OEE e la gestione del lubrorefrigerante

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Qualsiasi fenomeno reale induce delle perdite, se paragonato alla condizione ideale. Il nocciolo della questione è riuscire a far tendere il reale all’ideale, quindi contenendo quanto più possibile le perdite. Con l’avvento della tecnologia Lean, ha iniziato a farsi strada un importante indicatore, l’OEE, acronimo di Overall Equipment Effectiveness, cioè perdite relative alle apparecchiature. Come spesso succede con gli acronimi coniati dal mondo anglosassone, anche l’OEE racchiude una filosofia di analisi dei processi tutt’altro che semplice ed immediata, dato che analizza in modo approfondito tutte le perdite di produzione correlate alle attrezzature e alle periferiche della macchina utensile.

 

L’ideale e il reale

Analizzando la condizione ideale, ambita da tutti, la macchina utensile dovrebbe lavorare in maniera continua, alla velocità preventivata, in regime di massima efficienza e senza produzione di scarti. La realtà è ben diversa, in particolare a causa dei molteplici fattori di influenza che possono determinare delle criticità che vanno a erodere una parte consistente della produttività teorica prevista.

Gli sviluppi tecnologici hanno portato ad una vera e propria rivoluzione dell’utensileria, sia in termini di tipologia che di parametri di lavoro, accompagnata da una evoluzione delle macchine utensili per garantire una risposta sinergica alle nuove performance offerte dagli utensili. Chi garantisce l’efficienza è però l’intero sistema produttivo che è chiamato ad avvicinarsi quanto più possibile alle condizioni di lavoro ideali con tutti gli elementi che lo compongono.

L’incidenza della gestione del lubrorefrigerante sull’OEE, con la generazione di scostamenti, più o meno importanti fra ideale e reale, è legata a:
• la gestione dei trucioli prodotti durante la lavorazione,
• la quantità e la distribuzione del lubrorefrigerante all’interno della macchina utensile,
• le pressioni e le portate idonee agli utensili utilizzati.

Se il dimensionamento del convogliatore è corretto…

La questione trucioli…

Considerando la gestione dei trucioli prodotti durante la lavorazione, è evidente come macchine in grado di produrre elevati volumi di truciolo nell’unità di tempo, provochino, in caduta, una serie di problematiche che non vanno sottovalutate, fra cui: trucioli accumulati sui carter telescopici della macchina, con conseguente usura e inceppamento degli stessi; depositi di truciolo sulle zone di cambio pallet o cambio attrezzatura, con conseguente errato posizionamento dell’attrezzatura o del pezzo; intasamento di trucioli in zona lavoro, con conseguente rigatura o danneggiamento della superficie lavorata… si potrebbe scrivere un trattato al riguardo.

Un efficace riscontro potrebbe nascere dall’aumento della portata dei fluidi da taglio e dei lavaggi, in modo da migliorare la situazione, ma allora entra in gioco un’ulteriore variabile: il corretto dimensionamento del lubrorefrigerante. Infatti un sovradimensionamento genera una portata elevata da gestire.

Allestimento adatto all’alta produttività.

… quella sulla quantità del lubrorefrigerante

Se l’aumento della portata e dei lavaggi è assolutamente indispensabile per migliorare l’efficienza nella zona di lavoro, ha però una ricaduta a valle, specie nell’area di raccolta ed estrazione del truciolo. Un esempio può aiutare a chiarire il concetto: l’immagine da richiamare è quella della piena di un fiume che si riversa in un canale stretto e poco accessibile, con portata inadeguata. Che cosa accade? Si ha una immediata tracimazione, che trascina con se fango e detriti. Nel caso della macchina utensile e del lubrorefrigerante si tratta di trucioli e particelle inquinanti, che si riversano in vasca, andando a inquinarne il contenuto, e riducendo gradualmente la presenza in volume del fluido, oltre al ben più grave fenomeno di intasamento dei tubi e degli ugelli di uscita del refrigerante e delle pompe preposte.

Per mantenere una situazione equilibrata e di massima efficienza riveste un ruolo strategico il trasportatore di truciolo, che deve essere opportunamente predisposto e dimensionato in modo da poter gestire i nuovi volumi di truciolo e di fluido da taglio, necessari per tendere all’efficienza teorica offerta sia dalla macchina che dagli utensili.

