L’uomo sulle onde del futuro

Condividi

Se si considerano gli avvenimenti degli ultimi 100 anni, uno dei più signficativi è certamente il tasso accelerato di adozione di nuove idee. Per ottenere 50 milioni di utenti del telefono ci sono voluti oltre 70 anni, 13 anni per avere lo stesso numero di utenti della televisione, 3,5 anni per avere 50 milioni di utenti di Facebook. Cosa ci aspetta nel futuro? 50 miliardi di oggetti «intelligenti» che nel 2020 comunicheranno tramite Internet. Quali effetti sull’uomo e sullo scenario nel quale si troverà a vivere negli anni futuri? Mi sembra più materia da neurologi che da economisti e sociologi. Per prima cosa, infatti, ci sarà da capire come reagiranno le rotelline del nostro cervello sottoposte a un bombardamento spinto di nuovi «input». Neurologi «normali», ben inteso, affiancati da colleghi «artificialmente intelligenti» in grado di processare milioni d’informazioni per ricavarne considerazioni. Chi si occupa del settore manifatturiero potrebbe anche avere un osservatorio privilegiato. La Fabbrica digitale, infatti, data l’elevatissima multidisciplinarità in essa insita, può ben prestarsi a esercizi speculativi su tassi di sviluppo, diffusione, apprendimento, non soltanto di nuove tecnologie, ma anche di nuovi metodi, processi, organizzazioni, modelli di business. Qualche miliardo di input che nei prossimi anni ci troveremo a gestire, date le accelerazioni in atto. Ci vorrà un neurologo in ogni azienda? Potremmo avere scovato una professione da perseguire. Anche perché approfittando delle incertezze globali, i grandi «pensatori» moderni scrivono – e fanno quattrini – sperticandosi in elucubrazioni speculative sul futuro del mondo.

«Fabbriche dematerializzate, valore aggiunto nelle nuvole, fabbriche liquide». Non siamo ancora allo stato gassoso! Ma forse il neurologo serve sul serio. Una Fabbrica digitale «liquida»? Caspita, ma se ancora oggi molti acquirenti scelgono una nuova macchina utensile per il suo peso! Ma se invece fosse una buona idea? Una fabbrica liquida non ha vincoli, nè fisici, nè territoriali, nè temporali, nè organizzativi, nè gestionali, nè padronali. Può ampliarsi o restringersi alla bisogna. O svuotarsi. Basta versare o sversare liquido. Le risorse umane? Liquide anch’esse? Ma per favore! Per precauzione, però, è meglio imparare a nuotare. Almeno a galleggiare. Ci siamo spinti ovviamente sull’onda dello scherzo! Ma, c’è una realtà seria che è frutto della «liquidità»: la precarietà. Una realtà che volenti o nolenti, si profila come tendenza per gli anni a venire e quindi con essa dobbiamo cercare di convivere. Convivere: troppo poco, ma non ci sono formule magiche. Che fare? Dobbiamo in tutti i modi cercare di trasformare la precarietà in un motore che genera endorfine, stimoli, obiettivi, sfide. Con se stessi e con il mondo. Galleggiare oppure nuotare dipenderà sempre di più da noi, dalla nostra voglia di metterci veramente e profondamente in gioco, poche o molte volte. Non ci sono alternative. Nulla è scontato. Quanto alla fabbrica, continuiamo pure a definirla un contenitore «liquido», seppure con evidente ironia. Ci servirà per configurarla su misura aggregando molecola su molecola liquida, secondo necessità o istinto, per formare una propria Fabbrica digitale valida e redditizia. Fino al momento in cui si renderà necessario riconfigurarla con molecole diverse. Il vantaggio della liquidità!

di Michele Rossi

Articoli correlati