Alla ricerca del valore

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Non è una moda e nemmeno un tentativo di proiezione verso nuove vie di business. Sempre più imprese associano alla vendita di un bene industriale anche un servizio, che in un certo senso diventa la parte creativa e d’appeal dell’offerta; il valore competitivo che può anche superare quello del bene stesso.

Mentre la servitizzazione divente una delle più promettenti pratiche di marketing e commerciiali per acquisire o consolidare mercati, da più parti si sostiene che alcune compagnie dovrebbero addirittura concentrare il proprio core business sul servizio. La stessa Fabbrica digitale, cioè la visione del futuro del mondo manifatturiero, in questa chiave, diventa o dovrebbe diventare maggiormente competitiva. Almeno si spera.

Certo, girando per fiere ci si accorge come sia sempre più difficile valutare le caratteristiche e le differenze tra le macchine, le automazioni, le attrezzature, che, oltretutto, devono lavorare insieme. Figuriamo quando si tratta di sistemi e linee di produzione. Sono tali e tante le tecnologie, i processi, i materiali, le branche scientifiche coinvolte che le conoscenze di un singolo, per quanto preparato, sono mediamente inadeguate. Viene quindi da pensare che sull’investimento in beni per la fabbrica incidano oggi anche logiche impalpabili, psicologiche, sentite dire o percepite attraverso i media. Forse più di quanto ci si aspetti. Ecco allora che il servizio riporta il bene a concetti di valutazione concreta, valutabile, anche se magari in prospettiva. Ma il tema, innesca alcune considerazioni.

Anzitutto, che il servizio fosse considerato un fattore competitivo è già noto da anni, in pratica dal momento in cui si è cominciato a parlare dell’attività di “prevendita”. Storicamente il postvendita era considerato uno standard. Poi, man mano che le macchine venivano inserite, integrate, in sistemi complessi, prima dell’acquisto è comparsa l’esigenza di una valutazione di fattibilità, una simulazione di risultati e così via. A carico del fornitore. Ore e costi, a erodere il profitto. A seguire le soluzioni personalizzate. Stessa prassi. La formazione e chi più ne ha più ne metta. A questo punto, in qualche modo, stiamo già rispondendo al discorso della complessità di valutazione.

Il fornitore inchiodato dai risultati, vende un prodotto-servizio, in piena regola, almeno con limitati gradi di incertezza. Qui però subentrano altre considerazioni. Un esempio concreto: chi ha fatto il militare molti anni fa ricorda che chiunque, in pratica, poteva essere in grado di guidare un carro armato, con un minimo addestramento. Oggi serve un ingegnere! Facile comprendere la sottigliezza e anche la vulnerabilità del tema “sistema di produzione-servizio”, perchè molto dipende dalle capacità e dalle competenze del personale addetto alla conduzione e gestione. Questo fa inoltre comprendere e giustificare la crescente tendenza a delegare all’esterno determinate produzioni. Si è quasi sempre dalla parte del manico ed è certamente più agevole valutare e acquistare un componente, una parte da terzi, piuttosto che produrli in proprio. Se poi si riesce a convincere il fornitore a progettare e produrre secondo un processo di cooperazione, si è in una botte di ferro. Il servizio, perciò, presenta diverse articolazioni.

Riassumendo: l’acquisto di un macchinario è soltanto un trasferimento di proprietà. Soltanto dall’abbinamento macchinario-servizio, si ottengono i risultati, quelli che contano per noi. Questo è il vero parametro di valutazione.

di Michele Rossi

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