Un nuovo nanofoglio autoassemblante per prodotti più durevoli

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nanofoglio

I ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory dell’Università di Berkeley hanno sviluppato un nanofoglio autoassemblante che potrebbe prolungare in modo significativo la durata di conservazione dei prodotti di consumo.

Un nuovo nanofoglio autoassemblante potrebbe accelerare radicalmente lo sviluppo di nanomateriali funzionali e sostenibili per l’elettronica, lo stoccaggio di energia, la salute, la sicurezza e altro ancora. Sviluppato da un team guidato dal Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) dell’Università di Berkeley, il nuovo nanofoglio potrebbe prolungare in modo significativo la durata di conservazione dei prodotti di consumo. Ed essendo riciclabile, potrebbe anche consentire un approccio di produzione sostenibile che consenta di rifiuti da imballaggi e i dispositivi elettronici monouso. “Il nostro lavoro supera un ostacolo di vecchia data nella nanoscienza: trasformare la sintesi dei nanomateriali in materiali utili per applicazioni manifatturiere e commerciali“, afferma Ting Xu, autore principale dello studio, pubblicato su Nature.

Il nuovo materiale supera l’approccio dei fogli impilati in serie, eliminando il problema dei difetti di impilamento, cioè gli spazi tra i nanofogli. Il team ha mescolato miscele di materiali noti per autoassemblarsi in piccole particelle con strati alternati dei materiali componenti, sospesi in un solvente. Quando il solvente evapora, le piccole particelle si uniscono e si organizzano spontaneamente, modellando grossolanamente gli strati, per poi solidificarsi in densi nanofogli. In questo modo, gli strati ordinati si formano simultaneamente invece di essere impilati uno per uno in un processo seriale. I piccoli pezzi devono solo spostarsi per brevi distanze per organizzarsi e chiudere gli spazi, evitando i problemi di spostamento di “tessere” più grandi e gli inevitabili spazi tra di esse.

Un lavoro minuzioso

Durante gli esperimenti presso l’Advanced Photon Source dell’Argonne National Laboratory, gli scienziati hanno mappato il modo in cui ciascun componente si unisce e hanno quantificato il grado di mobilità e il tipo di movimento per far crescere un materiale funzionale. Sulla base di questi studi, hanno poi prodotto rivestimenti barriera mediante l’applicazione di una soluzione diluita di polimeri, piccole molecole organiche e nanoparticelle a vari substrati: un becker e una membrana di Teflon, una pellicola di poliestere, pellicole di silicio spesse e sottili, vetro e persino un prototipo di un dispositivo microelettronico.

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