La tecnica Hole Drill per la misurazione delle tensioni residue

Francesco Chichi

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hole drill

La tecnica Hole Drill rappresenta uno dei metodi non distruttivi maggiormente affermati per ovviare al problema delle tensioni residue, inevitabile e indesiderato effetto dei processi di saldatura.

Un po’ come tutte le persone “diversamente adolescenti” anche io mi trovo spesso a ripetere le stesse frasi o gli stessi concetti, qualche volta perché mi dimentico di averli già detti, ma poi spesso perché l’esperienza mi ha confermato come effettivamente siano delle affermazioni sempre valide.

In questo senso uno dei miei “best seller” è indubbiamente una frase di Lord Kelvin, che condensa in sé tutta l’essenza della fisica sperimentale (e quindi di quella sua espressione che è l’ingegneria): «noi possiamo dire di conoscere solo quello che sappiamo misurare».

E se questa affermazione è sempre valida, ci sono dei contesti in cui è “piu sempre” valida, e le tensioni residue rientrano in questo caso, ancora di più quando se ne parla nell’ambito della saldatura.

Nei precedenti numeri di Lamiera abbiamo visto cosa siano le tensioni residue, quali effetti possano avere sulla resistenza delle stesse e quali possano essere i meccanismi attraverso cui tale fenomeno si instaura all’interno (e in prossimità) di una saldatura.

Il percorso che abbiamo fatto su queste pagine ci ha reso evidente come le tensioni residue siano un fenomeno che nasce laddove siano presenti discontinuità o disomogeneità nello stato metallurgico di un materiale e, poiché una saldatura per sua natura è una tale sovrapposizione di disomogeneità metallurgiche, in pratica ne deriva una assoluta impossibilità di una previsione analitica del comportamento atteso da parte del materiale.

Ma quando il gioco si fa duro gli ingegneri iniziano a giocare, e in questo articolo inizieremo ad affrontare l’affascinante tema della misurazione delle tensioni residue nell’ambito della saldatura, iniziando da quella che indubbiamente è la tecnica a cui più spesso si ricorre, la cosiddetta tecnica “hole drill”, la cui fortuna risiede nella relativa semplicità esecutiva, nel fatto di essere minimamente invasiva e, ultimo ma non per ultimo, nel fatto di essere internazionalmente riconosciuta grazie alla sua formalizzazione nella normativa ASTM E-837/20 “Standard Test Method for Determining Residual Stresses by the Hole-Drilling Strain-Gage Method”.

La scelta della tecnica di misurazione

Come è facilmente intuibile, le condizioni che portano alla nascita delle tensioni residue non sono certo esclusive della saldatura, visto che in pratica quasi ogni intervento di lavorazione meccanica o trattamento termico è in grado di influenzare lo stato tensionale interno di un materiale metallico.

Questo ha portato alla messa a punto di svariate tecniche per la misurazione delle tensioni residue, ciascuna delle quali in grado di sfruttare di volta in volta specifici effetti delle tensioni residue sulle caratteristiche del materiale e della sua struttura.

Nel caso specifico della saldatura, l’esperienza operativa ha consolidato l’utilizzo delle cosiddette tecniche di “rilassamento per asportazione”, definite anche “tecniche estensimetriche” in riferimento al sensore utilizzato per la misurazione.

Il principio sul quale si basano queste tecniche è abbastanza intuitivo, ed è illustrato nella figura 2.

Ricordando che le tensioni residue costituiscono un sistema in equilibrio e pertanto privo di manifestazioni macroscopiche verso l’esterno, il principio delle tecniche estensimetriche è quello di rompere questo equilibrio mediante una asportazione controllata di materiale, e misurare la deformazione attraverso cui il sistema raggiunge la sua nuova condizione di equilibrio.

hole drill
Figura 2 – Il principio di tutte le determinazioni delle tensioni residue attraverso l’asportazione di materiale è quello di fornire, attraverso un’asportazione controllata di materiale, la possibilità al materiale adiacente all’asportazione di deformarsi fino ad annullare le proprie tensioni interne. Dalla misura della deformazione che consegue all’asportazione di materiale è possibile ricostruire lo stato tensionale pre-esistente

Questo principio può avere diverse forme applicative a seconda di come viene eseguita l’asportazione del materiale e di dove vengono rilevate le conseguenti deformazioni: nel caso della tecnica “Hole drill” (raramente italianizzata con la definizione di “tecnica del foro”) quello che viene fatto è di applicare 3 estensimetri in configurazione radiale e procedere all’asportazione del materiale mediante un piccolo foro al centro degli estensimetri, così da ottenere un parziale rilassamento degli stati tensionali pre-esistenti: dalla misurazione della deformazione cosi rilasciata si procede poi alla ricostruzione analitica dello stato tensionale pre-esistente.

