Attuare l’innovazione, creare cultura e definire le risorse

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Le aziende e in generale tutte le organizzazioni operano in un contesto in continua evoluzione. L’ultimo anno ha insegnato a tutti come i cambiamenti relativi ai settori in cui si opera possono arrivare in modo inaspettato e travolgente, costringendo le attività a ripensarsi e ridefinirsi.

Abbiamo assistito ad aziende che hanno convertito in poco tempo la loro produzione, quasi tutte costrette a ridefinire i modi, i tempi e soprattutto i luoghi del lavoro. Un adattamento necessario in un momento di crisi senza precedenti, una risposta che implica un atteggiamento di flessibilità e di adattamento. Si è parlato quindi moltissimo di resilienza ovvero di capacità di rispondere al cambiamento, di assorbire gli urti derivanti dal momento di crisi riorganizzando in modo positivo le proprie attività per affrontare il nuovo contesto. Affrontare la crisi con resilienza vuol dire pertanto avere la capacità di innovare. La centralità dell’innovazione nella vita delle organizzazioni è riconosciuta da molti. Secondo il report sulle società più innovative 2020 di Boston Consulting Group (BCG), l’innovazione è considerata una delle tre maggiori priorità dal management dei due terzi delle realtà analizzate.

Definire l’innovazione

Ma cos’è l’innovazione? Mentre la stragrande maggior parte dei ceo delle grandi corporation internazionali sono d’accordo nel definire prioritaria l’innovazione all’interno delle loro organizzazioni, trovare una definizione condivisa non è altrettanto semplice. La creatività è considerata un valore assoluto a cui viene associata l’innovazione, ma i modi in cui questa si declini nelle idee e nella concretezza di chi deve attuarla cambia considerevolmente. Alcuni si focalizzano in maniera generica sulla nuova tecnologia, altri sul branding altri ancora su idee dirompenti o su idee quasi utopiche.

La ricerca delle due espressioni “What is innovation” e “Innovation definition” su Google appare circa 50 mila volte al mese a sottolineare la difficoltà della definizione da parte di molti e la necessità di scoprire cos’è innovazione per gli altri e quindi trovare un fattore comune.

Innovazione è diventato uno slogan di cui molti si fregiano in modo generico al pari di termini come qualità o efficienza, che senza una declinazione concreta e specifica rischiano di essere termini vuoti sulla bocca – e sui siti – di tutti.

Secondo uno studio condotto da Nick Skillicon tra esperti di innovazione, ci sono 9 aspetti che emergono e che sono considerati più significativi quando si parla di innovazione. Innovare è certamente avere un’idea originale e unica che deve essere messa in pratica e rispondere a un vero bisogno di mercato anche implicito. L’innovazione deve poi aggiungere valore all’azienda che può chiaramente trarne profitto in termini di crescita di fatturato, oltre ad accrescere il valore o il richiamo del brand. Innovazione si può allora definire come l’esecuzione di un’idea che risponde a un bisogno specifico e produce valore per il cliente e per l’attività. La vera essenza dell’innovazione risiede nel generare valore per un’organizzazione, valore che storicamente è stato identificato con le qualità di maggiore velocità nel raggiungere il mercato, miglioramento (di funzionalità o performance) e di minor costo. Ma l’innovazione può essere molto più di questo e si possono distinguere tre tipi diversi di innovazione: di prodotto, di processo o di business model. La scelta della categoria non è importante, l’essenziale è che le aziende definiscano una strategia attuativa di innovazione. Spesso, infatti, la vera domanda senza risposta è cosa viene fatto per dare concretezza a questo bisogno diffuso e riconosciuto di continuo rinnovamento e come attuare un piano di innovazione efficace che dia risultati effettivi e misurabili.

Secondo lo studio dei top innovator di BCG, tra chi definisce prioritaria l’innovazione nella vita e nello sviluppo delle organizzazioni solo il 45% può essere definito come “innovatori commited” che dichiarano di attribuire priorità all’innovazione e, allo stesso tempo, supportano questo impegno con investimenti significativi in termini di risorse finanziarie e umane. Il 25% delle imprese ritiene l’innovazione una priorità, pur non impegnando risorse finanziare per portarla avanti, creando quindi un disallineamento tra quanto dichiarato e gli investimenti e rientrando nella categoria degli “innovatori confusi“. Mentre il restante 30% del campione appartiene alla categoria degli “innovatori scettici“, per i quali l’innovazione non è considerata una priorità, ma solo un aspetto aziendale come altri e non è oggetto di investimenti rilevanti.

 

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