Ugo Ghilardi, urge un cambiamento di mentalità

Condividi

Ugo Ghilardi, amministratore delegato di DMG Mori Italia.
Ugo Ghilardi, amministratore delegato di DMG Mori Italia.

In una recente conversazione con Ugo Ghilardi, amministratore delegato di DMG Mori Italia, abbiamo voluto raccogliere qualificate impressioni sulla nostra meccanica viste da una angolazione privilegiata perché all’interno di una visione europea e internazionale.  

Quali sfide attendono la meccanica italiana?

Una buona capacità di valutazione delle sfide costituisce oggi un esercizio indispensabile e primario per le moderne economie. Quindi, per prima cosa, mi chiedo se in Italia abbiamo veramente la consapevolezza della portata di queste sfide. Cito anzitutto il clima di sfiducia e la perdita di competitività strutturale sistematica del nostro paese. La capacità di superarli, legata alla capacità di comprendere veramente la forbice che si sta creando tra il Sistema Paese e le aspettative degli imprenditori della meccanica, è una sfida. Così come la consapevolezza che è necessario rimettere in moto la nostra tradizionale voglia di metterci in gioco e di fare impresa e che questa passa attraverso la convinzione che ogni imprenditore è un dono importante che il nostro Sistema Paese deve coltivare e tutelare“.

Qual è lo stato d’animo degli imprenditori della meccanica?

E’ evidente che l’ultimo passaggio di crisi abbia fiaccato le motivazioni imprenditoriali e l’intero paese, ma l’indispensabile certezza della continuità dell’azione imprenditoriale passa attraverso due condizioni: credere in quello che si sta facendo e credere nel paese in cui lo si sta facendo. Tante generazioni che hanno dato lustro al nostro paese si trovano oggi nella condizione di chiedersi cosa fare della propria azienda, cosa dire ai figli se vale la pena continuare a rischiare. Il rischio è altissimo“.

Immaginiamo di credere fortemente in un progressivo restringimento della forbice “aspettative–Stato”: quale modello di business crede possibile adottare nella meccanica?

Il modello è un mix tra la forza creatrice innovativa e la dimensione moltiplicativa. Un mix, cioè, in cui, alla capacità di trovare spazi in cui generare valori, soluzioni, sistemi, si associ la capacità di avere numeri, territori, mercati. Ma sottolineo ancora che un’assunzione consapevole del rischio imprenditoriale e la conseguente applicazione di un modello di sviluppo necessitano di una ragionevole certezza di continuità dell’azione imprenditoriale stessa“.

Il made in Italy è sempre apprezzato all’estero?

Al tema credo che oggi si debba dare una interpretazione diversa dal tradizionale. Quindi, nel mio modello di business, il ‘made in Italy’ piuttosto che legato a singoli prodotti, preferirei che fosse legato alla certificazione, alla ‘vendita’ della nostra forza imprenditoriale, che è stata ed è costituita dalle nostre persone. E’ semplicemente eroico che una azienda italiana terzista con 15 macchine utensili e 8 persone riesca a reggere all’interno di una ‘liquidità’ economica impetuosa nella quale, qualora accada qualcosa dall’altro capo del mondo, il giorno dopo, per questioni di fuso orario, la questione rimbalza sulla scrivania dell’imprenditore, che probabilmente, nel giro di poco, dovrà prendere nuove decisioni“.

Italia e Germania: sempre partners?

La partnership della meccanica Italia–Germania è un fatto tradizionalmente consolidato. Ma il tema è importante e necessita di una premessa: la consapevolezza che il gap di perdita di competitività del nostro paese rispetto ad altri paesi è un dato di fatto che ci accompagnerà per i prossimi anni“.

La perdita di competitività non è una situazione soltanto italiana!

Certo, ma i tedeschi sanno benissimo che oggi gli italiani per essere competitivi devono essere più bravi del passato perché devono ovviare a un Sistema che ci penalizza dal punto di vista burocratico, fiscale, infrastrutturale“.

