Tabelle 2.0 in piegatura: il database personale

Emiliano Corrieri

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tabelle

… e la storia tragicomica dell’avvento dei CAD 3D

Belli i tempi in cui bastava, per calcolarsi uno sviluppo, “fare la somma degli interni”!

Mi piace molto fermarmi a parlare con alcuni piegatori piĂą attempati, quelli che sono prossimi alla meritata pensione.

Che sono stanchi, che han fatto spesso la differenza grazie a un’intuizione quella volta che nessuno ci era arrivato e che “un tempo era tutto a metro e volantini” intendendo il modo in cui spostavano gli assi della macchina.

E che bello quand’erano ragazzi: quando le pieghe eran poche sui pezzi di lamiera fina e stai sicuro che alla fine c’era sempre almeno una misura che non contava nulla, un lembo che andava nel catrame…

“E tu lo sapevi anche senza sapere dove andava la roba!”

Altro che queste inutili… “come si chiamano?! Ah, sì… tolleranze”.

Queste richieste impossibili sui pezzi piegati: articoli che, per antonomasia, son roba dozzinale.

Certi veterani son persone preziose anche se, per quanto le informi che c’è una via migliore, torneranno sempre sui propri passi pur fingendo interesse per le novità che non applicheranno mai.

“Pasquale: ma lo sai che puoi tarare il controllo della macchina in modo che le correzioni sulle X siano esattamente quelle delle tue rilevazioni, o meglio… quello che ti mangia la cava? Avresti un calcolo dello sviluppo molto più preciso: quello che hai sempre chiesto, ciò che hai sempre sognato!”

“Ah, ma dai! Però tanto poi questi pezzi so robba che va sue machine agricole e che poi dopo du giorni  so’ storte perché tanto quelli dell’uficio non capiscono che io invece…”

Ci sono piegatori “super-senior” con delle tabelle esperienziali in testa che nemmeno l’elenco telefonico di Roma aveva tante righe.

“Se hai un 4mm in cava da 16” condizione, tra l’altro ai limiti del criminale, “ci devi aggiungere un millimetro e mezzo alla battuta, si sa!”

“Ah… E alla seconda piega je devi aggiunge lo spessore, me lo insegnò mi poro zio Giggi…”

E via con altre centinaia di elucubrazioni che descrivono un mondo genuino e artigiano che, purtroppo e per fortuna, stride fortemente su ciò che dev’essere la piegatura oggi.

L’effimera ondata del CAD 3D

C’è stato un tempo, all’incirca quindici-vent’anni or sono, in cui gli uffici tecnici delle carpenterie, anche le meno avvezze ai numeri e alla teoria, sono state letteralmente inondate di sistemi per disegnare in tre dimensioni.

I prezzi gradualmente ridotti, la facilità d’uso migliorata, la promessa di sveltire le operazioni hanno fatto sì che tutti i disegnatori potessero calcolare gli sviluppi dei pezzi da produrre in maniera estremante più semplice e immediata.

Un grosso problema però sfuggì ai più fin dall’inizio, forse per inconsapevolezza, forse per pigrizia: i CAD 3D sono da un lato strumenti potentissimi, dall’altro… semplicemente parametrici.

Che significa?

Che nonostante un pezzo di futuro fosse piombato prepotentemente sulle scrivanie dei “colletti bianchi” (e certo non gratuitamente) alla fine gli sviluppi migliori possibili restavano quelli “di poro zio Giggi”.

Alias: il software fornisce un risultato affidabile quanto lo sono i dati che vi si inseriscono per farlo calcolare.

Il problema era che di quei dati non era mai importato nulla a nessuno!

Dove reperirli?

Chi aveva mai prima d’ora misurato un raggio interno?

Eppure per fare un modello 3D viene richiesto!

E soprattutto… dove vado a pescare quel misterioso parametro chiamato “fattore k”?

Ma se non so nemmeno cosa sia!

