Il nuovo regolamento europeo sulle macchine visto da vicino

Luca Cimmino

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Anche se sostituirà completamente la Direttiva 2006/42/CE solo nel 2027, esso prevede alcune tappe intermedie, con alcune disposizioni che entrano – o sono entrate – in vigore già quest’anno. Vediamone più nel dettaglio le specifiche.

La Commissione Europea ha approvato il Regolamento 2023-1230 che sostituisce, dopo 17 anni, la Direttiva 2006/42/CE, la cosiddetta “Direttiva Macchine”.

Molti lettori avranno ricevuto e-mail e newsletter dalle società di consulenza che invitavano a prepararsi alla nuova disposizione che è entrata in vigore il 19/7/2023.

In realtà è previsto un lungo periodo transitorio e la vecchia direttiva sarà abrogata completamente solo il 20/1/2027. Tuttavia, alcune parti del regolamento entreranno in vigore nei prossimi mesi e altre sono già attive, come verrà illustrato più avanti.

C’è comunque tutto il tempo per adeguarsi alle novità.

La Commissione ha optato per un nuovo disposto anziché una modifica dell’attuale per tutta una serie di motivi, elencati tra le considerazioni del preambolo.

Tra questi, particolare importanza ha rivestito l’esperienza acquisita nell’applicazione della direttiva 2006/42/CE, che ha evidenziato la necessità di rimediare a carenze e incongruenze nella copertura dei prodotti e nelle procedure di valutazione della conformità[1].

È stato ritenuto necessario considerare anche la tutela di animali e ambiente[2].

Inoltre, è stata posta maggiore attenzione alla differenza tra utilizzatore professionale o non professionale, ovvero il “consumatore” affinché il fabbricante tenga conto che quest’ultimo potrebbe non avere le medesime conoscenze ed esperienze del primo.

Sono stati infine presi in considerazioni gli sviluppi più avanzati delle tecnologie robotiche che prefigurano una sempre maggiore interazione tra operatori e macchine[3].

È interessante la scelta del Regolamento al posto della Direttiva[4]. Il Regolamento stabilisce tempi certi per il periodo transitorio e per la piena entrata in vigore e quindi evita l’attesa di recepimento da parte di tutti gli Stati Membri dell’Unione (salvo per la parte relativa alle sanzioni, come verrà spiegato nel seguito).

Quando entrò in vigore in Italia la prima Direttiva Europea, rilasciata nel 1989, correva già l’anno 1996. In pratica, tra la fine del periodo transitorio di coesistenza con la vecchia legislazione nazionale e il recepimento della Direttiva, in Italia si creò un vuoto legislativo di circa 22 mesi, un ritardo ingiustificabile per il secondo produttore continentale di macchinari. Durante quel periodo i nostri prodotti non erano teoricamente commercializzabili nel resto del mercato comune.

Si trattò di una grave mancanza del Governo e del Parlamento del tempo che metteva ingiustificatamente a rischio le nostre imprese perché la legislazione italiana precedentemente in vigore (DPR 547/55) era comunque ben concepita e i nostri prodotti, nella maggior parte dei casi, già conformi

Il cambiamento richiesto a livello produttivo non era di qualità del risultato quanto di metodo, il cosiddetto “Nuovo Approccio“.

Ripasso breve sul “nuovo approccio”

Chiamare oggi “nuovo” un approccio legislativo introdotto nel 1985 suona un po’ strano. Però è bene ricordare quello che, sì, fu un vero cambiamento.

Il DPR 547/55 era una disposizione di concezione “dirigista” che dava indicazioni molto vincolanti per raggiungere certi obiettivi: bastava seguire il disposto legislativo e il più era fatto. Il problema era che questa rigidità metteva in difficoltà chi voleva immettere sul mercato prodotti con tecnologie innovative.

Ad esempio, l’articolo 115 del DPR descriveva le caratteristiche di sicurezza relative alle presse meccaniche. In mezza pagina si descriveva come dovessero essere costruite tali macchine e, trattandosi una legge, non erano ipotizzabili soluzioni alternative non espressamente previste. Per esempio, un PLC di sicurezza non era considerato e pertanto non impiegabile in alcun modo.

Nelle Direttive di Nuovo Approccio, fondate sull’articolo 95 del trattato CE e la Risoluzione del Consiglio Europeo del 7/5/1985, il legislatore invece stabilisce quali sono gli obiettivi da ottenere, i famosi Requisiti Essenziali di Sicurezza.