La tecnica Hole Drill nel dettaglio

Cuore della applicazione di questa tecnica è la “rosetta”, ossia un particolare estensimetro triassiale costituito da 3 estensimetri elettrici a resistenza disposti radialmente rispetto ad un centro (figura 5).

Senza entrare troppo nel dettaglio, in questo momento ci basti sapere che l’estensimetro a resistenza altro non è che una griglia in materiale conduttore destinata a essere incollata sulla superficie da monitorare e destinata a seguirne gli spostamenti deformandosi.

E poiché in un conduttore a ogni deformazione consegue una variazione nota della resistenza elettrica, dalla misurazione di tale variazione di resistenza è immediato risalire alla deformazione che l’ha causata.

Nel nostro caso tali griglie sono 3 disposte radialmente, in grado quindi di ricostruire completamente lo stato di deformazione piano rilasciato dalla asportazione, e quindi ricostruire lo stato tensionale preesistente in tutte le sue direzioni.

Nella tecnica “hole drill” l’asportazione del materiale avviene eseguendo un piccolo foro calibrato (figura 1) e misurando il conseguente rilassamento del materiale all’esterno del foro.

Nelle modalità con cui viene comunemente eseguito, questo è un metodo da considerarsi “indiretto” in quanto le piccole dimensioni del foro non permettono il completo rilassamento del materiale adiacente, per cui la ricostruzione dello stato tensionale pre-esistente a partire dalla deformazione rilevata non può essere ottenuta direttamente ma deve passare attraverso un calcolo analitico, complesso ma fortunatamente codificato nella normativa ASTM E-837/20 già precedentemente indicata.

Partendo dalla considerazione intuitiva che la deformazione rilasciata aumenta all’aumentare del diametro del foro praticato e diminuisce all’aumentare della distanza dal foro stesso, ne consegue che la procedura analitica dovrà prendere in considerazione il diametro del foro, la sua profondità, la distanza dell’estensimetro dal punto di foratura, le dimensioni dell’estensimetro stesso.

E, come se non bastasse, un’ulteriore complicazione è costituita da una eventuale non uniformità dello stato tensionale in funzione della profondità: essendo la misurazione basata su un rilassamento solo parziale degli stati tensionali interni, ed essendo l’effetto in superficie di tali stati tensionali via via decrescente in funzione della profondità, per una corretta applicazione degli algoritmi di calcolo elaborati nella normativa non può prescindere da informazioni sulla uniformità o meno degli stati tensionali interni.

Ecco perché la corretta applicazione della tecnica “hole drill” impone che il foro non venga eseguito “a caso” ma seguendo una procedura ben definita, con controllo non solo del diametro del foro stesso ma anche con un aumento progressivo della profondità di asportazione e altrettanto progressiva acquisizione della deformazione rilasciata, così da costituire un vero e proprio “profilo” della deformazione rilasciata in funzione della profondità di asportazione, cosi come rappresentato in figura 3, da cui è poi possibile ricavare un analogo profilo per la distribuzione delle tensioni residue in funzione della profondità come riportato in figura 4.

Ovviamente quanto maggiore è il numero di step in cui viene suddivisa la profondità di asportazione tanto maggiore sarà la precisione con cui si ricostruisce l’andamento del profilo delle tensioni residue in funzione della profondità: indicativamente per il caso tipico di una asportazione del diametro di 1.8 mm e profondità 2mm gli step di foratura possono andare da un minimo di 8, quando ci si aspetti uno stato tensionale relativamente uniforme, fino a 40 step (quindi con un avanzamento della profondità di asportazione pari a 0,05mm!)

Una tale esecuzione presuppone ovviamente strumentazioni estremamente precise e assolutamente dedicate: a titolo indicativo in figura 6 è rappresentata quella che a tutt’oggi risulta essere la tipologia di attrezzatura maggiormente utilizzata, estrema evoluzione di quanto messo a punto negli anni Sessanta dal professore Gary Schajer, “padre” dell’applicazione industriale del metodo Hole Drill.

