I tre passi dell’automazione

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Negli ultimi anni nel mondo manifatturiero l’automazione ha scalato gli “hot topics”, grazie anche all’incentivo fiscale di Industria 4.0, ma non solo. Allora, perché seguire la strada dell’automazione? Il comparto è pronto per l’introduzione di questa nuova tecnologia?

Recentemente, durante un TED Talk, Simon Sinek ha spiegato la differenza fra cosa, come, perché. In buona sostanza, ogni azienda sa “cosa” sta facendo: produce manufatti. Ma già il “come” è un po’ più problematica, perché, molto spesso, un processo dettagliato e documentato non c’è, ma ci si affida, per i dettagli, agli addetti. E cosa dire del “perché”? Qui la questione è complessa. In realtà dovrebbe proprio essere il “perché” a spingere verso l’implementazione dell’automazione: le officine richiedono efficienza e flessibilità, non è così?

E’ ovvio!

Parlando di Industria 4.0, il commercialista sa perché consiglia l’investimento in tecnologia, ma gli addetti d’officina o il management? L’ovvia risposta è: “Aumentare l’ora mandrino”. Esistono aziende che hanno introdotto un robot in officina: il robot è considerato automazione, giusto? Le ore mandrino sono state spostate ai tempi non presidiati, ma l’aumento totale di ore mandrino atteso non è cambiato significativamente. In compenso l’impegno richiesto per la preparazione dei lavori è aumentato: di fondo, un robot è una macchina e, di conseguenza, va programmata e questo richiede risorse.

Cosa si fa? Nel pensiero comune si associa l’automazione all’introduzione del robot nella nostra fabbrica, ergo la cerchiamo. E’ una visione molto comoda, sia per chi vende che per chi compra: un robot, come una nuova CNC, ha il suo “peso”! Lo si vede, fa presenza, ed è qualcosa di fisico, che si può toccare con mano. Peccato che inserire un robot in officina, senza cambiare il processo, non è assolutamente detto che porti ad un aumento di produttività, che è ciò che si cerca. Chi disse “Continuando a fare la stessa cosa allo stesso modo, aspettando risultati diversi è la definizione di follia”, definiva, in modo forse brutale, il problema. Per migliaia di anni l’uomo ha provato a volare senza riuscirci: non per problemi di investimento ma per problemi di visione. Infine i fratelli Wright, nel 1903, sono riusciti a volare perché hanno abbandonato gli schemi “tradizionali”, introducendo un nuovo approccio, con oltre quattro anni di studi e prove. Estremizzando, un robot non è che una sorta di carro ponte con un PLC un po’ più potente: quale azienda si aspetterebbe un aumento di produttività significativa comprando un nuovo carroponte? Sicuramente risolverebbe un problema fisico ben specifico, quello di alzare pesi, ma in merito al cambiamento significativo di produttività…

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