L’elettrochimica nelle lavorazioni meccaniche

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L’asportazione di materiale con mezzi non meccanici sta rivestendo sempre più interesse, data la crescente complessità dei manufatti e il diffondersi di materiali alto-resistenziali.

Le chiamano lavorazioni non convenzionali, e hanno iniziato a essere studiate e sviluppate poco prima dell’inizio della seconda guerra mondiale: come spesso accade nei periodi bellici, le pressanti esigenze legate agli armamenti, hanno dato una forte spinta alla ricerca e alla successiva industrializzazione dei processi. Le lavorazioni non convenzionali si basano sull’utilizzo di principi di varia natura, da quelli elettrici a quelli chimici o termici e, se opportunamente utilizzate, possono portare interessanti vantaggi economici proprio in virtù delle tecnologie impiegate.

Fra le tecniche di lavorazione non convenzionali, di sicuro interesse industriale è l’ECM (electrochemical machining – lavorazione elettrochimica) che si basa su un principio simile a quello dell’elettrodeposizione galvanica, solo inverso in quanto sottrae materiale anziché andare a depositarlo: l’energia elettrica, combinata con opportune reazioni chimiche, permette l’asportazione selettiva del materiale.

Lavorazione elettrochimica: per chi e perché

Il terzo millennio ha visto una forte evoluzione del processo ECM, con un orientamento verso applicazioni con elevate precisione e una riproducibilità decisamente molto buona, tanto che oggi sono possibili lavorazioni 3D, con precisioni nell’ordine del 2÷4 µm.

Il principio su cui si basano le lavorazioni elettrochimiche è quello dell’asportazione elettrolitica di materiali metallici, e trova ampio utilizzo in diversi settori, ma prevalentemente nell’aerospace e nell’automotive, con interessanti applicazioni anche in campo medicale ed energetico. Un utilizzo tipico riguarda la lavorazione di cavità con forma complessa, specie nel caso di materiali ad elevata tenacità e resistenza meccanica; nel settore aerospaziale l’ECM è una tecnologia di particolare interesse per la produzione delle palette di turbine (leghe di nichel con durezza 350HB) e componenti del motore a reazione, ma anche per la realizzazione di ugelli con geometria complessa.

Sono lavorabili con l’ECM quasi tutte le leghe metalliche, dalle più comuni a quelle base nichel o titanio, come anche manufatti che abbiano subito trattamenti termici come la tempra. Questo processo è utilizzato con successo anche per la sbavatura di componenti in precedenza lavorati con metodi tradizionali

Per la natura stessa della tecnologia, sono assenti la deformazione del pezzo, sia macro che microstrutturale, a causa dell’assenza di forze di taglio, o la formazione di microfratture legate alla dilatazione termica dovuta alla generazione di calore durante l’asportazione all’utensile, e, ovviamente, mancano tutte le problematiche legate a durata e usura dell’utensile. Va comunque tenuto presente che alcuni materiali subiscono variazioni della resistenza a fatica. Possono essere raggiunti livelli di rugosità e precisione tali da garantire alla superficie lavorata un elevato standard qualitativo.

Per quanto riguarda gli impianti per le lavorazioni elettrochimiche, hanno caratteristiche molto diverse, sia in termini di dimensioni che di amperaggio (5÷40000 A), a seconda delle applicazioni.

Le lavorazioni elettrochimiche possono essere effettuate su macchine a controllo numerico, a garanzia di elevata produttività, flessibilità e controllo sulle tolleranze dimensionali, che possono anche essere molto strette.

La velocità di asportazione dipende solo dalla velocità di scambio ionico, quindi non è influenzata dalla resistenza, dalla durezza o dalla tenacità del materiale che, chiaramente, deve essere conduttore di elettricità affinché sia possibile un processo di elettrochimica.

 

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