L’attrezzatura consiste praticamente in una struttura regolabile destinata a ricevere una mini fresa ad aria compressa analoga – per non dire identica – a quelle utilizzate dai dentisti, il cui avanzamento è regolato micrometricamente mediante il nonio evidenziato in figura.

Come si può intuire, alla fine questa tecnica di misurazione è caratterizzata da una procedura in cui la manualità e la preparazione dell’operatore sono fondamentali, a partire dalla applicazione della rosetta fino alla scelta del modello di calcolo più appropriato per la ricostruzione dello stato tensionale a partire dal profilo delle tensioni residue rilasciate, passando attraverso la scelta del numero e della ampiezza degli step di asportazione.

Ma nonostante questa apparente limitazione, in realtà la tecnica hole drill rimane quella più comunemente utilizzata, grazie anche al fatto di essere in pratica l’unica tecnica di misurazione formalizzata in una normativa internazionalmente riconosciuta come lo ASTM Standard test method E 837-20, un documento che mette a disposizione di tutti i tecnici gli strumenti di calcolo per un’utilizzazione diretta dei risultati, senza passare attraverso quelle tarature personalizzate che la maggior parte degli altri metodi richiedono: un’esaustiva trattazione analitica completa di indicazioni operative e formule di “data reduction” sono ad esempio disponibili anche nella Tech Note della Vishay “TN 503 – Measurement of residual stress by the hole drilling train gauge method” , liberamente scaricabile da web.

Figura 5 – Esempio di rosetta estensimetrica per la misurazione delle tensioni residue: le tre griglie sono disposte radialmente rispetto a un punto centrale ben evidenziato, corrispondente alla zona in cui dovrà essere asportato il materiale

Questo anche perché la possibilità far spaziare la profondità di asportazione del materiale (e quindi anche di investigazione dello stato tensionale ) da 4 mm fino a soli 0,5mm, la possibilità di limitare la superficie della zona analizzata ad una circonferenza di 0,8mm oppure di salire fino a 3.2mm rimanendo sempre entro i limiti di applicazione del suddetto standard rende possibile procedere alla caratterizzazione di stati tensionali caratterizzati da forti gradienti in senso spaziale, come avviene ad esempio nella ZTA di una saldatura.

In definitiva, volendo condensare in poche righe i pro e contro della tecnica hole drill possiamo dire che i vantaggi possono essere sintetizzati come di seguito:

  • praticamente non distruttivo, viste le minime dimensioni del foro;
  • strumentazione estremamente portatile;
  • possibilità di determinare il profilo degli stati tensionali in funzione della profondità del materiale;
  • possibilità di effettuare misure puntuali;
  • ampia bibliografia disponibile;
  • ampia disponibilità di materiali dedicati.

Mentre i limiti sono:

  • quantificazione delle tensioni residue che avviene per via indiretta;
  • misurazione di tipo puntuale;
  • estrema sensibilità ad errori di posizionamento relativo del foro rispetto agli estensimetri.

Conclusioni

Preso atto di come le tensioni residue siano un inevitabile e indesiderato effetto dei processi di saldatura, l’impossibilità di una loro previsione mediante modelli analitici rende fondamentale il problema della loro misurazione.

Relativamente ai metodi utilizzabili in ambito industriale per eseguire tali misurazioni “sul campo” e in modo (relativamente) non distruttivo, quelli basati sulla misurazione estensimetrica del rilassamento indotto nella zona di saldatura da una asportazione controllata di materiale sono quelli maggiormente affermati, e tra di essi la cosiddetta tecnica “hole drill”, cosi come formalizzata nello normativa ASTM E-837/20 “Standard Test Method for Determining Residual Stresses by the Hole-Drilling Strain-Gage Method” è indubbiamente quella maggiormente utilizzata e riconosciuta.

Figura 6 – Esempio di attrezzatura portatile per l’esecuzione di misurazioni secondo tecnica hole drill (Micro Measurement RS 200)

Operativamente con la tecnica “hole drill” il materiale viene asportato sotto forma di un piccolo foro calibrato che causa un parziale rilassamento nella zona esternamente adiacente al foro, dalla cui deformazione è possibile ricostruire non solo lo stato tensionale residuo in superficie ma anche la distribuzione in profondità degli stati tensionali interni che di tale tensione residua superficiale sono responsabili.

Con questa tecnica è quindi possibile ottenere informazioni estremamente localizzate, anche se relativamente limitate alle zone superficiali e sub superficiali dei componenti saldati.

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