La non conformità e lo scarica-barile

Emiliano Corrieri

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non conformità

La ricezione di una non conformità, magari grave, è un brutto momento per tutti in azienda. Spesso però la ricerca istintiva di un capro espiatorio impedisce di analizzare correttamente le cause di tale problema e soprattutto di ripeterle. Ecco perché è bene invece concentrarsi sul processo di piegatura e sui suoi limiti.

Un pressopiegatore è spesso un operatore che si trova costantemente davanti a bivi, a scelte da prendere in base al particolare da ottenere e dettate dalla propria esperienza.

Da quando arriva il pezzo da piegare ci sono una serie di percorsi mentali da seguire quali:

  • capire esattamente cosa richiesto nel disegno;
  • scoprire le eventuali inesattezze o mancanze sulla tavola;
  • scegliere una determinata matrice in base allo spessore e la geometria del pezzo;
  • scegliere un determinato punzone in base agli ingombri del particolare e le eventuali collisioni;
  • scegliere una sequenza specifica che sia allo stesso tempo la più veloce e quella che garantisce una migliore qualità;
  • eseguire un programma sufficientemente “affinato”;
  • eseguire un controllo sistematico e ripetuto e, alla fine, sistemare nel miglior modo possibile i particolari sul bancale per le operazioni successive.

Nell’interno dei vari passaggi, poi, si nascondono un serie infinita di sfaccettature e di casistiche a tal punto che, come avviene in tutti i processi ad altissima componente umana, l’errore è dietro l’angolo.

Come ben si sa l’errore che non passa inosservato è un conto, la non conformità… è un altro!

Quando il cliente rivendica il fatto che un particolare non è sufficientemente simile a quanto richiesto inizia molto spesso un percorso dai danni economici difficilmente quantificabili ma che si traduce in brevissimo in una perdita secca.

La piegatura e le non conformità

Nelle nostre aziende clienti, quando si svolge un’analisi annuale sulle non conformità, compare sempre netto il triste primato del processo di piegatura in quanto a numeri.

Il perché è presto detto: più ci sono scelte da compiere… più facile è sbagliare.

Vi sono dei processi a monte e a valle nella filiera produttiva ugualmente importanti ma che prevedono per loro natura un uso massiccio di macchine tecnologicamente avanzate che sgravano mentalmente gli operatori.

Per questo adottare un sistema procedurale è fondamentale.

Ma in questo articolo è mia intenzione soffermarmi sulle non conformità non collegate direttamente al lavoro del piegatore ma, piuttosto, a tutto ciò che nasce prima, in ufficio tecnico o, indirettamente, addirittura negli uffici dei clienti.

Con questo sviluppo non riesco ad essere sufficientemente preciso

Come avviene in moltissime realtà, la procedura di realizzazione degli sviluppi non è un processo standardizzato e molto viene lasciato all’esperienza dei piegatori.

Questo approccio rappresenta un rischio enorme in quanto è l’operatore che, in base ad elementi quali l’esperienza, l’intuizione e… la fortuna, si deve prendere la briga di decidere quali sono le quote realmente funzionali del pezzo che lavora.

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Se, ad esempio, abbiamo un profilo a “C”, un classico metodo che si tramanda da generazioni è quello di cercare la precisione della quota centrale e, al massimo, l’uguaglianza tra le due pieghe laterali pur rimanendo all’oscuro della funzione finale del pezzo.

Questo metodo pratico e che tutt’oggi trova una larghissima diffusione nelle aziende di lavorazione lamiera non tiene semplicemente conto delle tolleranze tabellari a cui fa riferimento la dicitura nel cartiglio.

Anzi: spesso anche i piegatori più esperti non conoscono le designazioni di finitura e come si legge la tabella di riferimento.

Se si lavora in questo modo si accetta di trovarsi sempre “sul filo del rasoio” in quanto a contestazioni da parte del cliente.

A onor del vero la scarsa conoscenza del processo è una condizione molto frequente in primis per i clienti che utilizzano cartigli standardizzati indifferentemente da quale sia la lavorazione con cui si otterrà il pezzo richiesto.

Inutile e insensato, ad esempio, richiedere un grado di precisione “fine” su un profilo di 5mm pieno di pieghe allo stesso modo di come sarebbe giusto per una boccola ottenuta per tornitura!

Anche in questo caso un sistema di procedure che indirizzi l’ufficio tecnico a calcolare gli sviluppi sulla base dei materiali e degli utensili adottati da dichiarare su ogni disegno, è una strada quanto mai obbligatoria per alzare il livello generale.

Ormai ho piegato il pezzo ma la misura cala un mm: che faccio?

È chiaro a tutti che implementare un processo con procedure applicate da tutti sia un’azione che richiede tempo, sempre che la si voglia fare…

Stando così le cose: cosa deve fare un piegatore davanti a una piega che non è riuscito a ottenere in tolleranza?

Sicuramente la prima azione è segnalare il problema e non prendere iniziativa personale.

In azienda si presuppone ci sia un responsabile di reparto o in ufficio tecnico una figura che possa accogliere la segnalazione.

Ma ciò che va assolutamente resa sistematica è la responsabilizzazione di chi concede verbalmente le deroghe.

L’errore ha pochi o nessun padre

Come è noto, le aziende sono fatte di persone.

Individui con i propri pensieri, convinzioni e sottoposti a pressioni, momenti di soddisfazione e di sconforto.

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Ovvio che la ricezione di una non conformità, magari grave, è un brutto momento per tutti.

Per il titolare che può trovarsi a dover gestire un momento di difficoltà con i propri collaboratori e per essi stessi che naturalmente potrebbero cercare qualsiasi modo pur di discolparsi anche di fronte alle evidenze, specie dopo aver subito un attacco verbale!

Il naturale piglio a cercare un colpevole anziché il motivo di un errore è una delle più grandi croci delle nostre imprese e, più in generale, di tutti i gruppi di persone che fanno qualcosa in comune.

Se, come nell’esempio descritto poc’anzi, non è possibile rimanere nelle misure richieste in maniera sistematica, i motivi sono diversi e i rimedi vanno affrontati prima o poi:

  • adottando un metodo di calcolo degli sviluppi efficace;
  • non assecondando a tutti i costi le richieste di precisione irrealistiche da parte dei clienti. In tal senso l’ufficio tecnico del terzista può elevarsi a consulente per indicare quali sono i limiti del processo;
  • prendendo atto e risolvendo gradualmente la scarsa formazione degli addetti.

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