È il monito lanciato nel Manifesto pubblicato da ANFIA per porre all’attenzione delle istituzioni europee le sfide che questo comparto, strategico per l’economia dell’Unione, sta affrontando a livello internazionale.
La transizione della filiera automotive e la decarbonizzazione della mobilità e dei trasporti è al centro dei dibattiti in tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea. Si tratta di un tema delicato che per il settore industriale rappresenta una vera rivoluzione.
Di recente ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) ha pubblicato un Manifesto che sottoponga le priorità e le richieste delle imprese italiane a chi guiderà l’Europa nei prossimi anni.
Le leve della filiera automotive
Gli obiettivi approvati nella scorsa legislatura e l’assenza di un piano strategico europeo di riconversione industriale stanno mettendo a rischio la storica capacità delle imprese automotive italiane – in particolare quelle della componentistica – di competere a livello globale, trovandosi a dover affrontare la transizione ecologica in un contesto di altissima competizione globale, in cui, però, le aziende asiatiche ed americane possono contare su politiche industriali e commerciali di grande supporto e regole assai meno stringenti.
Per poter attraversare e traguardare questa rivoluzione tecnologica, volta alla decarbonizzazione dei processi produttivi, alla progressiva elettrificazione dei veicoli e alla diffusione di vettori energetici a bassa o nulla impronta carbonica, i prossimi 5 anni saranno cruciali per la tenuta competitiva di un settore che in Italia rappresenta il 5,6% del PIL, fattura oltre 100 miliardi di euro e che, tra i principali costruttori e componentisti, occupa oltre 230.000 addetti.
«L’80% delle regolamentazioni del settore automotive viene definito in Europa – ha spiegato Roberto Vavassori, Presidente di ANFIA -. È pertanto fondamentale che gli eletti al Parlamento siano consapevoli dell’importanza che i prossimi 5 anni avranno per la tenuta industriale e sociale dell’industria italiana della mobilità. Se vogliamo dare alle nostre imprese la possibilità di competere ancora a livello globale, serve un approccio pragmatico e razionale nella regolamentazione. L’Europa, per rimanere un posto attrattivo dove produrre veicoli, deve adottare un piano straordinario di politica industriale che rilanci e supporti le imprese negli investimenti in ricerca e sviluppo nelle nuove tecnologie (elettrico, idrogeno, software defined vehicles), nella riconversione produttiva e riqualificazione dei lavoratori. Bisogna assolutamente ridurre i costi dell’energia, incrementare la circolarità delle produzioni e rendersi autonomi nell’approvvigionamento e trattamento delle materie prime.»
I punti chiave del Manifesto
Nel Manifesto redatto da ANFIA vengono elencate alcune priorità per il settore: innanzitutto il rilancio degli investimenti, in particolare su batterie, idrogeno, intelligenza artificiale, guida autonoma e connessa, Software Defined Vehicles.
Serve poi supportare l’impegno della filiera verso l’economia circolare con produzioni carbon neutral entro il 2040. Inoltre, come evidenziato nel documento, sarà necessario puntare sulla formazione di nuove competenze per gli attuali lavoratori del settore.
Infine, ANFIA sottolinea l’urgente necessità di pianificare una diffusione omogenea in Europa delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici e per il rifornimento a idrogeno. E quali sono le attese nei confronti delle rinnovate istituzioni europee?
Nel Manifesto di ANFIA viene evidenziata la richiesta di una “pausa regolamentare” per garantire alle imprese una programmazione di medio e lungo termine oltre alla pianificazione di una strategia settoriale che definisca priorità, linee d’azione e politiche da mettere in atto per rendere l’Europa un posto ancora attrattivo per produrre veicoli e investimenti in ricerca e sviluppo.
Un altro tema riguarda le politiche commerciali con la Cina: a questo proposito viene messa in evidenza la necessità di bilanciare i dazi sull’ import/export veicoli e parti e componenti. E’ poi necessario considerare gli investimenti pubblici per la transizione fuori dal “patto di stabilità” con deroghe dimensionali e territoriali sui limiti agli aiuti di Stato per consentire a tutte le aziende di poter essere supportate nella transizione.
Occorre anche ridurre i costi dell’energia per le imprese e incrementare la disponibilità di fonti rinnovabili. Infine, nel Manifesto viene richiesto il lancio di un Fondo IPCEI (Importanti Progetti di Interesse Comune Europeo) finalizzato alla realizzazione di un veicolo pulito, autonomo e connesso.