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L’onere della conformità a essi ricade totalmente sul fabbricante che ne diventa il solo responsabile. Per semplificare il soddisfacimento dei RES il fabbricante può avvalersi di Norme Tecniche “Armonizzate” approvate dagli Enti europei CEL, CENELEC ed ETSI, su mandato della Commissione Europea. Un inconveniente di una certa rilevanza è che tali norme sono a pagamento e in continua evoluzione e pertanto la manutenzione di una dotazione aggiornata comporta un esborso continuo.

Le norme armonizzate, però, non sono obbligatorie. Chi le impiega, beneficia della “presunzione di conformità“, ovvero non si può impedire l’immissione nel mercato di un prodotto realizzato applicando norme armonizzate “fino a prova contraria”. Chi non vuole adottarle, deve comunque essere in grado di dimostrare che il proprio prodotto soddisfa gli essenziali di sicurezza attraverso metodi propri: calcoli, prove o la certificazione di Organismi Notificati accreditati presso l’Unione. In tal modo si intende tutelare sia l’innovazione che la sicurezza dei consumatori e utilizzatori.

Dalle Direttive al Regolamento

Il ritardo di recepimento in Italia della prima Direttiva ne portò l’adozione a ridosso della sua prima modifica nel 1998. Questa era più che altro una riformulazione della Direttiva in vigore che recepiva modifiche e integrazioni senza aggiungere novità sostanziali e quindi non richiese un nuovo recepimento.

Andò un po’ meglio con la terza emissione del 2006, quella attualmente valida, che entrò in vigore il 27 dicembre 2009 ma fu recepita in Italia un mese dopo.

A trentotto anni dalla Risoluzione e a ventisei dall’entrata, con il Regolamento abbiamo finalmente tempi certi e più che sufficienti per prepararsi con calma.

Lo stato attuale di attuazione del “nuovo approccio”

Posto che l’obiettivo della sicurezza dei consumatori non è mai stato messo in discussione nella legislazione di tutti i paesi membri anche prima dell’introduzione della prima Direttiva Macchine, che pertanto la stragrande maggioranza dei prodotti immessi in commercio in Europa è effettivamente sicura e che tutti i prodotti mostrano in bella vista il loro marchio CE, a che punto è l’adozione della filosofia del “nuovo approccio” da parte dei fabbricanti di macchinari industriali?

Il quadro è, in tutto il continente, sconfortante.

Non esistono statistiche ufficiali. Tuttavia, non è azzardato supporre che non più del 30% delle macchine immesse sul mercato è stato realizzato con un Fascicolo Tecnico vero e proprio.

In sostanza, pur avendo presenti le direttive applicabili e i relativi requisiti, meno della metà dei fabbricanti sono in grado di produrre un fascicolo rispondente ai requisiti della direttiva (o del regolamento) in vigore a seguito di una richiesta motivata delle Autorità Competenti.

Questo è un peccato, perché realizzare e raccogliere la documentazione che costituisce un Fascicolo Tecnico mentre si concepisce, disegna e realizza il prodotto è un costo minimo, se non nullo.

I costi arrivano quando un Consulente Tecnico nominato da un Giudice ne impone la realizzazione, eleva una sanzione e magari blocca l’immissione sul mercato del prodotto relativo.

Campo di applicazione del nuovo Regolamento

Il nuovo regolamento amplia il campo di applicazione ai prodotti in due direzioni includendo:

  • le macchine che hanno subìto “modifiche rilevanti“;
  • i componenti digitali delle macchine, tra cui i software.

È interessante segnalare che i blocchi logici che si combinano per realizzare funzioni di sicurezza all’interno dei relativi sistemi di sviluppo dovranno essere realizzati con apposite procedure di validazione. Ciò non interessa direttamente i fabbricanti ma è l’indicazione di quale centralità abbia ormai il software nella sicurezza dei macchinari.

Inoltre, il Regolamento introduce due nuove figure: l’importatore e il distributore, che hanno specifiche responsabilità per la conformità dei prodotti.

Infine, il documento stabilisce maggiori requisiti sulle informazioni e la documentazione relative al prodotto che devono essere facilmente comprensibili sia per gli utenti che per le autorità di supervisione del mercato.

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Si tratta quindi di interventi che non stravolgono l’impostazione di base delle Direttive precedenti ma proseguono nel lavoro di affinamento con ampliamenti e precisazioni laddove si sono concentrate le maggiori controversie.