E, a onor del vero, neppure chi vendeva i software all’inizio mi sapeva aiutare:

si presentava un ragazzino fresco di laurea, ben vestito e perfettamente rasato che mi mostra il “tasto magico” che permetteva di “spianare” un pezzo piegato che faceva girare nello schermo e disegnato così bene che mi sembrava vero… pareva potessi toccarlo!

Ora che parte la formazione sul CAD mostrano come si fa a estrudere solidi, fanno disegnare ruote dentate… ma non lamiere piegate!

E se si chiede al docente: “ma lo sviluppo non torna mai, in azienda è un inferno!”

Lui balbetta e solo dopo tre o quattro lezioni mi sussurra: “metti le mani sul k…”

La soluzione migliore a questo punto?

Sparare fattori k a caso finché ci becco.

Finché, sostanzialmente, ciò che modello e sviluppo non sia il più simile a ciò che diceva il “poro zi’ Giggi”.

Tabelle. Il passo oltre: dal campione al calcolo

Anche se oramai i CAD 3D aiutano permettendo differenti strade per calcolare gli sviluppi assecondando le abitudini degli utilizzatori, la strada più classica è quella di combinare attraverso un calcolo parametrico i suddetti valori di raggio interno e fattore k.

Solidworks, per esempio, consente inoltre di usare il valore esplicito della bend deduction per ogni piega, di applicare l’interpolazione di tabelle popolate con i propri valori, di utilizzare le tre equazioni classiche delle norme DIN oppure di personalizzare le formule.

Inventor, oltre a k e raggio interno, consente di inserire valori di bend allowance e valori di k personalizzati in base a range di angoli differenti: piĂą i passi sono stretti, ad esempio di cinque gradi in cinque gradi, piĂą il calcolo sarĂ  preciso.

Ma solo per citare due tra i software piĂą diffusi!

Ne esistono molti altri anche specifici che svolgono il proprio lavoro egregiamente.

Il problema essenzialmente è prendersi la briga di effettuare una campagna di rilevazioni davanti alla pressa con differenti campioni e utensili.

Un lavoro che standardizza la produzione in maniera eccellente e che sposta il sapere dal singolo all’azienda, condizione che rappresenta una delle chiavi per la crescita.

Tabelle. Dal campione al valore da inserire

Ora il problema principale è rappresentato da come dare al CAD ciò che richiede in base al criterio di calcolo che usiamo.

Innanzitutto, come giĂ  scritto piĂą volte in altri articoli precedenti, dobbiamo porre con consapevolezza le seguenti basi.

  1. In piegatura un raggio interno non è un raggio: lo è solo per il CAD. Per la lamiera è una curva molto irregolare che il 3D usa semplificare in un’entità geometrica, in un dato puramente matematico. Specie in piegatura in aria.
  2. Le curve chiamate raggi del modello 3D possono essere molto differenti nella realtĂ  e cambiano soprattutto in base al materiale e alla matrice utilizzata.
  3. Le curve cambiano considerevolmente man mano che cambiano gli angoli dello stesso pezzo piegato nella medesima matrice!

Ora, dobbiamo dichiarare le condizioni di lavoro quali: spessore, materiale, matrice (con una larghezza V e un angolo) e, se di raggio molto grande rispetto allo spessore, raggio del punzone.

A questo punto ci doteremo di un campione di lunghezza L0, lo piegheremo a 90° e misureremo i risultanti L1 e L2.

La deduzione di piega (bend deduction) sarĂ  semplicemente L0-(L1+L2).

Tabelle. E se uso il fattore k?

Nessun problema!

Basterà applicare un raggio stimato misurandolo (si può usare un raggimetro da esterni e togliere lo spessore per una progettazione più raffinata) oppure un raggio di progetto e applicare la formula inversa della Bend deduction in cui il fattore k diventa l’incognita.

A questo punto sarĂ  molto piĂą semplice far quadrare i conti quando si calcola uno sviluppo di un particolare in lamiera piegata!

Per approfondire tutto ciò che c’è da sapere sulle tabelle esperienziali vai al libro:

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