Quindi?

I tedeschi hanno una considerazione per l’imprenditoria meccanica italiana anche più alta della nostra. L’Italia dalla Germania e dal Giappone è guardata con molto rispetto. Per avvicinarci ancora di più all’economia tedesca dobbiamo però colmare un altro gap, quello manageriale, che non riguarda le singole persone, ma è un fatto di sistema. Quando le complessità economiche aumentano, certamente da ora per il futuro, è necessario cercare un compromesso tra la proverbiale creatività italiana e una maggiore sistematicità dell’azione manageriale. L’applicazione di soluzioni soltanto creative all’interno dell’azione imprenditoriale oggi può portare rischi imprevedibili. La soluzione per fortificare il sistema imprenditoriale, anche nei riguardi dei rapporti con gli operatori tedeschi, è quella di essere managerialmente più sistematici, più in grado di condurre l’azienda o il gruppo di aziende verso sistemi consolidati che danno la possibilità di essere più stabili. Sono convinto che la cooperazione con altre realtà in Italia e all’estero possa essere una delle chiavi per una maggiore stabilizzazione aziendale“.

Può essere più preciso?

I tedeschi ci chiedono fondamentalmente di essere più capaci di lavorare insieme a loro e internazionalmente e di essere meno votati all’attesa della soluzione imprevista. Per loro, la creatività va esercitata ma non nei contesti di cooperazione, piuttosto applicata all’innovazione che però deve essere pianificata. Sono convinto che una crescita di credibilità in queste direzioni troverebbe nelle imprese tedesche un ulteriore rilancio verso le relazioni commerciali tra i due paesi. Noi possiamo contribuire alla sistematizzazione dei sistemi manageriali italiani, illustrando che le cooperazioni sono concretamente possibili e che portano frutti tecnici ed economici. Stiamo cercando di fare circolare questo nostro approccio a partire dai nostri utilizzatori. Un approccio di sistema, non commerciale, che ognuno deve comunque declinare in modo personalizzato“.

Immagino che queste sue considerazioni nascano dall’esperienza del gruppo DMG Mori…  

Certo, se prescindiamo dalle ‘fertilizzazioni’ tecnologiche, siamo tutti cresciuti imparando dai diversi sistemi manageriali. Un sistema nel quale è possibile esprimere opinioni anche discordanti ma sempre aperto, trasparente, basato su rapporti di fiducia, senza retro pensieri. Nel nostro sistema, la condivisione delle scelte è fondamentale e viene sempre ottenuta“.

La struttura dimensionale e quindi anche la forza contrattuale delle nostre imprese è però ben diversa!

D’accordo, ma purtroppo devo sottolineare che il fatto dimensionale è ulteriormente penalizzato da una generalizzata mentalità o credenza nazionale, quella di ritenere di essere sempre dalla parte della ragione. Siamo certamente bravi, ma non i più bravi. Dobbiamo fare un bagno di umiltà, confrontarci e poi essere anche capaci di condividere e attuare quanto viene detto e proposto da altri, una volta validato. In questa ottica è probabile che si evidenzi che ci siamo creati da soli – molto meritorio – ma anche che siamo cresciuti attraverso una serie di storture. Chi ci chiede di lavorare insieme ci chiede di riparare insieme queste storture e di lavorare per un obiettivo comune, anche di fronte a inevitabili divergenze“.

Ora, tecnologia. Quali ritiene che siano le tecnologie “chiave” del grupp?

Non è una battuta, ma sono anzitutto le nostre persone nel mondo che lavorano insieme, elaborano disciplinari di sviluppo e si confrontano su tutto. In questo contesto assicuro che gli italiani giocano un ruolo di assoluto livello. Più propriamente, le tecnologie chiave si declinano in vari aspetti: la combinazione di più tecnologie sulla stessa macchina – tornitura, fresatura, laser, ultrasuoni, rapid manufacturing – rappresenta sempre più il futuro. Poi le molte tecnologie applicative, come la lavorazione di ruote dentate, l’esecuzione di angoli negativi su pezzi speciali, il rivestimento dei pezzi in macchina. Senza dimenticare una revisione ulteriore del design che per la prima volta vede i due marchi storici DMG e Mori sotto un unico design. Oggi tutte le macchine prodotte nei nostri stabilimenti nel mondo hanno lo stesso design“.