Un altro giro di vite sulle quasi-macchine

Le quasi-macchine sono state per anni oggetto di discussione e contenziosi perché alcuni fabbricanti ritengono che dichiarare il proprio prodotto come quasi-macchina ne riduca il carico documentale e le responsabilità.

Ciò non è vero per tre motivi.

Innanzi tutto, già nella dichiarazione di incorporazione attualmente in vigore, occorre dichiarare i requisiti essenziali di sicurezza soddisfatti dal proprio prodotto e non solo quelli non soddisfatti (i “rischi residui“) e ciò comporta comunque una valutazione dei rischi.

Inoltre, una dichiarazione di incorporazione per quasi-macchina non permette di stabilire bene i limiti di impiego perché non è definita la sua applicazione specifica mentre nel caso di macchina ciò è molto più semplice e la definizione di questi limiti può costituire una importante tutela per il fabbricante.

Infine, il fabbricante è sempre e comunque responsabile del suo prodotto nella sua interezza, sia nel caso di macchina che di quasi-macchina. In caso di indagine, il Pubblico Ministero e il suo Consulente Tecnico non si limiteranno a “leggere le carte” ma andranno nel dettaglio per individuare chi ha preso le decisioni progettuali o produttive sul prodotto in esame.

Alle quasi-macchine il nuovo Regolamento dedica molto spazio e, in particolare tutti gli articoli 11, 14, 16 e 22.

Come procedere in vista dell’entrata in vigore del Regolamento

Anche se il Regolamento 2023/1230 sostituirà completamente la Direttiva 2006/42/CE solo nel 2027, sono previste alcune tappe intermedie.

Sono già in vigore dal 13 luglio di quest’anno e applicabili gli articoli 6 paragrafo 7, gli artt. 48 e 52 relativi alle macchine pericolose (ex Allegato IV, che ora diventa l’Allegato I).

Entro il 20 ottobre 2023 entra in vigore l’articolo 50 paragrafo 1 in base al quale gli Stati membri devono prevedere le sanzioni che la Commissione Europea non può erogare perché non ha sovranità per farlo.

Dal 20 gennaio 2024 entra in vigore tutto il Capo V relativo agli Organismi Notificati.

Dal 20 luglio 2024 entrano in vigore l’articolo 6 paragrafo 2, gli articoli 11, 47 e 53 paragrafo 3.

Conviene pertanto cominciare a documentarsi e, soprattutto per tutti quelli che non hanno ancora messo a regime la progettazione secondo il “nuovo approccio”, cogliere l’occasione per realizzare la documentazione prevista.

I fabbricanti che hanno già realizzato dei fascicoli tecnici, infatti, non avranno difficoltà a adeguarli alle novità del Regolamento.

L’Allegato XII presenta una tavola di concordanza tra la Direttiva 2006/42/CE e il Regolamento 2023/1230.

I Requisiti Essenziali di Sicurezza che erano nell’Allegato I ora sono nell’Allegato III con una numerazione pressoché identica.

La Commissione Europea ha già annunciato una Guida come fatto in precedenza con le Direttive ma la data di pubblicazione non è nota.

La sua divulgazione sarà probabilmente il momento buono per entrare nel vivo della transizione.

Nel frattempo, le norme armonizzate già esistenti rimarranno invariate salvo le evoluzioni normalmente in corso.

Si aggiungeranno nuove norme per rispondere ai nuovi requisiti.

Probabilmente continuerà la tendenza a normare a livello sovraeuropeo (ISO) piuttosto che continentale. La convergenza verso norme universalmente accettate semplifica la circolazione dei prodotti anche al di fuori del mercato unico.

Con il nuovo Regolamento, l’Unione Europea rimane in assoluto il motore normativo di riferimento a cui tutto il mondo guarda (vedasi per esempio il caso del GDPR). Far parte dell’Europa è un vantaggio competitivo sottovalutato, dagli europei in primis.

La produzione legislativa continentale impone senz’altro dei costi ma la qualità del prodotto risultante è universalmente riconosciuta e ripaga ampiamente l’onere di dimostrare la sicurezza dei prodotti immessi sul mercato. E se la sicurezza viene prima di tutto, non può essere altrimenti.

Bibliografia

[1] Considerazione 3

[2] Considerazioni 5 e 6

[3] Considerazione 12

[4] Considerazione 4

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