura 2 viene rappresentata la curva che collega il contenuto di acqua disciolta in olio idraulico in funzione della temperatura. Al crescere del contenuto di acqua, il colore dell’olio passa dal classico giallo, più o meno scuro, ad un colore sempre più simile a quello del latte.

Ma quali danni può causare la presenza di acqua in un circuito idraulico? Beh, se le quantità sono elevate, può banalmente portare al congelamento dell’olio a bassa temperatura, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero per pompe e attuatori.

Considerando concentrazioni non così elevate, ma comunque superiori al limite di saturazione, l’acqua comporta la rapida ossidazione del fluido facendogli perdere le caratteristiche lubrificanti. Inoltre, la presenza di acqua porta alla formazione di sostanze acide che favoriscono la corrosione delle parti metalliche a contatto con l’olio. Questa corrosione, a lungo andare, comporta la formazione di ruggine che quindi aumenta il livello di contaminazione dell’olio, con conseguenze nefaste per i componenti più sensibili del circuito, come le servovalvole.

La presenza di acqua negli impianti idraulici comporta l’incremento dell’isteresi e l’aumento dei trafilamenti nelle guarnizioni e nelle valvole. Infine, l’acqua può comportare l’insorgenza di fenomeni di cavitazione, soprattutto in zone dove la pressione scende sotto la tensione di vapore, ad esempio nei condotti di aspirazione delle pompe.

Aria, se è poca non c’è problema

Al pari dell’acqua, l’aria è un contaminante che, superata una certa soglia critica, comporta dei problemi funzionali per tutti i tipi di circuiti idraulici. L’aria può presentarsi nel circuito in quattro “forme”:
• Disciolta (generalmente non crea problemi);
• Libera, sotto forma di bolle di diametro compreso tra 0,2 e 0,8 mm;
• Libera in sacche che spesso si concentrano in zone definite dell’impianto e che possono essere eliminate con opportuni sfiati;
• Dispersa sotto forma di schiuma, quando il volume di aria presente nell’olio supera il 30% del volume del fluido.

L’impatto preponderante della presenza di aria in un circuito idraulico è legato alla riduzione del modulo di comprimibilità del fluido, che sostanzialmente definisce la variazione del volume occupato dall’olio per effetto dell’aumento della pressione.

Fin dalla scuola elementare ci hanno insegnato che i liquidi sono dei fluidi incomprimibili, ossia che non variano il proprio volume al cambiare della pressione. La pratica ingegneristica ci insegna che questo è vero se le pressioni in gioco non sono così elevate, come illustrato dalla Figura 3. In un ipotetico esperimento in cui un determinato volume di olio viene sottoposto a pressioni sempre più elevate, vedremmo che il volume iniziale occupato dall’olio (V0) si riduce ad un certo valore V in funzione della pressione applicata. La relazione tra pressione applicata e volume occupato dall’olio, in un generico punto P, può essere espressa da due relazioni (Tabella 1), a seconda che consideriamo la retta tangente o secante alla curva nel punto prescelto.

Il modulo di comprimibilità non è costante. Aumenta all’aumentare della pressione (quindi è come se il fluido si irrigidisse per effetto della compressione a cui è sottoposto), e diminuisce all’aumentare della temperatura (perché l’aumento della temperatura diminuisce la viscosità del fluido, con effetto opposto al precedente). Ma soprattutto, il modulo di comprimibilità risente della quantità di aria disciolta nell’olio che, considerando il modulo di comprimibilità tangente, può essere espresso secondo la relazione seguente:

Dove Be è il modulo di comprimibilità equivalente, Bt è il modulo di comprimibilità tangente del fluido e Ba è il modulo di comprimibilità dell’aria contenuta nel fluido. Vg e Vf sono le frazioni in volume di aria e fluido rispettivamente. Per rappresentare il comportamento del fluido in funzione del contenuto di aria, si può fare riferimento a due modelli: il primo ipotizza che la massa del gas presente nel fluido non cambi in funzione della pressione, mentre nel secondo si tiene conto della solubilità dell’aria secondo la legge di Henry. Senza entrare nei dettagli, l’effetto della presenza dell’aria nel fluido idraulico si può rappresentare mediante le curve riportate in Figura 4.

Nel primo caso (curva arancio) il modulo di comprimibilità si riduce molto alle basse pressioni, mentre tende all’asintoto Bt al crescere all’infinito della pressione. Nel secondo caso (curva verde) il modulo di comprimibilità raggiunge il valore Bt ad un particolare valore della pressione (funzione dei parametri in gioco) e poi rimane costante. Nessuna delle due rappresentazioni pretende di essere esatta. Il comportamento reale dell’olio in cui è disciolta aria si pone, molto probabilmente, a metà tra queste soluzioni estremali. In ogni caso, l’effetto della presenza di aria nell’olio comporta una diminuzione delle prestazioni dell’impianto (l’aria può impedire il raggiungimento di pressioni elevate, fungendo da molla), soprattutto perché ha una comprimibilità che è circa 20.000 volte inferiore a quella dell’olio impiegato nei circuiti oleodinamici. Quando non è possibile eliminare l’aria dal circuito, semplicemente spurgando l’impianto, è necessario procedere alla purificazione del fluido mediante unità mobili di filtrazione.

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