Lavorare nel piccolo

Stefano Vezzelli

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Com’è noto, la dimensione aziendale è una caratteristica che impatta fortemente sulla quotidianità lavorativa e deve essere presa in seria considerazione nelle scelte professionali. Va tuttavia sfatata la leggenda che a “piccola azienda” corrispondano automaticamente “piccole opportunità”. Scopriamo perché.

Lavorare in azienda è sempre un’esperienza che non è mai fine a se stessa. Entrare in contatto con un’organizzazione è un momento che motiva, trasforma e accresce le persone. In tante occasioni si acquisiscono competenze, si viene formati; poi, successivamente, possono sia cambiare obiettivi e aspettative da parte dell’impresa nei confronti dei propri collaboratori sia, e forse più frequentemente, il contrario.

In molti casi, specie per chi entra a far parte del mondo del lavoro, oppure per chi già vi fa parte e sta valutando di dare slancio alla propria situazione professionale, ci si trova a dover capire se sia migliore, più soddisfacente e performante fornire il proprio apporto all’interno di un’azienda piccola o una grande.

Quesito assolutamente lecito e sul quale esistono opinioni diverse. Queste ultime vengono alimentate dall’esperienza e anche dalla letteratura manageriale. Pertanto in queste righe si cercheranno di evidenziare, con maggior dettaglio e soprattutto attraverso qualche considerazione pratica, gli elementi peculiari che fanno emergere come sia possibile scegliere di lavorare con soddisfazione in una piccola impresa a scapito di una di dimensioni maggiori.

Le ragioni del piccolo

Perché ci si ritrova a lavorare in una piccola azienda? Molti pensano per comodità oppure perché non si è trovato un posto migliore. Altri ancora perché ritengono che una grande ditta cerchi solamente “i marziani”, come spesso si suol dire per le persone iperqualificate. In tanti invece considerano che il processo di selezione per una piccola impresa sia meno complesso e più alla loro portata. Sicuramente gran parte delle motivazioni sopra accennate sono da ritenersi cliché a cui se ne possono aggiungere anche molti altri.

Tuttavia, se la motivazione per cui si finisce per scegliere di lavorare “nel piccolo” gravita attorno a queste variabili, ci si chiede perché poi, nel tempo, gli individui non scelgano di migrare in realtà più grandi, complesse e organizzate quando hanno acquisito un mimino di esperienza. Anche in questo caso le considerazioni a riguardo possono essere tante e diverse l’una dall’altra per gli individui.

Stefano Vezzelli

 

 

 

 

 

 

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