Remanufacturing: la nuova frontiera della sostenibilità

Maria Luisa Doldi

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Si sta facendo strada anche in Italia, sebbene non sia ancora così diffuso come in Europa e negli USA. Si tratta del Remanufacturing, oggi elemento chiave in una economia circolare sempre più efficace ed efficiente, con cui si aggiunge una nuova frontiera prima del riciclo: dare valore, ricondizionando.

Le 3R di “Ridurre, Riutilizzare e Riciclare” sono un concetto ben noto nell’ambito dell’efficienza delle risorse e dell’economia circolare e indicano pratiche per restituire vita a materiali e risorse, per preservarli e per produrre meno rifiuti ed emissioni.

Ma si sta facendo strada una visione di economia circolare più ampia, più completa, che indica che “ridurre, riutilizzare e riciclare” non è sufficiente e che altre “R” si possono aggiungere per arrivare a un processo ancora più circolare. Ad esempio quella di Remanufacturing.

Remanufacturing, cosa è?

«Remanufacturing è un concetto che si sta facendo strada in Italia, anche se qui non è ancora così diffuso come in Europa e negli USA» spiega Michele Monno, professore di Tecnologie e Sistemi di Lavorazione Meccanica presso il DMEC del Politecnico di Milano e Direttore Scientifico del Laboratorio MUSP (Macchine Utensili e Sistemi di Produzione) con sede presso il Tecnopolo di Piacenza.

«Vi sono in Europa aziende che dedicano molti sforzi al ricondizionamento dei prodotti. Ne cito due: Caterpillar e ZF che lo fanno nella consapevolezza dei numerosi vantaggi che il Remanufacturing porta con sé» afferma Monno.

Remanufacturing, perché?

I vantaggi del Remanufacturing vanno oltre quelli del riciclo: «Dobbiamo pensare che il riciclo, per quanto virtuoso e assolutamente da praticare, comporta comunque un dispendio di energie per recuperare i materiali e ricostruirli in qualcosa di nuovo, non sempre uguale al prodotto di partenza. Per questo è da praticare solo laddove davvero il prodotto sia arrivato al fine vita».

Si pensi al ferro: deve essere nuovamente fuso per poter essere riutilizzato e la fusione comporta sia degli scarti sia un dispendio energetico non indifferente che potrebbe essere risparmiato qualora l’oggetto non fosse ancora giunto alla necessità di un riciclo e potesse, invece, essere ricondizionato e rimesso sul mercato.

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Michele Monno, Professore di Tecnologie e Sistemi di Lavorazione Meccanica presso il DMEC del Politecnico di Milano e Direttore Scientifico del Laboratorio MUSP, Tecnopolo di Piacenza.

O ancora: «Consideriamo un’auto. In essa la trasmissione è in genere progettata per fare circa 400.000 Km, ma quando mai noi rottamiamo un’auto a 400.000 Km? Lo facciamo molto prima ma il cambio è ancora funzionante e potrebbe essere recuperato, ricondizionato e ulteriormente usato. Questo fa il Remanufacturing, con cui siamo a un livello superiore di economia circolare; aggiungiamo una nuova frontiera prima del riciclo; diamo valore, ricondizionando».

Secondo quanto afferma Monno e le aziende che hanno introdotto il Remanufacturing nel proprio ciclo produttivo, attraverso di esso è possibile ridurre gli sprechi, abbassare la produzione di gas a effetto serra e minimizzare il fabbisogno di materie prime.

I programmi di Remanufacturing aumentano la durata delle attrezzature, fornendo ai clienti aggiornamenti dei prodotti a una frazione del costo di acquisto di una nuova macchina.

Il riutilizzo dei componenti aiuta a recuperare i materiali e l’energia in modo più efficiente.

I programmi di rigenerazione e ricostruzione consentono ai clienti di massimizzare il valore integrato delle proprie attrezzature.