L’interfaccia CN Celos sta producendo i risultati attesi?

Certamente. Lo sviluppo comune di Celos permette sempre più integrazione delle macchine nei sistemi aziendali e quindi negli MRP di gestione, nella gestione commessa e cicli. Altrettanto importante la possibilità di remotare il controllo macchina, di collegarlo direttamente ai centri servizi nel mondo, fare upgrade di software a distanza. Tramite icone è poi possibile scaricare app su smartphne e controllare le macchine, i cicli, la commessa“.

ll settore automotive sta vivendo una prefase di cambiamento. Quale portata avrà sulle tecnologie di lavorazione?

Sì, il cambiamento sarà epocale nei prossimi 15-20 anni ed è evidente che sarà necessario cambiare approccio verso la tipologia di pezzi per i veicoli elettrici o ibridi. Gli avanzamenti tecnologici richiesti per la lavorazione dei nuovi pezzi meccanici avranno inoltre la necessità di integrazione e ripetibilità in ogni parte del mondo“.

Quale approccio state adottando verso la vostra Fabbrica digitale?

I nostri stabilimenti e i centri di assistenza devono diventare tutti punti della nostra Fabbrica digitale e quindi stiamo lavorando molto sulla loro digitalizzazione. Oggi, se si vuole conoscere lo stato di avanzamento di una macchina prodotta a Iga, Giappone, è sufficiente digitare il numero della commessa per vedere a che punto è, con relative foto. La condivisione in tempo reale delle informazioni sullo sviluppo di un nuovo prodotto tra i vari progettisti e anche i tecnici del service nel mondo avviene oggi in tempo reale e permette di bruciare le tappe sulle scelte. Quest’anno presentiamo 11 anteprime mondiali. Di questi 4 nascono già da questa modernissima tipologia di lavoro. Ma la Fabbrica digitale non è tale senza una grande presenza territoriale. In Italia stiamo moltiplicando le nostre sedi – oggi sono 6 – e questo ci consente di sostenere il nostro approccio di Fabbrica digitale fatta di persone, relazioni e contesti che vanno digitalizzati. In altre parole, vogliamo essere territorialmente molto concentrati per seguire meglio le specificità locali e nel contempo digitalmente molto ampi per favorire lo scambio di informazioni e di formazione. Tutto questo ci sta proiettando rapidamente verso la fabbrica del futuro“.

di Michele Rossi

Una risposta

  1. Ottimo articolo, mi fa’ piacere intervenire perché vedo zero commenti su una serie di domande e risposte di alto valore

    specialmente la prima parte che il signor Ghilardi spiega molto bene sul sistema italia e penso che ipersemplificando vuole dire basta al motto italiano
    ” eh ma come lo facciamo noi in Italia nessuno lo fa’ ”

    si tratta infatti di una maleducazione tutta italiana o stortura come vogliamo chiamarla, che mina il processo di evoluzione aziendale e lo blocca

    Tra tutte le multinazionali che oggi gravitano sul comparto macchine utensili DMG/Mori e’ forse uno dei pochi esempi vivi da seguire, che hanno il connubio di cooperazione + innovazione + persone al contrario di altri che acquisiscono e smembrano

    Cambiare la mentalità e le abitudini e la cosa più difficile, si tratta di disimparare e imparare ( non solo a fare pezzi ) a fare una nuova impresa inclusa la parte commerciale che aime’ ( come sempre ) riscontra un gran turn over di persone macinate sempre dall’incapacità di fare un’impresa come si deve…

I commenti sono chiusi.

Articoli correlati