Le Parole della Meccanica | LUBROREFRIGERAZIONE

Carlo Gorla

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lubrorefrigerazione

Gli obbiettivi primari della lubrorefrigerazione consistono nella riduzione dell’attrito e nell’asportazione del calore.

La principale funzione della lubrorefrigerazione è la prevenzione del danneggiamento delle superfici degli organi di macchina in moto relativo sotto carico, che si ottiene limitando il contatto diretto o riducendone l’entità.

Sulle superfici di contatto di un accoppiamento di scorrimento o di rotolamento si generano, infatti, forze d’attrito che si oppongono al moto relativo, le quali determinano usura e innalzamento locale della temperatura, derivante dalla trasformazione in calore del lavoro dissipato

Riduzione dell’attrito e asportazione di calore

La riduzione dell’attrito tra le superfici si ottiene interponendo tra le stesse una pellicola di lubrificante (lo spessore dipende dalle proprietà del lubrificante e dalle condizioni di contatto e di moto relativo tra le superfici) in grado di eliminare, totalmente o parzialmente, il contatto tra i metalli.

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Fig. 1 – Diversi regimi di lubrificazione al variare di λ.

Il grado di separazione viene descritto mediante il parametro λ, che quantifica il rapporto tra lo spessore della pellicola lubrificante e le asperità delle superfici, dovute alla rugosità:

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Avendo indicato con hmin lo spessore minimo del film lubrificante e con Ra la media tra i parametri di rugosità aritmetica delle due superfici:

Ra = (Ra1 + Ra2)/2

Al crescere del parametro λ, si passa dalla condizione di contatto diretto tra le superficie metalliche, a quella di attrito limite, di attrito misto e, infine, alla separazione completa, nel caso della lubrorefrigerazione idrodinamica, per la quale la deformabilità dei corpi può essere trascurata nel calcolo, ed elastoidrodinamica, per la quale invece la pressione locale nel lubrorefrigerante è così elevata, da non poter prescindere nel calcolo dalla deformazione dei corpi solidi.

La figura 1, ripresa da [1], illustra graficamente i diversi regimi di lubrorefrigerazione al variare di λ.

Per la formazione di una pellicola di lubrificante, sono fondamentali la viscosità locale, il carico applicato e la velocità relativa.

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Fig. 2 – Diagramma viscosità-pressione; la forte dipendenza dalla pressione della viscosità richiede, per quest’ultima, l’utilizzo di una scala logaritmica.

Le condizioni di lubrificazione idrodinamica, che si instaurano in genere nel caso di contatto tra corpi conformi, come ad esempio nei cuscinetti a strisciamento, comportano variazioni della viscosità con la pressione e deformazioni dei corpi accoppiati limitate e, quindi, trascurabili nei calcoli.

Per il contatto non conforme, invece, come ad esempio tra i corpi volventi e le piste di un cuscinetto a rotolamento o tra i denti degli ingranaggi, la capacità di formare una pellicola di lubrificante in grado di prevenire il contatto tra i corpi è strettamente dipendente dall’incremento di viscosità con la pressione, e l’aumento di pressione è così elevato da produrre deformazioni elastiche di entità significativa e non trascurabile nel calcolo.

La figura 2 mostra un esempio di diagramma viscosità-pressione, dal quale appare visibile come la forte dipendenza dalla pressione della viscosità richieda, per quest’ultima, l’utilizzo di una scala logaritmica.

Lo spessore del velo lubrificante si riduce all’aumentare del carico e al diminuire della viscosità e della velocità relativa e quando non è più sufficiente a evitare del tutto il contatto tra le creste di rugosità delle superfici, si è in presenza di attrito misto: in questo caso una quota della forza scambiata viene trasmessa per contatto a secco e solo una parte attraverso il film d’olio.

Fig. 3 – Viscosità dinamica.

Nella lubrificazione limite, non si ha più una vera e propria pellicola ma le superfici sono ricoperta da molecole di lubrificante adsorbite che sono comunque in grado di esercitare una funzione protettiva.

Nella lubrificazione a secco, infine, si ha il contatto diretto tra le superfici metalliche: tuttavia, anche in questo caso, si possono formare strati protettivi, ad esempio da parte di ossidi o grazie a trattamenti superficiali quali la fosfatazione o la ramatura.

In meccanica si utilizzano generalmente lubrificanti (oli e grassi) a base di oli minerali, cioè derivati dal petrolio o, sempre più, anche sintetici.

Gli oli lubrificanti sono classificati in base al campo di impiego, al processo di produzione e, naturalmente, in base alla viscosità oltre che sulla base degli additivi chimici presenti.

La viscosità serve a quantificare l’attrito interno di un lubrificante. Nel caso di un fluido Newtoniano e di moto laminare, con riferimento alla figura 3, indichiamo con F la forza applicata tangenzialmente allo strato più superficiale del liquido, con u la sua velocità, con h lo spessore e con A l’area.

La viscosità dinamica η è definita dalla seguente relazione:

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nel Sistema Internazionale è espressa in N×s/m2, anche se nella pratica si utilizza il P (Poise) che corrisponde a un decimo di tale unità di misura.

Fig. 4 – Variazione della viscosità cinematica con la temperatura.

Oltre alla viscosità dinamica, si utilizza la viscosità cinematica v, ottenibile dividendo la prima per la massa volumica ρ :

v = η /ρ.

I lubrificanti per l’industria

Nel caso dei lubrificanti utilizzati nell’industria, si utilizza la viscosità cinematica a 40°C, espressa in centistoke (1 cSt = 1 mm2/s) per suddividere in gruppi di viscosità (VG). La viscosità cinematica varia in modo esponenziale con la temperatura come visibile nel grafico di figura 4.

Gli additivi, sostanze chimiche aggiunte all’olio base, svolgono un ruolo importante e possono svolgere alcune funzioni, come ad esempio formare strati superficiali in grado di realizzare una pellicola protettiva molto resistente, come per gli additivi EP utilizzati anche nel campo degli ingranaggi, o di modificare le proprietà del lubrificante, come gli HD per oli motore che contrastano il deposito di morchie.

I grassi lubrificanti sono costituiti da un olio (minerale, sintetico o biodegradabile) che acquisisce una consistenza plastica grazie a un addensante, tipicamente un sapone.

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Fig. 5 – Tipi di lubrificazione.

La scelta del lubrorefrigerante dipende soprattutto dal carico e dalla velocità. Più è elevata la pressione e più deve essere elevata la viscosità del lubrificante. Per pressioni molto elevate e velocità di scorrimento ridotte, sono indicati i grassi.

Al crescere della velocità, si deve ridurre la viscosità per ridurre le dissipazioni, tenendo conto però che si deve garantire uno spessore del film lubrificante sufficiente.

In fase di progetto bisogna anche definire il tipo di sistema di lubrorefrigerazione, cioè la modalità con la quale il lubrificante è condotto nei punti di interesse, oltre che della quantità, tenendo conto della viscosità, dell’aderenza e delle esigenze di lubrorefrigerazione e raffreddamento.

Per una trattazione organica dell’argomento, si veda il “Manuale degli organi delle macchine”.

Bibliografia

[1] G. Niemann, H. Winter, B.-R. Höhn, Manuale degli Organi della Macchine, Tecniche Nuove, 2006.

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