I prodotti ricondizionati sono in genere accompagnati da garanzie simili a quelle del prodotto originario e molto spesso vengono preferiti ai prodotti nuovi perché, se la sostituzione di un pezzo rimette a nuovo una macchina che ha sempre funzionato e di cui si è soddisfatti, si suppone che il ricondizionamento ne ripristinerà fedelmente la funzionalità.

Non solo circolarità

Ma non è solo questione di risparmio di materiali ed energia. Per quanto questo sia un tema fondamentale, non è l’unico a deporre a favore del Remanufacturing.

«Il Remanufacturing può creare nuovi posti di lavoro, nuovi mestieri, nuove nicchie di business. Soprattutto dove ne avremo presto bisogno. Si pensi al settore automotive. Cosa succederà a tutti gli operai specializzati nella produzione di ingranaggi, ad esempio per il cambio, dopo il 2035 dove con l’auto elettrica di questi ingranaggi non vi sarà più bisogno? Con una filiera di Remanufacturing si potranno impiegare tutte queste competenze per ricondizionare ciò che è già oggi sul mercato, creando nuove filiere, nuovi ambiti di impiego per persone e competenze».

Fino ad ora si è parlato di Remanufacturing relativamente al settore della meccanica o dell’automotive ma, come spiega Monno, esso vale per molti settori diversi: dalla plastica all’elettronica agli elettrodomestici, etc.

L’Italia e il Remanufacturing

L’Italia è uno dei maggiori produttori ed esportatori mondiali di macchine utensili, con una quota del mercato globale superiore all’11%.

Molte aziende manifatturiere sono piccole e medie imprese, in prima linea nella affermazione di nuovi modi di produrre e nel portare avanti innovazione.

Spesso, però, proprio per le loro dimensioni, hanno bisogno di lavorare con enti terzi o all’interno di progetti di ricerca.

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A livello europeo il Remanufacturing viene visto come un aspetto sempre più importante della industria manifatturiera, con un mercato potenziale dell’UE di 90 miliardi di euro entro il 2030.

Per aiutare l’affermazione di una cultura del Remanufacturing soprattutto tra le PMI, nasce in provincia di Piacenza a fine 2005 il Laboratorio MUSP, dedicato allo studio delle macchine utensili e dei sistemi di produzione, le cui finalità sono la ricerca, la formazione e il supporto alle aziende del settore per sostenerne la competitività.

Presso il MUSP si sta allestendo un dimostratore per rendere visibile cosa significhi esattamente Remanufacturing, quali ne siano i vantaggi e i possibili sviluppi e per diffondere la conoscenza di queste pratiche tra le PMI e cercare di convincere della loro necessità in un’ottica di economia circolare. 

Inoltre, da settembre 2023 al Politecnico di Milano, nel corso di laurea magistrale di ingegneria meccanica, è attivo l’orientamento “Green Design and Sustainable Manufacturing” dove vengono approfondite le tematiche di progettazione sostenibile, impiego di materiali riutilizzabili, smart design, digitalizzazione delle produzioni, etc.

Uno sguardo al futuro

A fine luglio 2023 il MUSP ha ricevuto dalla Commissione Europea la conferma dell’approvazione di un progetto di ricerca (denominato RemaNet) di cui il Laboratorio è coordinatore e che coinvolge 25 partner internazionali.

La ricerca, dunque, procede in maniera importante, perché: «Occorre sicuramente percorrere più intensamente la strada del Remanufacturing in Italia. Non si tratta di concetti nuovi ma ora è tempo di metterli a sistema e portarli a livello di impresa affinché divengano pratiche concrete» afferma Monno.

A livello pratico poi occorre automatizzare il più possibile quei processi che oggi, laddove già avvengano, sono ancora del tutto manuali.

Infine, occorrerebbe organizzare un database di ciascun pezzo che arriva o è sul mercato, che raccolga tutte le informazioni inerenti quel pezzo, come ad esempio materiali di costruzione, progettazione, disegni.

«Occorre un enorme lavoro di organizzazione come presupposto per lo sviluppo di nuovi settori industriali. Il potenziale di sviluppo è enorme» conclude Monno.

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