Per meglio comprendere le priorità e le richieste delle imprese italiane di componentistica, abbiamo interpellato Marco Stella, Presidente Gruppo Componenti ANFIA.
In rapporto ai piani definiti a livello europeo per la mobilità del futuro, come si stanno muovendo le aziende della componentistica automotive?
Essendo la transizione tecnologica ed energetica ormai avviata, le imprese della componentistica sono da tempo impegnate in uno sfidante e oneroso percorso di riconversione produttiva per continuare a mantenere l’importante posizionamento competitivo dell’automotive italiano ed europeo a livello internazionale, attraverso ingenti investimenti in innovazione, in nuove tecnologie e in reskilling e upskilling dei lavoratori.
Trattandosi di imprese che operano prevalentemente nella componentistica “tradizionale”, molte sono quindi propense ad apportare trasformazioni al proprio modello di business, mantenendo una quota a parte di componentistica per i veicoli a combustione interna per clienti extra-europei, oppure orientando i propri prodotti e servizi all’elettrico o idrogeno.
Ricordo, in ogni caso, che il 60% circa dei componenti di un’auto tradizionale sopravviveranno anche nell’auto elettrica.
Altre strategie riguardano, invece, la diversificazione in altri settori e il ricorso a operazioni di natura industriale, quali acquisizioni e fusioni. Infine, in ottica di decarbonizzazione dei processi produttivi ed economia circolare, si prevede un’accelerazione degli investimenti per migliorare l’efficienza energetica degli stabilimenti, ma anche per ottimizzare la gestione del trasporto di rifiuti e incrementare l’acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Quali sono le principali difficoltà che stanno affrontando?
Nel contesto dell’attuale congiuntura economica e di una transizione a tappe forzate che presenta non poche complessità, troviamo, da un lato, un’industria globale che ha sempre più necessità di preservare la propria competitività e sposta le proprie produzioni e i propri interessi laddove ritiene più opportuno, e, dall’altro, un Paese come l’Italia che può vantare una filiera che esprime competenze, know-how e anche competitività e che ha bisogno mantenere impianti produttivi in grado di creare valore aggiunto sul territorio e non solo al di fuori.
Se è vero che nell’ultimo anno si sono ridotte le difficoltà di approvvigionamento per carenza di materie prime, componenti e semiconduttori, al contempo sono ancora aumentati i costi dell’energia, con un impatto solo in parte attenuato dalle politiche di sostegno pubblico e dalle strategie di contenimento adottate dalle imprese.
Con specifico riferimento alla fase di transizione tecnologica ed energetica, le istanze delle imprese si concentrano sulla necessità di misure di sostegno concreto e semplificato agli investimenti produttivi; sull’esigenza di sostegno di progetti di ricerca specifici, di promozione di servizi dedicati per la ricerca di opportunità su nuovi mercati e di creazione di centri di competenza per il trasferimento tecnologico, l’uso e lo sviluppo di nuove tecnologie; sulla richiesta di azioni per stimolare le aggregazioni di imprese e attrarre nuovi investimenti dall’estero nel nostro Paese.
I competitor europei sono avvantaggiati rispetto alle imprese della filiera automotive italiana?
Rispetto ai maggiori Paesi europei – come Germania, Francia, Spagna – l’Italia si è mossa in ritardo sia per quanto riguarda la messa in atto di politiche d’incentivazione, sul fronte della domanda, ma anche, soprattutto, dell’offerta, sia in tema di sviluppo delle infrastrutture di ricarica per le auto elettriche, ovvero uno dei fattori abilitanti per una maggior diffusione della mobilità green.
Un altro fattore competitivo determinante è la dimensione delle imprese della componentistica, che, essendo nel nostro Paese per lo più piccola e media, inevitabilmente influisce sulla capacità di investimento e sulla solidità finanziaria richieste dal settore.
Bisogna puntare sulla loro crescita per avere quei campioni di filiera nazionali che ad oggi mancano e anche attrarre investimenti dall’estero per alimentare le filiere del settore.
Ora che si avviano alla conclusione i lavori del Tavolo Sviluppo Automotive al MIMIT, la massima attenzione è rivolta proprio alla definizione delle priorità di intervento sui temi dell’incremento della produzione locale, della competitività produttiva, dell’attrazione di investimenti produttivi e nuove tecnologie sul territorio e della riconversione delle competenze e sviluppo occupazionale.