Al fine di ottenere una buona evacuazione del truciolo ed una pulizia adeguata delle attrezzature, oltre ai lavaggi ed ai vari getti, giocano un ruolo fondamentale le due lubrorefrigerazioni principali, ovvero quella esterna all’utensile e quella interna. Ancora una volta vale la pena di rifarsi ad una immagine nota all’ambiente di produzione: un piccolo rivolo di fluido che scorre verso l’esterno dell’utensile. Questo fluido non dà alcun contributo alle necessità degli utensili di ultima generazione che, girando a velocità elevate, provocano l’instaurarsi di forze centrifughe tali da allontanare il getto dalla zona di taglio, lasciando che il truciolo si accumuli vicino al tagliente, col rischio più che concreto che venga risucchiato nel taglio, rovinando la superficie lavorata. Naturalmente è noto a tutti gli operatori del settore come sia proprio la zona di taglio ad avere più di ogni altra l’esigenza di refrigerazione e lubrificazione adeguate: questo implica la necessità di avere un corretto dimensionamento della portata e della pressione, in relazione alla macchina e alla quantità di getti presenti sull’esterno mandrino. Chiaramente se l’obiettivo è mantenere l’efficienza programmata.

Guardando invece alla lubrorefrigerazione interna, sia che si tratti di fresatura che di tornitura, la criticità è rappresentata dal riuscire a raggiungere la zona di taglio effettiva ovvero il punto esatto in cui il materiale viene asportato. Occorre quindi riuscire a raggiungere un bilanciamento energetico fra il calore prodotto dallo strappamento del materiale e la potenza, e velocità, del getto di fluido, che deve raggiungere la zona di taglio. Si tratta pertanto di bilanciare pressioni e portate, per sfruttare veramente le potenzialità dell’utensile moderno.

Lubrorefrigerante: il fiume in piena e la sua tracimazione.

… ottimizzando pressioni e portate

Apparentemente per ottimizzare pressioni e portate potrebbe bastare una pompa ad alta pressione. Naturalmente la soluzione è un po’ troppo semplicistica, in virtù di alcune considerazioni, fra cui:
• la grande variabilità di tipologia di utensili utilizzati, con fori di adduzione del fluido compresi fra pochi decimi e diversi millimetri,
• la necessità di utilizzare pressioni diverse in funzione del tipo di utensile, in modo da massimizzarne la prestazione.

Queste semplici considerazioni danno una indicazione ben precisa sulle scelte che devono essere fatte, cioè orientarsi verso una gestione della portata e della pressione che siano realmente adeguate alle esigenze dell’utensile: se la scelta della pressione rimane a carico del programmatore della macchina, la valutazione della portata deve essere un automatismo che garantisca il corretto afflusso di fluido sulla zona di taglio.

A corredo delle considerazioni riguardanti l’utilizzo dell’alta pressione, non va dimenticato l’aspetto squisitamente energetico, cioè la capacità di impiegare esattamente l’energia necessaria in quel momento a quell’utensile, evitando il più possibile valvole di scarico e pompe sovradimensionate che provocherebbero solo uno spreco economico, oltre che un eccessivo riscaldamento del lubrorefrigerante, senza portare alcun reale beneficio alla lavorazione.

Da ultimo, vale la pena ricordare e sottolineare una fondamentale condizione per l’utilizzo dell’alta pressione nelle lavorazioni: evitare di portare nella zona di taglio particelle abrasive derivate dalle precedenti lavorazioni, con dimensioni comprese fra 8 e 20 µm e durezze anche superiori ai 60 -70 Rockwell C, che rimangono in circolazione nel fluido. Occorre quindi filtrare in maniera adeguata e costante, se non si vuole rischiare di danneggiare le pompe e gli utensili, compromettendo la lavorazione.

Quando si considera l’OEE, appare evidente il coinvolgimento del lubrorefrigerante e della gestione del truciolo, appoggiandosi a sistemi che rappresentano un device fondamentale della macchina utensile, svolgendo un ruolo importantissimo nello sforzo di raggiungere gli obiettivi di produttività desiderati.

di Daniela Tommasi

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Una risposta

  1. Bellissimo articolo e tutto molto interessante oltre che veritiero, anche gli articoli correlati.
    Da oltre trentanni mi prodigo in progettazione di impianti di filtrazione e refrigerazione industriale, oltre che nella micro filtrazione e la lubrorefrigerazione ad alta pressione (da 20 bar – fino 800 bar)
    In questi ultimi due anni, l’impegno e la determinazione mi hanno stimolato a documentarmi con sempre maggiore interesse, con lo scopo di perseguire un miglioramento costante nella progettazione.
    Questi impianti sono la garanzia per lavorare in ambienti più salubri.
    Sono idonei ad aumentare la durata del lubrorefrigerante con la rigenerazione continua, anche e soprattutto in stabilimenti dove si lavora 24 ore/giorno.
    Oltre che ottenere i vantaggi sopra citati, questi sistemi contribuiscono ad ottimizzare le lavorazioni con l’invio di lubrorefrigerante costantemente filtrato, rigenerato e refrigerato.
    Alberto Braghieri

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